Emilia Romagna, 55 milioni di fondi statali per la sicurezza idrogeologica forse restituiti da Bonaccini e Schlein

La Regione Emilia Romagna a guida Bonaccini e Schlein potrebbe aver restituito a Roma, tra il 2021 ed il 2022, 55 milioni di fondi statali per il riassesto idrogeologico perchè incapace di spenderli

L’Emilia Romagna a guida Bonaccini e Schlein potrebbe, tra il 2021 ed il 2022, aver restituito 55 milioni di fondi statali destinati al riassestamento dei corsi d’acqua della regione, perché incapace a spenderli. Secondo la giunta regionale, che afferma anche nuovi accordi con il Ministro delle Infrastrutture Salvini per il riottenimento dei fondi, i finanziamenti erano destinati soltanto alla pulizia delle idrovie del padano-veneto. Tuttavia, come evidenzia Open, un rilievo della Corte dei Conti di quel periodo elencherebbe decine di interventi necessari anche per numerosi torrenti dell’entroterra della regione, oggi in parte esondati per la scarsa manutenzione.

La regione Emilia Romagna avrebbe restituito, tra il 2021 ed il 2022, 55 milioni di fondi statali destinati alla messa in sicurezza dei corsi d’acqua perché incapace di spenderli

Di un finanziamento di 71,9 milioni di euro, garantito dallo Stato per mettere in sicurezza i corsi d’acqua dell’Emilia Romagna, la giunta regionale a guida Stefano Bonaccini ed Elly Schlein avrebbe restituito tra il 2021 ed il 2022 circa 55 milioni. Secondo quanto riportato dalla Corte dei Conti nel periodo in questione, infatti, la regione non sarebbe stata in grado di spendere il finanziamento entro i tempi previsti. A rivelarlo è Open, che sottolinea come tali fondi avrebbero potuto essere molto utili a prevenire quanto sta succedendo in Emilia Romagna in questi giorni.

Tra gli interventi previsti dai contratti di finanziamento statale, infatti, si contano “manutenzione ordinaria per sistemazione rete idrografica del bacino Lamone, lavori di sfalcio, taglio vegetazione riprofilatura e ripristino sponde in frana in tratti saltuari nei corsi d’acqua dei bacini del torrente Idice e del torrente Sillaro, interventi urgenti e d’emergenza nei corsi d’acqua dei bacini del torrente Idice e nei corsi d’acqua dei bacini del torrente Sillaro, lavori di sfalcio, taglio vegetazione riprofilatura e ripristino sponde in frana in tratti saltuari dei torrenti Idice, Savena, Sillaro, Quaderna, Gaiana e Fossatone e lavori di manutenzione nel torrente Ravone”.

Sempre secondo la Corte dei Conti, la dirigenza regionale avrebbe affermato di non essere riuscita ad utilizzare la totalità del finanziamento a causa di non meglio specificate “dinamiche del Patto di stabilità che hanno impedito di spendere le risorse residue”. Motivazioni che non hanno convinto la Corte, che ha sottolineato l’ampiezza del tempo a disposizione per l’utilizzo dei fondi garantita dai contratti di finanziamento, vale a dire 10 anni.

La Regione Emilia Romagna replica alle accuse, affermando che quei fondi erano destinati alla pulizia delle idrovie del padano-veneto

A inizio maggio era poi arrivata la replica della regione, con l’annuncio che un accordo con il Ministero delle Infrastrutture a guida Salvini aveva permesso il riottenimento dei 55 milioni. Non solo, secondo Bologna la cifra sarebbe servita per rimettere in sesto il sistema di argini del sistema idroviario padano-veneto, in pratica il Po. Una nota della regione arriva a definire “palesemente fuorviante” quanto riportato nell’articolo.

“Con ogni evidenza – recita la nota in questione - Open ha avuto notizia di un rilievo della Corte dei conti, datato e comunque già superato, rispetto a fondi stanziati per la navigazione sul Po, sistema idroviario Padano-Veneto, in particolare per l’Idrovia ferrarese: si tratta di risorse che assolutamente nulla hanno a che fare con la sicurezza idraulica e la prevenzione del dissesto. In conclusione si dà la notizia di Matteo Salvini che ha di nuovo rifinanziato il piano perduto, restituendo i 55 milioni persi perché l’Emilia Romagna non era riuscita a spenderli”.

Restano i dubbi sulla gestione dei fondi

Nonostante quanto espresso dalla giunta regionale, replica a sua volta Open, restano non pochi dubbi, dal momento che i rapporti della Corte dei Conti citati allegano precisa documentazione, nella quale sono chiari i riferimenti alle necessarie opere nei torrenti di cui sopra, e non nel solo sistema idroviario del padano-veneto. È in particolare la delibera 489 del 2021 ad elencare gli interventi che si sarebbero dovuti fare, con 10 anni a disposizione, senza trovarsi nella situazione di dover restituire ben più della metà dei fondi. Interventi, di nuovo, che avrebbero potuto dimostrarsi oggi molto utili.