Ascesa e caduta del compagno Abou
Il sindacalista con gli stivali, già idolo della sinistra inclusiva, è già stato mollato da tutti. La sua vicenda offre, a prescindere dagli esiti giudiziari, diversi spunti sui quali riflettere.
Proprio vero, anche i ricchi piangono o almeno i loro parenti. Citofonare Souhamoro, Aboukabar Souhamoro, per gli intimi Abou. Passato in una luna da feticcio delle dure lotte nel fango a rottame infangato: adesso tutti lo scaricano così come lui aveva scaricato, con gesto plastico, mogliera e suocera. Il suo demiurgo, il Bonelli, in privato, riferisce Goffredo Buccini sul Corriere, non si dà pace: “ma che cazzata che ho fatto”. Fratojanni tace e non sostiene: già un prete che, a Foggia, aveva capito come stavano le cose, gli aveva scritto: fermatevi, siete matti a candidare uno così. Nessuna risposta, piaceva tanto il pugno chiuso, quella demagogia signora mia che sapeva tanto di comunismo quarantottesco. La nuova stellina comunista, Ilaria Cucchi, vuole “vederci chiaro” (più chiaro di così, cocca...). La ex senatrice di Sinistra Italiana, Fattori, che da tempo avvisava i vertici della succursale piddina: vedete che io in quelle coop ci sono stata, io ho visto, manco li cani ci farei stare. Quanto all'intellighenzia, è fatta di opportunisti, di paraculi senza fondo, quindi il verdetto è già scritto: Abou chi? Mai conosciuto e, soprattutto, mai lo riconoscerò. Chissà che ne dice l'amico Saviano, il grazioso anfitrione televisivo Fazio, e poi Romano Prodi, la Boldrini, il Damilano che riuscì nel capolavoro d'infamia di quella copertina sull'Espresso, “Uomini e no”, e l'uomo era lui, l'ancor sconosciuto Souhamoro, in piena costruzione mediatica, l'undermensch manco a dirlo era Salvini. Ah, l'antirazzismo della sinistra! A difendere il sindacalista con gli stivali è rimasto, valoroso eroe della logica non fattuale, il solito Sansonetti, quello che giurava: Cesare Battisti vittima di malagiustizia, finché il compagno PAC non ha confessato tutti e 4 gli omicidi per i quali lo inseguivano da 40 anni. Quello che esaltava il padre putativo di Abou, Mimmo Lucano, con queste marmoree parole: "Il sindaco più originale (sic!) che la Calabria abbia avuto negli ultimi 15 anni, colpito da una magistratura arrogante e antidemocratica se non apertamente fascista". Come andò, è leggenda: Lucano condannato in primo grado a 13 anni per una caterva di reati sulla pelle dei migranti. Ma Sansonetti, più trinariciuto che mai. “Ah, Soumahoro linciato perché 'negro'”. E su!
Sì, la giustizia sarà pure antidemocratica, “obiettivamente fascista” come dicono i garantisti da discoteca, tu entri, tu no, però i fatti mormorano come il Piave e ormai li conoscono tutti e quando si è in politica la moglie di Cesare conta quanto Cesare e qui la moglie di Abou se la tirava che manco la Ferragni, una fiera della vanità circondata di costose cose di pessimo gusto. E intanto ballano 400mila euro di mancati compensi ai lavoranti, e il doppio di presunte distrazioni, soldi che nessuno sa dire per dove siano salpati. Cosa ci insegna l'ascesa e caduta, mediatica se non altro, del sindacalista dalle mani fangose? Diverse cose, la prima l'abbiamo già accennata: non si improvvisano le influencer e non si improvvisano i parlamentari, la favola bella dell'underdog che conquista il Palazzo è pura retorica novecentesca ma la realtà è che nei Palazzi ci entra chi è già privilegiato, può pagarsi la campagna elettorale, ha gli agganci giusti, le amicizie che contano, che fanno la differenza e aprono porte e portoni. La politica essendo un gioco da ricchi.
