Fallimento Schlein: 66 piddini su 100 non la apprezzano. Ma non è solo colpa di una sardina al potere
La sorpresa vera sono i 33% che si accontentano. Ma non è colpa della sardina cromatica: hanno preso un nulla e l'hanno messo a capo di un partito allo sbando. Per accelerare la fine, spartirsi le macerie e ricominciare. Tipica tecnica comunista.
Gira questo sondaggio per cui il 66% dei piddini sarebbe scontento del segretario, e a me pare una enormità che il restante 33% si accontenti: siamo al vuoto avvolto nel nulla. L’analisi della ex sardina alla disfatta elettorale, l’ennesima, del PD è consistita in una serie di smorfie dalla mimica petroliniana. Poi più niente, ovvero la radicata convinzione dell’asse con il capo grillino Conte che è un capo di pezza e ha perso le strada le sue bimbe. Anche Elly è un capo di pezza, frutto delle contorte logiche staliniste e togliattiane: se uno si agita troppo, gli dai l’illusione del potere per bruciarlo meglio. Insomma perdere tempo per prendere tempo. Questa è l’unica spiegazione razionale, ossia politica, che si possa dare alla scelta, altrimenti demenziale, di prendere una sardina e metterla a capo del partito e per giunta partito per la tangente, purtroppo in molti sensi, partito alla frutta. Elly è la tipica contraddizione comunista o se si preferisce post marxista: ricca di casato, allevata non facendo cose ma vedendo gender, messa a rappresentare i poveri per i quali ha una sola ricetta: lo stato assistenziale, la gestione parassitaria dei bonus, dei sussidi che si ottengono spremendo le tasse, le patrimoniali a Matrioska, una dentro l’altra. Sono cascate roccaforti storiche come Ancona nelle Marche, ma per il segretario cromatico si deve alla scarsa incisività comunista, alle destre che hanno provocato l’olocausto televisivo di Fazio, Littizzetto e Lucia Annunziata.
L’autocritica dell’ereditiera svizzera sa molto di Comintern, di Internazionale comunista: dove avete sbagliato, compagni? Ma non è una cosa seria e non è tutta colpa sua, questa è una non attrezzata, messa in un contesto che la stritola. Lo dice, anche: lasciatemi respirare, datemi tregua. Lei va avanti, con le sue consulenti allo stile, con le sue smorfie petroliniane o pippofranchesche, coi suoi aforismi incomprensibili ma molto apprezzati alle cene di Baglioni. Il cantante, non la catena alberghiera di lusso anche se non cambia molto. Se solo si riuscisse a capire verso cosa si dirige la sardina: probabilmente non lo sa neppure lei, naviga a vista, è situazionista. Il partito annaspa tra mille ritardi e difficoltà e lei va a ballare al gay pride come una bimbetta petulante e irresponsabile. Non dura a lungo, questo è chiaro, il rosolamento allo spiedo è a buon punto anche se certi entusiasti fanno di tutto per non capire, inseguono l’effetto rimozione forzata come quel direttore della testatina Fanpage, ma sarebbe meglio fun, che con involontario umorismo si cala nel ruolo dell’ultimo giapponese: finita l’onda nera, l’effetto Schlein si sente.
Questo è certo, ma non come vorrebbe il giornale fuso, La Repubblica della Stampa della Sera. O l’Espresso che quando non inventa tresche torna il ricettacolo di deficienti che lascia scrivere Saviano e Murgia e fa una copertina: “Generazione Elly”. Sì, o del disastro finale. Poche settimane, vedrete, e saranno costretti a cambiare cavallo e copertina. Tra le molte differenza che corrono fra donna Giorgia e gender Elly (una ha cominciato a crescere fin da fare da ragazzina, l’altra non è mai uscita dalla fase adolescenziale; una si è costruita pezzo su pezzo la propria ambizione, l’altra si è lasciata vivere tra un volo Zurigo – Washington e l’altro; una è sempre stata motivata, l’altra non lo è stata mai per automatismi di censo), diremmo che una risalta: Meloni ha capito che ogni regime deve convergere al centro, deve in qualche modo democristianizzarsi (il che oggi significa anche, soprattutto, consegnarsi alla UE, scelleratezza che finirà nel solito muoia Sansone), Schlein non ne vuole sapere, non conosce il paese, non lo sente suo. Cittadina del mondo, ma di un altro mondo. Un pianeta dove le emergenze si saldano per la plebe, virale, climatica, ma chissà come i ceti apicali restano sempre immuni: politici nazionali, europei, redditieri, massimalisti, la divina mimesi in cui la nostra Elly si condensa. Ma che effetto fa, come cantava Nada: con tutte queste legnate elettorali, prima politiche poi amministrative, prima centrali poi territoriali, si deve supporre che il PD rivendichi il diritto a comandare, giusto? Ha forse fatto altro negli ultimi 15 anni in cui ha governato abusivamente, da un punto di vista di legittimazione popolare? Oggi più che mai si avverte la necessità dell’equilibrio, della terzietà faziosa del capo dello Stato, che in queste cose è impareggiabile; per tutto il resto, per una proposizione, una investitura culturale autoindotta, soccorrono i luminari storici e politici come il professor D’Orsi secondo il quale l’uomo intellettuale di sinistra è oggettivamente migliore anche perché l’unico, gli altri al più una sottorazza, un succedaneo. Se lo dice lui, col ciuffo rivoluzionario che lo fa somigliare al cardinale Zuppi, idolo dei centri sociali. Questi riferimenti rarefatti, razzialmente evoluti di estrema sinistra si somigliano tutti, hanno il ciuffo guerrigliero, ma forse non hanno specchi in casa. Comunque, compagni, al Salone del Libro il Piddì ha tenuto, capito? Te-nu-to, zio cane! Anzi, zioccane, come scrive Cesare Battisti, anche se non scrive proprio così, la bestemmia compagna lui ce la mette tutta, è neorealista e fa vendere libri, un altro di quella fisiognomica lì, uno che, se solo lo lasciassero libero, al Salone spopolerebbe come ai bei tempi.