L'intelligenza artificiale è lo specchio della decadenza politica e intellettuale
Vogliamo capire che gli eventi democraticamente drammatici di questi ultimi anni ci stanno portando al controllo totale sull'essere?
Visto il mio debole per la parola “indipendente”, inizio con grande piacere la collaborazione con questo giornale che ne assume la necessità.
La ghiotta occasione di dire qualcosa che spero possa risultare interessante, indipendente e non scontato, me la dà questo breve articolo di Paola Pisano, ex ministro per la transizione ecologica e la digitalizzazione del “Conte II”, apparso sul Corriere della Sera del 15 settembre scorso, dal titolo: “SE SCRIVE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE. Un articolo prodotto insieme con la IA”.
Il pezzo si distingue per un buon 30-40% di passaggi scritti in neretto, prodotti dalla IA, e da un’altra piccola percentuale in corsivo, scritti dalla IA e revisionati dall’autrice.
Insieme alla “macchina”, l’autrice ci informa come, grazie ai “foundation model” utilizzabili tramite due applicazioni prodotte dalla società OpenAI, fra i cui soci spicca l’ineffabile Elon Musk, sia riuscita “a «istruire» il sistema” sugli articoli che aveva scritto nell’arco dell’anno per lo stesso Corriere.
L’ex ministro e la macchina ci raccontano della possibilità, data da una delle due applicazioni dopo un allenamento su almeno 10 miliardi di parole e frasi, di “migliorare l’autocompletamento di qualunque tipo di testo o codice appartenente a qualunque settore. Dalla sanità, all’ambiente, all’educazione fino all’arte. […] Le ricadute sono molteplici. Scrittori, sceneggiatori, giornalisti, programmatori, illustratori, pittori, artisti, grafici e fotografi cambieranno il loro modo di lavorare”.
La prova che la ricaduta di tali “meraviglie” possa interessare non solo le burocrazie e gli ambiti necessitanti di calcoli più in senso stretto, ma anche il mondo dell’arte, ci viene da Jason M. Allen , che attraverso tali applicazioni avrebbe fatto in modo di “generare immagini così artistiche e uniche” da fargli “vincere il concorso artistico annuale della Colorado State Fair”.
La propaganda dell’ex ministro si conclude con questa fotografia idilliaca: “Le conclusioni, ossia il «cosa fare» costituiscono la parte più creativa dell’articolo, alla quale ho dedicato maggior impegno e attenzione. Senza il ricorso all’intelligenza artificiale”.
Vediamo a cosa si riferiva con “parte più creativa dell’articolo”: “Per mitigare le ricadute sulla società, aggiornarsi sullo stato dell’arte di questa tecnologia e sviluppare un’esperienza diretta sulle potenzialità dello strumento, sono sfide che i governi non dovrebbero ignorare [ehm… a proposito di “impegno e attenzione”: forse l’abbandono delle routine linguistiche, affidate alle macchine già mostra la fine che faremo in quanto a eleganza sintattica e scorrevolezza? Nda]. Istituire un laboratorio per sperimentare l’uso dell’Intelligenza artificiale nel settore pubblico potrebbe costituire, sul versante delle nuove tecnologie, un buon inizio anche per il governo italiano. La collaborazione tra le poche aziende proprietarie della tecnologia e i governi democratici è fondamentale. È ormai evidente quanto siano difficili da gestire per aziende e Paesi l’interesse e la sicurezza delle nazioni come i diritti sulle persone, se considerati in ritardo rispetto allo sviluppo tecnologico. Gli esempi non mancano, innanzitutto sui social network. Superare alcune barriere, aiutarci a guardare più lontano, indirizzando la nostra attenzione sulla parte di lavoro che è più piacevole, interessante e importante, saranno opportunità da cogliere per noi lavoratori”.
Ho riportato questo lungo estratto perché come al solito, quando si parla di tecnologia, soprattutto se di tipo “smart”, i disastri reali sono molti, troppo spesso non riconosciuti.
Questi “inconvenienti” si vanno ad aggiungere a quelli già presenti da anni, riconducibili a “tecniche” ritenute automaticamente migliorative.
Come esempio di ciò veniamo all’aspetto basilare, appunto linguistico- comunicativo: viviamo in un’epoca che ha visto il proliferare dei DSA (disturbi specifici dell’apprendimento, che avrebbero una causa di cui nessuno “stranamente” parla, come spiegato qui), a partire dal cosiddetto “analfabetismo funzionale”, ma ora, con la IA, sembriamo avviarci verso una nuova era di automutilazione di competenze, come se disabituarci ai basilari ferri del mestiere linguistico-espressivi, in qualsiasi disciplina, non possa comportare importanti ricadute negative.
Questo anche in campo artistico, apparentemente più “astratto”, almeno dal punto di vista intellettuale.
Siamo sicuri che perdere alcune “manualità”, la consuetudine con i fondamenti tecnico-espressivi, da lasciare stoltamente alle “macchine”, sia una svolta dal punto di vista creativo e intellettuale?
Siamo sicuri che allentare la presa con la realtà tecnica sia di giovamento al “pensiero”?
Poi abbiamo il problema politico, devastante sotto svariati punti di vista!
Intanto quello più generale, che oserei chiamare “sovranità tecnologica”: ormai non riflettiamo più sulle ricadute politiche della situazione che vede, per dirla con l’ex ministro, “poche aziende proprietarie della tecnologia”!
Perché la signora non ci dice che la proprietà e/o il controllo di queste è appannaggio dei pochissimi fondi speculativi che detengono anche una bella fetta del PIL mondiale, oltre a tutti gli asset occidentali più importanti, finanziari e non, insieme (alla faccia del tanto decantato nuovo “miraggio” multipolare) a generose quote delle più importanti industrie, banche e assicurazioni cinesi?
Vogliamo capire o no che gli interessi e la sicurezza delle nazioni, insieme ai nostri diritti, fatalmente considerati “in ritardo rispetto allo sviluppo tecnologico”, sono in mano a corporazioni globali e che l’auspicata “collaborazione” fra questi e i governi democratici è in realtà un totale asservimento delle società civili a tali entità sovranazionali che hanno nei cosiddetti “deep state” la loro “quinta colonna”?
Vogliamo capire che gli eventi democraticamente drammatici di questi ultimi anni ci stanno portando al controllo totale sull’essere?
Questo articolo mostra la cruda realtà sotto i nostri occhi: la nostra civiltà ha ormai da troppo tempo consolidato il suo appiattimento alla “tecnica”, impegnandosi ben bene a non vedere come questa possa non essere un evento ineluttabile.
Riguardo alle sue applicazioni potremmo dire molto, potremmo scegliere fin dove è lecito, quando fermare il suo flusso, quando riappropriarci della nostra sovranità, sia a livello personale, sia come nazione.
Non ne saremo certo capaci se continueremo a ragionare pensando solo a come “mitigare” le sue “ricadute sulla società”, parlando inoltre di diritti “sulle” persone, non “delle” persone, scambiando (forse inconsciamente?) una prerogativa con una comminazione.
Se non capiremo eticamente, politicamente e civilmente quante realtà diamo come scontate o ineluttabili, continueremo a far parte di quella “maggioranza silenziosa” inerme e tremolante all’idea di una nuova emergenza, buona per quel presepio di marionette cui le oligarchie della modernità ci vogliono costringere.
di Massimo Franceschini