Il caso Cospito e la sinistra: la trattativa è esecrata coi mafiosi, benedetta coi terroristi (rossi)
Il responsabile di plurimi atti efferati pretende di dettare l'agenda col ricatto del digiuno a oltranza: se la spunta crea un precedente devastante, ma già fioriscono gli appelli dalla solita compagnia di giro che per i terroristi nutre una incurabile corrispondenza d'amorosi sensi.
Alla sinistra piacciono i Cospito: uno che provava “un godimento folle” a gambizzare e mettere bombe, lo difendono i garantisti di paglia e i rottami dell'ultrasinistra insieme ai pupazzi, ai fumettari da centro sociale. Il vecchio richiamo della foresta, gli strepiti e i fumi della sovversione armata, i compagni che volevano un mondo migliore e lo costruivano ammazzando a casaccio o in modo fin troppo preciso. Poi c'è la solita strategia stracciona. Il PD è un partito ombra, una carnevalata e punta sui farabutti alla Cospito: se muore è colpa della Meloni, se la spunta si indebolisce la Meloni e si destabilizza lo stato, che non fa mai male quando a comandare non siamo noi. Chi è questo Cospito, questo boss dell'insurrezionalismo anarcoide? Uno dei tanti pagliacci dalla smania barricadera, uno che ha capito che lo stato si può ricattare. È lui a decidere se, come e dove scontare le sue pene e dice: o togliete il 41bis per tutti, anche gli stragisti mafiosi, o io mi lascio morire. E lo stato invece di lasciarlo morire lo fa curare.
Accanimento o strategia quella del 41bis? Da cancellare tout cour o da modulare? È barbaro o saggio, almeno per i casi più feroci, mantenerlo? Qualcosa di simile c'è dappertutto, ma niente, non si discute, la personalizzazione di tutto punta sul balordo, sul Cospito delle molotov e delle tentate stragi. Un martire, nell'iconografia della sinistra che più si rivernicia di nuovo e più resta quella. Non avevano difeso anche un pluriassassino come Cesare Battisti, sempre gli stessi, i Manconi, i Sansonetti? Mentendo, si badi bene: sostenevano la totale illegalità dei processi, delle condizioni, arrivavano ad insinuare la macchinazione che stritolava la vittima; la quale intanto svernava a Copacabana e, quando si decisero a raccattarlo (in una effimera parentesi tra il perdurante potere di sinistra), ammise tutto: i 4 omicidi, le coperture, la correttezza sostanziale dei procedimenti. A quel punto Sansonetti e gli altri fecero finta di niente e cercarono altri farabutti da difendere.
Per sostenere le posizioni di un terrorista si ricorre anche a ricostruzioni disinvolte: l'ex magistrato Colombo sostiene che la linea della fermezza costò la vita a Moro, ma non è così e uno come lui, nella sua posizione, non può non saperlo: Moro, per un ventaglio di dinamiche perverse, era perso già prima di venire catturato, c'erano brigatisti, come Fiore, come il capo Senzani, legato ai Servizi, come Moretti, protetto dai Servizi, che in privato dicevano: lo prendiamo e poi rialziamo la posta fino a che non ci costringono a sopprimerlo. Un gioco torbido, mai del tutto chiarito, nel quale fecero la loro parte e pesantissima parte infiltrazioni di matrice americana, atlantica, come quel Pieckzenick che, da estemporaneo consigliere del ministro Cossiga, si vantò apertamente di aver manipolato le BR fino alla soluzione attesa.
