Mandare di Maio nel Golfo Persico è una farsa: come mettere un bimbo in una fabbrica di dolciumi
La nomina dell'ex populista nullafacente è uno schiaffo all'Italia ma brucia anzitutto agli eurolirici: con che faccia possono difendere scelte e consistenza di una UE senza decenza e senza vergogna?
La nomina del lobbysta alla gazzosa Di Maio a trafficone per il Golfo Persico ad opera del maneggione Borrell, su raccomandazione di Draghi, è una provocazione verso gli euroscettici che danneggia anzitutto gli eurolirici: cosa diranno adessoa che una nullità certificata è stata promossa a 12mila euro al mese, verosimilmente per operare la corruzione spicciola della sinistra mediterranea, essendo quella delle grandi compagnie globali a un livello troppo alto e troppo autonomo? Sarebbe questo il modo di procedere del carrozzone UE, basato sulle nomine del peggio? Ne esce la solita conferma: Bruxelles e suoi derivati come metastasi burocratica autoreferente ed autorigenerante ma in grado di condizionare i singoli paesi che, come dice Mattarella, altro sponsor della nullità partenopea, debbono cedere sovranità e adeguarsi. Infatti è quello che accade al prezzo di continui rincari di tutto. Ed è tutto collegato: a spingere, a pretendere per la nomina di Di Maio nel Golfo è stato il nostro Draghi, il fallimentare Draghi che agisce in nome e per conto del bubbone europeista ma anche per sue meschine ripicche alle quali non rinuncerà mai, da uomo mediocre e corroso. È il burocrate monetario che, impancato alla guida del governo, mentiva: “Senza vaccino ti ammali e fai ammalare, muori e uccidi”. E lo sapeva che mentiva: tra Aifa e ministero della Salute, tra Magrini e Speranza, certi messaggi malavitosi del tenore: meglio lasciar morire la gente che ammazzare il vaccino. E tutti sapevano, anche il vice Sileri, arrogante come non mai, per non dire dei vari Locatelli, Brusaferro, Ricciardi, dei virologi prostitute.
La UE a questo serve ed è sempre servita: ad imporre le peggio politiche di ordine economico, sanitario, culturale. Usando i falliti della politica, i trombati, i mascalzoni che, opportunamente riciclati, continuano l'opera e in molti casi la completano. Tutto il cosiddetto board europeo, dalla Commissione al Consiglio, andrebbe messo sotto accusa e lo stesso Draghi andrebbe processato insieme alla totalità del governo con tanto di sottoposti: ci hanno fatto, e abbiamo subito, roba inimmaginabile al punto che il degno predecessore del banchiere, il politicante da strapazzo Giuseppe Conte, confessa al Corriere della Sera quanto segue: che le misure imposte erano autoritarie (ma più esattamente totalitarie) e lo sapeva e a tal proposito spingeva su una comunicazione ossessiva e infame nel fondato timore che la cittadinanza si ribellasse. Ma nessuno si è ribellato in nome del particulare guicciardinesco e, come dice Massimo Cacciari, dovesse ripresentarsi l'occasione, succederà tutto allo stesso modo con l'identica sudditanza popolare. Cosa che anche la postfascista Meloni sa perfettamente, lei pure passata, in modo non difforme da Di Maio, dall'euroinsofferenza all'eurortodossia. Meloni fa la faccia affabile ma le sue convinzioni, la sua provenienza da una destra sociale sentimentale ma autoritaria non lasciano tranquilli: già recupera l'ex ministro Brunetta da un meritato oblio, lo piazza al Cnel, che doveva essere abolito, insomma si muove col cinismo della realpolitik. Ma Brunetta fu uno dei più cattivi, dei più miserabili odiatori e ricattatori su tutte le misure concentrazionarie: a Giorgia Meloni non interessa? Si direbbe per niente e c'è da rabbrividire all'idea che piazzi uno come Bassetti all'Aifa.
Il potere, a prescindere, si riconosce come tale, è trasversale, si usa per puntellarsi. E il potere italiano non sa prescindere dal sovrapotere europeo, in sé inconsistente, prescindibile ma se lo lasci libero di sviluppare la sua metastasi non ti resta da fare che subirlo. Quella 2022-2023 rimane una fase traumatica della vita pubblica italiana, traumatica come le leggi razziali o gli anni di piombo, qualcosa di cui si torna sempre a parlare fra terrore memorialistico e un velato, demoniaco senso di nostalgia. Resta anche la gelida, terrificante sensazione che questi non aspettino altro se non ricominciare tutto; dove per questi si intende il potere, senza distinzioni di sorta. In fondo, ai tempi del Conte che temeva le reazioni popolari – e mandava la sbirraglia in assetto – e Draghi che era persino più feroce, e la sbirraglia la spediva a pestare e allagare, nessuno osò manifestare la più tenue contrarietà allo stato autoritario che fagocitava lo stato di diritto. Con il che la commissione già ampiamente sabotata si annuncia come un lavacro promesso. La stessa Fratelli d'Italia non ha nessuna voglia di chiarezza e men che meno di ordalia: stava alla finestra, in modo ambiguo ed è per questo che, a tempo debito, la sua capa è stata premiata, le è stato lasciata possibilità di comando senza inchieste della magistratura, senza attentati eterodiretti, in una procedura elettorale liscia, morbida, garantita dal capo dello stato autoritario che aveva garantito il regime concentrazionario. Anche la UE tollerante, paziente anche se, di tanto in tanto, piazza qualche petardo tra le gambe della Meloni come il nostro sconclusionato ma fondamentalmente disonesto Di Maio. Perché uno che tradisce tutti i suoi ideali, presunti fin che si vuole, è dei disonesti sommi; e come tale l'Europa lo rivendica, se lo accaparra. Del resto, mettere uno così in rapporto con gli emiri danarosi è come lasciare un bambino in una pasticceria tutto solo. Ed hanno un che di patetico le prese di distanza dei Tajani, dei Salvini sulla creatura ex grillesca “che non è il nostro candidato”, per dire il candidato del governo. Non sarà della Meloni ma di Draghi sì e ne consegue, algebricamente, che Meloni resta in scia di Draghi, sottomessa agli europoteri finanziari e lobbystici che Draghi continua ad orchestrare. Mentre noi avremmo bisogno di un premier donna capace di strapparci via le catene europee. Ma di Thatcher qui non ne nasceranno mai.
A proposito: l'OMS, in accordo con la UE, ha decretato per il 20 maggio la fine ufficiale della pandemia Covid, così come si decreta la chiusura dei giochi olimpici o dei tornei internazionali. Ma niente paura, se sono arrivati a tanto è perché hanno già pronta una nuova occasione e le venti, le trenta miliardi di dosi vaccinali avanzate, e scadute, non andranno certo sprecate.