Regione Lombardia, per Letizia Moratti cambio di schieramento alla ricerca del potere: il cattivo esempio dell'alta borghesia milanese
“E il modo ancor mi offende” fa dire Dante a Francesca, nel V canto dell’Inferno della Divina Commedia. Lo possiamo ripetere anche oggi, a distanza di centinaia di anni, a riprova che la natura dell’uomo e, in questo caso della donna, è sempre la stessa.
È sorprendente il modo con cui, al termine di una altalena durata alcune settimane, Letizia Moratti ha lasciato, dopo oltre trenta anni, la militanza nel centro destra, per ripiegare su una compagine, guidata da due leaders di centro sinistra, che potrebbe allargarsi anche al PD.
In politica e non solo in politica, raramente esistono debiti di riconoscenza. Quelli cioè che avevano portato la neocandidata alla Presidenza della Regione Lombardia, alla Presidenza della RAI, al Ministero della Pubblica Istruzione ed infine a Sindaco di Milano.
Non rieletta come primo cittadino, nonostante il successo di EXPO 2015, perché sconfitta da Giuliano Pisapia, la Moratti ha avuto una parentesi alla Presidenza dell’UBI, che ha dovuto lasciare dopo l’incorporazione della Banca, in Banca Intesa.
I maggiorenti del centro destra, circa due anni fa, l’avevano spinta ad accettare l’Assessorato alla Sanità, assistita da Guido Bertolaso, in un momento molto critico per la Lombardia, offrendole, sembra, la garanzia del subentro ad Attilio Fontana.
Qualcuno non è stato certamente ai patti. Sentire esternare però questo sgambetto pubblicamente, accompagnato dalla minaccia di passare in altri lidi, non credo sia stato un comportamento di stile.
Letizia Moratti rappresenta un simbolo femminile dell’alta borghesia milanese, che ha saputo coniugare una rilevante estrazione sociale, con un impegno imprenditoriale ed un impegno civico di tutto rispetto, in un percorso ineccepibile, costruito con la professionalità e con la laboriosità lombarda.
Una carriera ed una vita esemplari!
Il modo con cui la signora ha deciso ora di candidarsi con Azione nelle prossime elezioni in Lombardia, non è certamente in sintonia con il suo passato.
Qualunque esito avranno le prossime elezioni lombarde, rimane la macchia, di una nota personalità milanese, forse la più rappresentativa della città in campo femminile, non soddisfatta per ragioni di potere, dalla sua storica compagine politica, che passa in tutta fretta alla concorrenza, senza delineare obbiettivi, ideali, eventuali differenze di programmi e strategie.
L’unico obbiettivo dichiarato è stato infatti soltanto quello di insediarsi al vertice della Regione Lombardia. Troppo poco per un personaggio di tanto prestigio!
Si sono letti negli ultimi tempi fiumi di inchiostro sulle ragioni del distacco tra mondo politico e società civile, che hanno portato ad un grave assenteismo elettorale.
Oggi dobbiamo constatare, con profonda amarezza e delusione che, a tali cause di distacco, se ne è aggiunta una nuova.
Indipendentemente dalle scelte politiche in questione, tutte legittime, l’esempio infatti che ne emerge è però quello di un cattivo esempio, fornito da una esponente importante della classe dirigente milanese, cui guarda, più che altrove, tutto il paese.
“e il modo ancor mi offende” fa dire Dante a Francesca, nel V canto dell’Inferno della Divina Commedia.
Lo possiamo ripetere anche oggi, a distanza di centinaia di anni, a riprova che la natura dell’uomo e, in questo caso della donna, è sempre la stessa.
Di Pierfranco Faletti