Tetto al contante ed evasione fiscale: occorre una legislazione fiscale comune in UE
L’evasione IVA in Italia e i paradisi fiscali in Europa: occorrono linee guida per una legislazione fiscale comune nei paesi dell’Unione dal Parlamento Europeo
Alcuni popolari commentatori televisivi e giornalistici e/o sedicenti intellettuali hanno diviso, tanto per cambiare, l’Italia in due parti: le persone perbene, favorevoli a ridurre al minimo il tetto al contante e le persone permale, che la pensano all’opposto. Ognuno ha le proprie idee. Far coincidere però l’evasione fiscale con il tetto al contante, mi sembra obiettivamente improprio. Se fosse veramente così, si dovrebbero abolire completamente le monete in tutto il mondo ed il problema dell’evasione sarebbe risolto. Troppo facile!
Del resto, il fatto che grandi paesi come Germania, Austria, Olanda, Finlandia e soprattutto gli USA non applicano alcun tetto al contante, con un’evasione fiscale inferiore a quella dell’Italia, significa che le cause del problema sono più profonde e vanno ricercate anche altrove. Il Commissario Europeo agli affari economici Paolo Gentiloni, ex Premier italiano ed esponente di spicco del PD, proprio il giorno dopo la decisione del nostro Governo di alzare a cinquemila euro il tetto al contante, ha fatto pubblicare la notizia che l’Italia è il paese che ha la maggior evasione IVA in Europa, con il 24,5%, contro l’8% della Germania.
Il Dott. Gentiloni si è però scordato di pubblicare i dati ufficiali assoluti dell’evasione, che attribuiscono alla Germania 351 miliardi di euro di mancati introiti nell’ultimo anno, mentre l’Italia è ferma a 300 miliardi, anche se certamente la sua popolazione é inferiore. Questo conferma che non è tutto oro ciò che luccica. D’altronde, il fatto che in questa situazione ci troviamo dopo ben dodici anni di Governo, quasi ininterrotto, dominato dalle sinistre, significa che le formule magiche, o presunte tali, proposte oggi, che si sarebbero potute adottare in quel lunghissimo periodo di tempo, sono sempre rimaste nel cassetto. Veniamo allora ai fatti.
Prima considerazione: il Meridione d’Italia. I dati della CGIA di Mestre dicono che l’evasione IVA in Calabria è del 25%, in Campania ed in Sicilia del 22%, contro il 14% in Toscana, l’11% in Emilia, Veneto e Piemonte ed il 9% in Lombardia. Un autorevole giornalista meridionale mi disse scherzosamente e con un pizzico di malizia, qualche tempo fa: “La maggioranza dei funzionari della Guardia di Finanza proviene dal sud, è naturale che verso le loro terre di origine abbiano un occhio di riguardo.”
Seconda considerazione: I paradisi fiscali accreditati ufficialmente in Europa. E’ noto a tutti che ad Amsterdam od a Lussemburgo, proprio durante gli anni di governo della sinistra in Italia, si siano trasferite od hanno continuato ad avere le proprie sedi fiscali, alcune importanti multinazionali sopravvissute nel nostro paese, quali ad esempio FCA, Mediaset e Ferrero. Il tutto certamente, non per ragioni turistiche, ma comunque nel pieno rispetto delle leggi vigenti. Non parliamo poi dello scandalo delle multinazionali estere del Web, che operano in Italia con fatturati giganteschi ed hanno sedi europee e fiscali in Irlanda o similari. L’ammontare di questi dirottamenti e di queste, si fa per dire, facilitazioni fiscali é considerevolissimo. Perché i partiti e\o movimenti ed in particolare i coriferi della lotta all’evasione fiscale, non hanno fatto mosse forti a Bruxelles ed a Strasburgo, per denunciare questo scandalo? Perché non si sono mai battuti nel Parlamento Europeo e sui media europei, per chiedere l’abolizione di queste macroscopiche disuguaglianze, ben peggiori da un punto di vista morale, di immagine e forse anche per introiti fiscali, del nero raggranellato dai nostri artigiani e commercianti, spesso per sopravvivere ad aliquote, che sono le più alte d’Europa?
L’UE, alcuni anni fa, aveva definito la Svizzera paese canaglia, per il suo lassismo bancario e fiscale, obbligandola giustamente, tra l’altro, ad abrogare il segreto bancario per i cittadini del nostro Continente. Contemporaneamente però la stessa UE autorizzava oasi fiscali in alcuni paesi membri, facendo si che ciò che in Italia, in Francia ed in Germania è spesso reato, in Olanda, in Lussemburgo, in Lichtenstein ed in Irlanda, è legge dello Stato.
Il tutto suona fortemente discriminatorio e forse è anche frutto dei rapporti di buon vicinato che esistono tra le sinistre europee ed il grande capitale, sostenuto dalla grancassa dei giornali e delle televisioni di loro stessa proprietà. Ci piacerebbe sentire, nelle piazze animate dalla C.G.I.L e dai cosiddetti progressisti, urlare, insieme alla lotta all’evasione fiscale, la richiesta della caduta dei santuari europei, dove si può ciò che altrove è proibito! Ci piacerebbe sentire che al Parlamento Europeo, oltre che dei diritti LGBT e dei matrimoni omosessuali, si parlasse delle linee guida per una legislazione fiscale comune nei paesi dell’Unione. Il tutto ci riporta tristemente al vecchio e sempre attuale ritornello del predica bene e razzola male, che ai tempi di Gesù si chiamava: fariseismo.
W la democrazia, quella che Whiston Churchill definiva il migliore dei mali peggiori.
Il popolo infatti non è bue, come si sussurra in alcuni salotti radical chic. Il popolo è vigile ed attento ed ogni tanto vota, per protesta o per consenso, ma raramente per dabbenaggine.
Di: Pierfranco Faletti