Fassino e la gaffe sugli stipendi dei politici: sinistre nemiche del popolo e difensori degli abitatori della ZTL

Una volta di più, le sinistre fucsia neoliberali non fanno nulla per non marcare la propria abissale distanza dalle classi lavoratrici, che un tempo erano il loro riferimento elettorale e che ora vengono concepite e combattute come nemici sotto la voce "populismo"

"Non è vero che noi deputati prendiamo stipendi d'oro, sono 4718 euro netti". Questa improvvida frase è stata pronunciata da Piero Fassino, esponente delle sinistre fucsia neoliberali dimentiche di Marx e delle classi lavoratrici e ormai saldamente posizionate dalla stessa parte della barricata della plutocrazia neoliberale senza confini. La frase risulta particolarmente maldestra per tante ragioni, soprattutto se si considera il malcontento diffuso presso la popolazione rispetto ai politici e alla loro condizione che risulta evidentemente privilegiata non tanto se riferita agli stipendi d'oro ma agli stipendi della gente comune, dei lavoratori e dei precari. Una volta di più, le sinistre fucsia neoliberali non fanno nulla per non marcare la propria abissale distanza dalle classi lavoratrici, che un tempo erano il loro riferimento elettorale e che ora vengono concepite e combattute come nemici sotto la voce "populismo". È il divorzio tra sinistra e popolo, come lo ha giustamente qualificato Luca Ricolfi. È l'esito terminale di una parabola metamorfica e kafkiana, che ha portato le sinistre a diventare le principali nemiche delle ragioni del popolo e delle classi lavoratrici e a difendere sempre e solo gli abitatori della ZTL, i viaggiatori della business class, i villeggianti di Cortina d'Ampezzo. Insomma, una sinistra demofobica, che avversa tutto ciò che il popolo richieda e che tutt'al più si impegna a spiegare al popolo la splendente razionalità di ciò che quotidianamente lo fa soffrire, dall'immigrazione di massa alla globalizzazione. Una sinistra che finisce in ultima istanza per rendere superflua la destra stessa.

Di Diego Fusaro.