La seconda cosa di cui far tesoro è che, a prescindere dall'esito giudiziario sulla Soumahoro family, queste intraprese sociali, solidali, per restare umani, per un mondo diverso possibile, sono quasi sempre delle truffe scandalose. Chi scrive, vecchio obiettore di coscienza, ne ha girate, ne ha bazzicate: dire che son tutti ladri no, sarebbe ingeneroso, ma insomma sette, otto su dieci sarebbe meglio non ci fossero: possiamo dirlo? Lucano non è una variabile impazzita, è una costante: “Devo farmi candidare, se no finisco in galera”. Non lo candidarono. Il Casarini che si fa pagare i carichi residuali e poi, intercettato, va fuori di testa: “Arrivati i 150mila, cazzo stasera champagne, così pago tutti i debiti”. Prosit!
Memorie di un cronista di provincia, ma quanti tuguri spacciati per case modello, quanti poveri cristi “salvati” in un modo da fargli rimpiangere l'inferno da cui erano fuggiti. Ne ricordo uno, certo Ostello Amico San Leo, alle porte di Fermo, il santo Leo era Leonildo, fondatore di una comunità di recupero di tossici: più che recuperarli li rapivano, dai marciapiedi, dalle stazioni, dai buchi del culo delle città, li deportavano in casolari fatiscenti di campagna, camerate di letti stipate di corpi corrosi, i piedi in bocca l'uno dell'altro, gli toglievano le scarpe, gli mettevano, giuro, le catene e li facevano lavorare come schiavi calzaturieri. Poi c'erano i documentari su Hitler e Mussolini, per rieducarli, e c'era la stanza della terapia, una lavanderia dove i casi difficili venivano legnati. Essendomi accorto che molto non tornava in quell'intrapresa celeste, mi buttavo a capofitto, con la foga demente del giovane esaltato, a indagare, finché quasi non ci rimettevo la pelle, fortuna le intercettazioni, “quello stronzo dobbiamo farlo fuori”. E ci provavano, mi davano strani appuntamenti in aperta campagna dove mi aspettavano i picchiatori ma il Dio degli incoscienti riusciva a farmi fuggire un attimo prima. E non me ne davo per inteso anche se mi deferivano all'Ordine, anche se il procuratore capo, scherzando, mi diceva “Ah Del Papa, quando ti ammazzano farò un discorso da farli piangere tutti in chiesa”. Non mi ammazzarono e invece condannarono tutti i responsabili per reati incredibili nell'Italia di fine secolo, riduzione in schiavitù, torture, sequestri di persona. E potrei raccontarne da riempire un libro. Non che questo sia il caso delle coop di mama Marie Thérese e Liliane, suocera e mogliera di Aboub, sia chiaro, ma è per dire che questo del “bene” per i dannati della terra è sempre un terreno maledettamente minato, infido e scivoloso. E chi lo nega non è un buon giornalista, è un propagandista o un debunker.
L'altra cosa da mandare a memoria, è che, come diceva quell'impresario di pugilato, “non è mai per soldi: è sempre per soldi”. Nella sedicente solidarietà, nella cara madre Chiesa, nella politica che, giusta l'intuizione di Frank Zappa, “è il ramo intrattenimento dell'industria”. Dove girano i soldi, le cose si fanno e si inquinano. Dove non ci sono, nessuno arriva da nessuna parte. E in politica, come nello spettacolo, la gratitudine non esiste e il cinismo è automatico: Abou, che sbraitava contro il mondo, che protendeva le mani “insanguinate”, si incatenava a Villa Pamphili e sbarcava a Montecitorio a bordo di un paio di gambali inzaccherati, è una vittima di se stesso, della propria ambizione esaltata. Ha perso il controllo, su di sé, sulla family, parlava in terza persona, insultava governatori di sinistra, come Emiliano, sindacati di sinistra, come la CGIL. Abbastanza per farlo fuori: a scoprire gli altarini non è stato un infame foglio “fascista”, è stata Repubblica, si presume su mandato del PD o almeno con il suo benestare. Il compagno Abou probabilmente non verrà mai indagato, almeno se ha capito la lezione. Ma forse non la capisce, sta già sbraitando di “una nuova casa politica che sostituisca questa sinistra senza identità”. Come a dire: ingrati, vi faccio vedere io. Ma ormai lo sparafucile è una pistola ad acqua e dovrebbe meditare sul fatto che, volendo, al peggio non c'è mai fine.