Sia come sia, cosa c'entra tutto questo col destino di un delinquente politico che ha scelto, lui, di consumarsi digiunando in galera? Non è una libera scelta anche questa? E perché dovrebbe farsene carico lo stato? Si osserva, non senza fondamento: attenzione, se Cospito muore le conseguenze possono essere catastrofiche, vale a dire un discorso di puro utilitarismo che non va affatto sottovalutato. Ma se vive e la spunta, le conseguenze non saranno altrettanto micidiali? Cospito viene curato, rifocillato, magari liberato; ottiene la soppressione del 41bis: qualcuno pensa che si accontenterebbe? Il progetto delle formazioni che lo vedono quale riferimento totemico è il solito del sovversivismo comunista: via le carceri, via la legge dello stato, via tutto. Un gioco al rilancio che non può sfuggire, anche se la nostra Giorgia Meloni, per cancellarsi di dosso la cattiva fama di ducetta, ha mandato ordine di trattare coi guanti lo scomodo terrorista. Veramente, se un capo neobrigatista si lascia crepare è un problema suo e magari un sollievo per la comunità. Le Brigate Rosse, questo potrebbe ricordare Colombo, furono sconfitte, e alla svelta, appena lo stato capì che erano diventate un problema, un problema ormai impossibile da gestire, e smise di trattare: dopo Moro vengono conferiti pieni poteri al generale Dalla Chiesa il quale risolve la pratica in poche settimane partendo dal monitoraggio delle case. Nemmeno sei mesi dopo via Fani, tre dopo via Caetani, i nove del covo di via Monte Nevoso a Milano sono catturati ma da terroristi già sconfitti e lo sanno: alcuni stanno talmente allo sbando che si lasciano prendere, s'infilano, come topi, nel bar Franco all'angolo con via Monte Nevoso, a disposizione del commando di Dalla Chiesa. Lentamente cede anche la misteriosa latitanza di Moretti, lasciato ancora libero di muoversi secondo la strategia del generale, che vuol far maturare per bene le cose. Ma questa volta sanno tutto di lui e lo cuociono a fuoco lento, capo di una formazione ormai bollita, spaccata tra i morettiani e quelli ancor più trucidi di Senzani, il professore sovversivo in odor di apparati di stato. Quelli che vengono catturati, sempre secondo psicologia di Dalla Chiesa, vengono indotti a pentirsi un po' con le buone e un po' facendoli riflettere, con qualche pensiero ai parenti; a brigante, brigante e mezzo. I garantisti alla panna dicono invece che coi bombaroli e gli assassini va usato il metodo Montessori e che la trattativa va sempre mantenuta: aborrita nei casi di mafia, benedetta con l'estremismo comunista, curioso caso di strabismo etico sul quale sarebbe interessante sentire il parere dell'ex magistrato Colombo. Non solo: la trattativa va lasciata condurre agli eversivi. Su basi simili, è indubbio che il gioco al rialzo premia la sovversione e si spiega come mai il terrorismo in Italia sia durato, unico caso in Occidente, quasi 20 anni.
È surreale anche solo l'idea che uno sottoposto a carcere duro, condannato per reati gravissimi, si metta lui a dettare le condizioni, a ricattare, a tracciare l'agenda politica. Uno di quei disadattati criminali che sparava nelle gambe a uno solo perché era un dirigente, che odiava di un odio psicotico “la società industriale” e voleva radere al suolo tutte le centrali nucleari, pensa che genio. Ma già fioriscono i soliti appelli dei soliti firmaioli che non valgono la pena di una citazione: sempre la stessa compagnia di giro, moralmente laida, politicamente interessata. Cospito detta la linea o almeno ci prova, sostenuto da una sinistra in parte entusiasta in parte distratta, nella preoccupazione una destra salita sì al potere ma ancora incapace di assumersene le responsabilità piene. Di emanciparsi. Se passa il princìpio per cui un responsabile di crimini efferati può spuntarla semplicemente rifiutando di alimentarsi, non è un precedente che finirà per essere adottato da tutti i parigrado? E Cospito, vedi caso, pretende l'abolizione del 41bis per terroristi e mafiosi, due categorie che evidentemente sente contigue: sempre di stragisti si parla. Stando così le cose, non resta che una soluzione: invitare il boss anarchico a Sanremo, in collegamento dal refettorio carcerario. Se pacificazione ha da essere, che sia fino in fondo e nel posto giusto. Magari col lieto fine, lui che si pente, il 41bis abolito e il vecchio ex capo anarcoide ringraziato, graziato e candidato.