Per la Corte Costituzionale le misure "anticovid" di stampo cinese furono "proporzionate alla situazione". Ma di proporzionato ci fu solo la follia

Con la pronuncia della Consulta il regime assolve se stesso e dice: il potere si legittima di per sè. Ma quel potere ci ha costretto a giorni, anni di intollerabile orrore, che non usciranno mai dalla nostra mente. Ecco un breve ripasso di quanto, secondo la Corte, fu adeguato, proporzionato al momento e, in definitiva, frutto di decisioni sagge, ponderate, non determinate se non dallo stato buon padre.

Se c'è un detto ingiustamente demonizzato è “la prima impressione è quella che conta”; o delle intuizioni lombrosiane. Se ne facessero una ragione gli apostoli del politicamente corretto: possono contestarlo fin che gli pare, ma la prima impressione difficilmente sbaglia, quello che ti arriva da una fisionomia, dal linguaggio del corpo, dalle espressioni verbali e non, presto o tardi ti confermerà le sensazioni che avevi percepito. Così, se guardo la presidente della Corte Costituzionale a capo del collegio dei 15 chiamati a pronunciarsi sull'obbligo vaccinale, e mai pronuncia fu più annunciata, trovo una donna di potere, di quel potere algido frigido spietato, da euroburocrate, una Mattarella femmina, i capelli candidi come una nevicata letale, il cipiglio dietro gli occhiali, le rughe e le pieghe di chi non le nasconde perché nessuno oserà mai vederle anzi danno autorevolezza, fanno tanto chic spietato, alla Ursula Von Der Leyen, alla Christine Lagarde. La presidente Silvana Sciarra prima ancora di sentenziare aveva lasciato capire come sarebbe andata a finire con quell'uscita sulle “destre sgangherate”: c'era già tutto, compreso quel senso di parzialaità virtuosa che piace al nostro capo dello stato nonché del CSM.

E la sentenza, come sappiamo, è arrivata: una consacrazione del regime, lo stato che giudica se stesso e si trova splendido (e, nel contempo, non rinuncia a un pizzino per il nuovo potere). “Non sproporzionate le misure” adottate dal burocrate Draghi e tutto passa come uno scroscio del tempo, qualcosa che si doveva fare e si è fatto per salvare la salute pubblica.

Niente di più distorto se non lunare. I ricatti, le sanzioni, i divieti, le pressioni, la repressione, il terrorismo sanitario non hanno impedito all'Italia di diventare uno dei paesi con più morti e con le strategie di stampo cinese più spietate e più inutili. “Norme proporzionate in pandemia” dice la Consulta e sta dicendo: la mia parola contro la vostra e la mia conta più della vostra, di ricorrenti, di avvocati, di sudditi, perché io sono il potere e legifero per il potere. Io sono regime. Poi la possono raccontare come vogliono, come fa l'avvocato Chiara Torniola, “l'efficacia dei vaccini è evincibile dai dati dell'ISS che comprovano che due terzi delle persone non si ammalano”: evincibile? È un'altra bugia di regime, assona con quella di Draghi, “non ti vaccini, ti ammali, muori e fai morire”. Ma che gli fa? Possiamo opporre i riscontri reali, i pluridosati, i “boosterati” che si ammalano, rispetto ai non drogati di pozione, nella misura variante fra il 30,4% e il 67% a seconda delle fasce d'età; possiamo buttare sul tavolo una casistica mastodontica di decessi, di conseguenze permanenti, di cuori rotti; possiamo considerare che abbeverarsi ai dati dell'ISS è la famosa storia dell'oste che garantisce il suo vino ovvero il regime che si giustifica di per sé. Resta la parola di un organo giudiziario espresso dalla politica e che risponde alla politica. Di sinistra, va precisato, ma in fondo confortevole anche per la destra del nuovo, effimero potere. Eppure vogliamo riepilogare un attimo le “norme proporzionate” di cui parla la Consulta? Vogliamo ricordare come sia bastato un DPCM, una raffica di DPCM a ridurre la sacra Costituzione un cartoccio? Coi giuristi di servizio, gli opinionisti da marciapiede tutti a spiegarci che “la Costituzione è messa da parte, certo, ma per ragioni superiori”? E le ragioni superiori erano: chiudere tutto, bloccare tutto per blindare il regime.

