Il governo a Cutro è l'ammissione di una responsabilità che non c'è
La propaganda organizzata di sinistra definisce Meloni fascista sapendo che è una balla: serve però a tenerla perennemente sotto scacco. E lei ci resta, perché non vuole andar contro a nessuno.
Il Consiglio dei ministri a Cutro è operazione di parata che dissimula la sudditanza. Come a dire che sì, la colpa dei settanta e più morti alla fine è nostra, è del governo. Vaneggiamento propagandistico ma utile se Meloni e i suoi si piegano e magari finiscono per crederci. E ci finiscono sempre, per qualsiasi cosa. Ha un bel dire uno dei maggiorenti del partito, l'onorevole Foti, che “non è una passerella”: è esattamente una passerella nella migliore delle ipotesi; nella peggiore è la conferma di uno stato di sottomissione. Il governo va a Cutro e non si salva dalle contestazioni organizzate, dai deliri di chi vorrebbe risolvere la questione trovando un capro espiatorio e comunque accogliendo interi paesi o continenti. E quindi il ricamo bizantino delle normative, dei flussi, delle regolamentazioni, delle quote, dei presìdi, di cui nessuno capisce niente perché è tutta roba incomprensibile e come tale ottima per essere bucata da scafisti e trafficanti e ong di supporto; alla fine, il solito ricorso alle “pene più severe” che possono pure arrivare all'ergastolo, al plotone d'esecuzione ma se poi nessuno le fa osservare...
Le pene non debbono moltiplicarsi per quantità e qualità, basta siano fatte osservare. Ma Meloni, che i marpioni di sinistra chiamano fascista sapendone le cautele, la moderazione a questo punto preoccupante, si preoccupa di non dispiacere a nessuno e vuole andare d'accordo con tutti i potentati: il Colle, il Vaticano, l'Europa, Sant'Egidio, le ONG, il PD, i centri sociali. A questo punto, chiamassero come consulenti Casarini e la figlia di Strada. Fascista questo governo? Se mai socialdemocratico se non democristiano puro nel traccheggiare, nell'esitare, nel prendere tempo per perdere tempo. Nel Regno Unito il premier Rishi Sunak ha usato il rasoio di Occam stretto nel pugno di ferro: respingimenti e bando perenne per chi arriva su un barcone. Cosa che in Italia vorrebbe farde Salvini, ma la presidente del Consiglio lo stoppa, media, tratta, ammorbisce, va d'accordo, per salvare l'insalvabile finisce col porre le condizioni per nuove sciagure: se una responsabilità le va addebitata è questa, ovvero l'esatto contrario di quanto le opposizioni le addebitano.
Si dirà: ma l'Inghilterra è fuori dall'Europa, non ne patisce i veti, i diktat, le pretese: la questione è proprio questa, ma in Italia a parlare di uscita dall'euromafia ti guardano come neanche uno scafista. E non si capisce davvero perché. Sono cinque anni che aspettiamo il tracollo della Gran Bretagna a seguito di Brexit, tutti a rompere i coglioni, cantanti, modelle, tiktoker, genderisti ma i disastri non si sono visti e si è invece constatata una economia più salda e una qualità della vita complessivamente migliore. Ma, nel lungo periodo, fra venti o settant'anni, c'è il caso che la crisi arrivi.
Chi invece vive l'emergenza perenne, che alla baronessa Ursula piace chiamare permacrisi, siamo noi. Che dovevamo “lavorare un giorno in meno e guadagnare un giorno in più” ed è andata alla rovescia. Che stiamo inchiodati all'onanismo normativo dei flussi, delle quote, e intanto entrano tutti. Sunak ha preso la decisione che senza dubbio avrebbe preso Margareth Thatcher: qui la Meloni si preoccupa di non adottare decisione alcuna, nel più puro spirito trattativista e compromissorio repubblicano. Per fare cosa? Intanto che a palazzo Chigi si baloccano coi sensi di colpa e le normative levantine, nelle stazioni italiane si cade sotto le coltellate di quelli da integrare. Ma basta dire che hanno problemi mentali, un'epidemia di squilibrati.
Dicono i tifosi del nuovo potere che questi primi mesi di governo sono stati scintillanti: in effetti sembrano più inconsistenti, tanti proclami, tanti annunci, a volte un po' da balconcino, subito abortiti o almeno rimangiati per la più parte. Stupisce come una politica ormai esperta, che i suoi definiscono attentissima e preparatissima, non si renda conto che questa immagine di esitazione, di debolezza è esiziale, finisce per minare da dentro. Meloni passa la vita a venire minacciata e insultata dagli esagitati di sinistra, poi capita una foto, una caricatura di tenera irriverenza per la Schlein ed è lei la prima a protestare, manco fosse una questione personale: indegno, vergogna, solidarietà dal governo. Tutti, ad una voce. Da parte loro, gli interessati incassano e ringraziano definendo il governo una greppia di maiali. Il governo vuole regolamentare i flussi, ma che vuoi arginare con le leggi piumino quando solo a Lampedusa ne sbarcano 1355 al giorno? Quando le ONG già in gennaio, all'epoca della prima tornata normativa, risposero in modo irridente, “noi continueremo a fare quello che vogliamo”? E hanno mantenuto, tutti hanno mantenuto nel sistema criminale e truffaldino degli sbarchi ed è arrivata, inesorabile, la tragedia. No, non è questo che si aspettava chi ha votato per il nuovo potere, non questo stato di sudditanza mentale, questo non decidere su niente. Meloni sta curando molto la dimensione internazionale, fa bene, ma senza un'azione altrettanto incisiva sul piano interno è fatalmente condannata a pregiudicare tutto. Tanto più che i potentati globali ti tengono su, ma alla fine chi ti vota sono gli straccioni qua che la retorica da destra sociale si ostina a chiamare patrioti, italiani, non più camerati per fortuna.