Governo Meloni, rischio terrorismo sanitario: il nuovo ministro della salute Schillaci è la continuazione di Speranza
Dal nuovo potere della capa di Fratelli d'Italia ci si aspettava una ritrovata normalità, la fine del terrore sanitario, la capacità di ribaltare le decisioni discriminatorie, come dice l'eurodeputato Ross. Ma quelle decisioni viceversa, sono state tutte confermate, vanno nel senso del ritorno al regime concentrazionario
Segnatevi questo pezzo, scritto e pubblicato lunedì 14 novembre 2022: Giorgia Meloni ha fallito. Segnatevelo non per chi l'ha sctitto, ma per cosa c'è scritto, in data non sospetta, quando ancora tutti portano in processione la Giorgia Madonna. Meloni ha fallito. È stata la più grande speranza tradotta nella peggior delusione nel minor tempo possibile. Chi l'ha votata, e anche molti che non l'hanno scelta (come chi scrive), da lei s'aspettavano il minimo: un poco di normalità dopo gli anni della follia. Ma coi proclami da balconcino si fa niente e la normalità non è arrivata. È arrivata la continuazione della follia. Meloni ha bruciato tutta la carne che, nel breve volgere di un mese, aveva messo al fuoco. Particolarmente ha perso sulla salute pubblica, che non è solo uno dei problemi ma è Il Problema: salute pubblica come normalità, come libertà, quella che ci aveva rapinato il predecessore ministro Speranza, di suo un caso di salute pubblica. Il successore, Orazio Schillaci, si sta dimostrando suo manutengolo: del resto, dall'altro aveva ricevuto incarichi, e si era espresso in sintonia sulla psicosi sanitaria. E che fa Orazio? Dopo timide aperture di facciata, “torniamo alla normalità”, le rinnega nel modo più indecente. Si rimangia tutto e torna ai vecchi metodi, autoritari e cialtroneschi: convoca – lo apprendiamo da Mario Giordano su “la Verità” - conferenze stampa ristrette, ammettendo solo pochi portaparola in funzione di giornalisti; mantiene il regime duro sulla quarantena; congela, ossia mantiene, le multe per i cinquantenni non drogati di siero; sulla riammissione dei sanitari non dopati (di vaccini: i tossicodipendenti duri, crack, cocaina, fumo, sono 40mila e nessuno li tocca) se ne sciacqua le mani, demanda tutto alle Asl che consegnano i malcapitati a un apartheid ancora più feroce e umiliante, che forse farà godere nonna Liliana. Dulcis in fundo, ogni altra decisione è sospesa: “aspettare l'andamento della pandemia”, come hanno ripetuto per 3 anni – tre anni, il tempo di una guerra – e siccome il gioco è chiarissimo, ricondurre tutto a pandemia, di motivi per allungare il Terrore di pretesti se ne trovano quanti se ne vuole. Schillaci ha pure annunciato una campagna massiccia per spingere alla quarta dose doppia, Covid e influenza, e a ripristinare le mascherine, moderne stelle gialle, al chiuso e anche all'aperto, suscitando l'automatico entusiasmo dei virologi raglianti Burioni, Pregliasco eccetera. E a chi vuoi appaltarla la gestione del Terrore se non alla Gimbe del gastroenterologo Cartabellotta specializzata nel fornire i numeri ad uso e consumo dei telegiornali di regime?
Hanno soltanto fatto finta di allentare la presa per stringere meglio. Non c'è un solo aspetto in cui si volti pagina, la voce è sempre quella di Speranza, di Ricciardi, dei maligni catastrofisti, tutto continua nella pazzia e la strategia resta quella di prendere tempo per perdere tempo. Si veda, ancora Giordano, il problema delle liste d'attesa, secondo Orazio ministro vera priorità. Talmente urgente, che annuncia “un focus con le regioni” (maledetti focus, maledetti tavoli, maledetta mentalità burosindacale) e, nel frattempo, si continua a coprire di soldi pubblici il privato convenzionato lasciando la pubblica sanità nella sua – e nostra, particolarmente – rovina. In tutto questo, Giorgia Meloni è rimasta muta. Aveva annunciato, dal balconcino: mai più una politica sanitaria basata sulla psicosi, è tempo di normalità. Ha mentito. Schillaci a chi risponde? A lei o a Speranza cioè a Draghi? Oppure a Draghi col suo avallo, che sarebbe ancora più indegno? Comunque il fallimento è totale. Radicale. Non merita credito. Non merita illusioni. Non si tappa svolazzando al Cop27 nella località vacanziera per influencer di Sharm-el-Sheik a baciare la pantofola dei camorristi climatici. Se la normalità non torna nella salute pubblica, è illusorio, è vano attenderla in qualsiasi altra faccenda. L'eurodeputato Ross, che ha messo spalle al muro Pfizer, dice: “Spero che quello che abbiamo vissuto ci serva da lezione. Non deve accadere mai più. In Italia ci sono ancora diverse cose da cambiare ma un segnale di svolta c'è stato. Spero vivamente che Meloni possa ribaltare tutte le decisioni discriminatorie”. Ma Meloni, viceversa, le sta confermando, a mezzo Schillaci. Decisioni malate, figlie della più grande truffa di tutti i tempi: la negoziazione, nella più totale opacità, di 2 miliardi di dosi per 31 miliardi stimati di utile, condotta fra il capo di Pfizer, Alber Bourla, e la boss della UE Ursula von Der Leyen il cui marito è nel giro grosso di Pfizer e dei sieri magici. Un disastro colossale, il viatico per la dittatura sanitaria con un numero tuttora incalcolato di morti, roba che Hitler al confronto era una dama di San Vincenzo. Così stanno le cose e Meloni ha fallito. Forse serviva solo a prendere tempo per perdere tempo, ma il ritorno di Draghi e Speranza, stavolta per il prossimo Ventennio, è questione di passare il Natale, con buona pace delle magliette deliranti e servili di Montesano.