Intanto, c'era chi, folle di vile paura, saltava le file per uno shot non dovuto. Chi malediceva gli scettici. Chi si industriava, sui social, per spiare il vicino di casa, segnalarlo, fargli passare guai. Chi augurava cancri, oppure di ridursi in poltiglia verde, ai novax, come questa inspiegabile Selvaggia Lucarelli che poi ha avuto la madre morta di Covid dopo 4 dosi e, in un ritaglio di tempo sottratto alle attività televisive, ha detto: è la prova che abbiamo trascurato la sicurezza per la troppa libertà. Come a dire: se non faceva le 4 dosi magari moriva peggio. Ma ve li ricordate i feticisti del greenpass, che godevano “solo a tirarlo fuori”? Sono gli stessi che oggi eiaculano pagando un caffè col Pos. Tra di loro, immancabili, alcuni propagandisti col tesserino da giornalista.

E ve li siete dimenticati i ragazzi all'aperitivo alle 3 del pomeriggio, tartine salame e prosecco, perchè dopo il bar chiudeva? Preferibilmente in piedi, non si sa perché? Ve li siete scordati quelli che entravano, ordinavano un caffè, al bancone, gli veniva servito fuori dal bar, lo bevevano e poi rientravano a pagare? E gli ottantenni rantolanti sotto la mascherina d'agosto? Ho visto anche dei derelitti felici, svenire felici, li ho visti trasportati all'ospedale dove, invece che i sintomi dell'autoasfissia, gli riscontravano il Covid. Sarebbero morti intubati di lì a poco.

E chi se li vuol scordare, zanzarologhi, veterinarie, influencer, guitti, parassiti, carrieristi, camici in conflitti d'interesse consigliare la cosa regolamente sbagliata, prima di evitare le mascherine, poi di tenerle a vita, poi di spararsi una dose di siero, poi un'altra e un'altra e un'altra fino alla tossicodipendenza? Chi se li vuole scordare quelli che pretendevano la galera a vita per 60 milioni di persone, qualcuno anche dopo la vita, nella vita eterna, e tutto per venire arruolati dalla politica, per un posto da parlamentare?

Chi ce la fa a dimenticare le mascherine sporche, fetide, che non servivano ma era proibito dirlo, fino a che un giorno qualcuno in televisione lo ha detto, ha fatto parlare i tecnici che se lo dicevano solo fra loro e allora hanno ritirato tutte le mascherine di merda, salvo poi tornare a consigliare, coi denti scoperti e gli occhi di bragia, di rimetterle “come gesto di solidarietà?” Come non ricordare infermiere eroine dolorose affaticate spararsi le pose e poi finire al festival del Cinema, a quello di Sanremo, a ballare e cantare in corsia?

E quelli che guidavano, e ancora guidano, da soli in macchina con un pezzo di carta da affettato sulla faccia? E quelli a fare il bagno in mare da soli con lo stesso pezzo di carta a mo' di museruola, che gli si appiccicava sulla faccia facendoli soffocare forse a morte? E i poliziotti che davano la caccia a spauriti camminatori sul bagnasciuga? E i litorali divisi da linee immaginarie, fino a qua puoi respirare, dopo di qua devi ansimare dietro il pezzo di carta poco igienica? Chi le può dimenticare le scuole morte, gli studenti a farsi le pippe da un computer e gli insegnanti disperati, i presidi ottusi del PD, i bidelli a trombare inconsapevoli in videoconferenza, nell'imbestialimento di un popolo? E i ristoranti deserti alle 6 di sera e pieni alle 6 di mattina. E gli ubriachi di buon mattino, come alpini, che vagavano senza meta in albe livide disperate? E gli sbarchi di teste di cuoio in ristoranti dove ballavano la Macarena, fuori i documenti, voi state vivendo, e li filmavano e a volte li portavano via? E le amicizie di una vita a frantumarsi per uno straccio di carta in faccia, per una pozione di cui niente si sapeva?

Voi ve li volete proprio obliare, quegli umani senza umanità, altri impazziti di ipocondria, malati immaginari di tutte le malattie, logorati sfiniti spremuti, a morire di cancro e di ictus ma rubricati come Covid perché sulle loro carcasse i nosocomi prendevano duemila euro cadauno? Ve li volete cancellare dalla memoria i vecchi che entravano negli ospizi sani e uscivano cadaveri dopo due settimane di tortura? E che facciamo dei giovani folli di solitudine, allucinati sui treni, dietro tredici mascherine e una barriera di plastica, che urlavano fuori controllo se vedevano un umano a loro non più simile telefonare, respirare oltre la museruola?

E che diciamo dei malati veri, gli infetti veri, a curarsi da soli perché i medici non ci andavano a visitarli eppure guarivano prima e meglio che se avessero seguito i letali protocolli degli scienziati da reality? E chi non s'è mai imbattuto in una imbecille platinata a fare il bancomat coi guanti da chirurgo e non riuscirci e metterci sei ore, preoccupata solo di non impestarsi premendo i tastini? Nei negozianti che cacciavano clienti irregolari, nei ristoratori felici di non avere nessuno a pranzo? E li vogliamo o no ricordare altri ristoratori, rimasti umani e per questo annientati mentre piangendo abbassavano l'ultima saracinesca sui sacrifici di una vita; li smemoriamo quelli che si ammazzavano, si lasciavano morire, senza più forza di continuare?

Ma le abbiamo vissute o no quelle file lugubri davanti agli uffici postali, agli spacci alimentari, a testa bassa, come i deportati nei lager? E i cristiani che pregavano con le maschere, tenevano lontani i “fratelli”? E quelli che si vantavano di aver fatto il vaccino, così come oggi si vantano di essere alla quinta dose, eppure positivi, “ma poteva andarmi peggio”?

Ma io, anche volendo, non posso dimenticarmi di me, che sono invecchiato di decenni in pochi mesi e così quelli che conosco. Non posso dimenticarmi di genitori cadenti protesi verso figli senza cuore che negavano un bacio, una mano nella mano. Delle famiglie divise nella stessa casa, fratturate e bardate come nelle centrali nucleari esplose. Dei conduttori televisivi indemoniati che toglievano il collegamento a chi sosteneva che di Covid si può anche non morire. Degli uomini di scienza ridotti alla scemenza, parlare in collegamento, davanti a uno schermo, nel proprio studio, della loro casa, completamente soli, con addosso un pezzo di carta verde o bianca o nera o tricolore o arcobaleno da culo. Dei virus cinesi che non si potevano chiamare cinesi ma americani o italiani sì. Delle varianti brasiliane, britanniche, di Honolulu, terribili, micidiali, che dopo una settimana nessuno se ne occupava più. Dei piani pandemici spariti nella noncuranza generale. Dei medici indotti al suicidio perché avevano trovato cure diverse, ed efficaci. Della gente morta di incidente, di ossido di carbonio e di vasi da fiori sulla testa considerata vittima di Covid. Dei volontari volonterosi a cascare stecchiti dopo una dose di vaccino ma felici perché gli avevano spiegato che “non c'era correlazione”. Degli ultracentenari con diciotto patologie pregresse morire “per colpa del Covid” nello sconcerto generale. Dei rantolanti nei reparti di terapia intensiva dove non può entrare nessuno eppure facevano interviste ai telegiornali appesi a un tubo per raccomandarsi gracchiando di mettersi il pezzo di carta verde o azzurrina. Delle mail dei governi, specie quello italiano, con cui si obbligavano gli scienziati a mentire sui morti, sui contagi per tenere al terrore le popolazioni. Dei banchi a rotelle rotolati al macero intonsi, dei comprensori vaccinali a forma di primula o di vagina, mai usati, dai costi esorbitanti, del mio Paese ridotto a una cartina di regioni da colorare e a seconda dei colori si poteva vivere, vivere poco o crepare. Di un popolo rincretinito a livelli puerili. Di noi contro di noi, orfani della speranza di un urlo in cerca di una bocca. Dei politici giustizieri lanciafiamme. Dei politici gelidi dietro occhialini abusivamente intellettuali a pretendere la prigionia a vita, a mandare le guardie a bussare per le case. Delle nullità in camicie a vietare gli amplessi, perché “il coronavirus si rifugia nei testicoli”, perché “anche una scorreggia può infettare”. E non so voi, ma io non dimentico che il potere vietava agli innamorati di baciarsi, spiegava come scopare, considerava “positivo al virus” chi era morto anni prima, premiava i positivi spedendoli in televisione, mandava a pestare chi protestava seduto, a sommergerli con gli idranti, vietava il calcetto e il tango, dava istruzioni per “spegnere le candeline della torta di compleanno senza correre inutili rischi”, faceva dire ai notiziari di regime che “a Taranto 18 studenti si sono contagiati guardandosi negli occhi”. Mentre nelle scuole gli alunni piangevano derelitti perché perché avevano dimenticato l'astuccio e nessuno voleva né poteva prestargli una penna. Mentre bambini fermi dietro un nastro di plastica guardavano giocattoli irraggiungibili. Altri giovani segnalavano al preside professori che osavano scostarsi la mascherina un attimo dopo 4 ore di lezioni per non morire soffocati. E c'era chi, da sano, faceva 7 ore in coda sotto la pioggia per un tampone e così si ammalava. C'era chi ordinava le pizza per telefono e lasciava i soldi in una specie di passagatti da dove gli consegnavano la pizza. C'erano studenti che picchiavano insegnanti, insegnanti che bastonavano studenti per un lacerto di stoffa sudicia non indossato “così come vuole il governo”. C'era chi firmava decreti criminali con cui prescrivere la stoffa verde a chi lavorava per conto suo da casa; e chi faceva morire i gatti, i cani dietro le stesse mascherine. Ho raccontato di giovani evasi da strutture di contenimento mai più accolti da nessuno perché considerati infetti a prescindere. Ho visto chiamare negazionista chi ragionava e protestava e chiamare savio chi obbediva e nutriva la paura e la trasmetteva agli altri. Ho visto fomentare e poi premiare l'abitudine al terrore, alla rassegnazione e all'odio, alla viltà della dittatura e ho visto condannare e punire l'ultimo spasimo di libertà. Ho sentito politici ammettere serenamente di avere “proibito l'attività fisica non perché sia la situazione più a rischio ma perché volevamo dare il senso di un regime molto stringente”.

Ho visto la mia gente consegnarsi al più stringente dei regimi, al filo di ferro che di giorno in giorno pentrava più a fondo nella carne e ringraziare servili e chiederne ancora e ancora più di ancora. Ho visto come si vive in Cina senza muovermi da casa e non avrei mai creduto di ritrovarmi oltre il peggiore degli incubi: no, io non posso dimenticare che questo è stato un regime di violenza sanguinaria e delirante. Oggi la massima espressione giudiziaria di quel regime premia “Le facce granduignolesche del potere”, per dirla con Pasolini, e stabilisce che quelle misure furono “proporzionate alla situazione”; che ogni situazione sarà buona per tornare all'incubo, anche perché il popolo italiano è stato il più paziente, suggestionabile, confidente, infine vigliacco di tutto il pianeta.