Elezioni, il governo boccia la lista di Cappato. Che accusa: “Ricatto istituzionale”
La lista Referendum e democrazia era già stata esclusa perché formata con firme digitali. Oggi l’avvocatura di Stato ha respinto il ricorso: “Elezioni andrebbero rinviate”
Bocciata. Il governo ha respinto il ricorso di ammissione alle elezioni della lista Referendum e democrazia, guidata dal radicale Marco Cappato. Dopo l’esclusione della lista, presentata con la raccolta di firme digitali, era stato presentato un ricorso da parte dei legali di Referendum e democrazia. L’udienza si terrà lunedì 19 settembre al tribunale Milano, ma oggi, venerdì 16 settembre, il governo si è costituito contro l’ammissione della lista nonostante gli appelli affinché, per decreto, fossero accettate le firme raccolte tramite lo Spid.
Elezioni, il governo boccia la lista di Cappato. Che accusa: “Ricatto istituzionale”
La memoria depositata da parte dell’avvocatura dello Stato, hanno fatto sapere i ricorrenti, difende l’esclusione della lista ricordando che “le elezioni sono un complesso procedimento, con rigorose scansioni temporali che, in caso di accoglimento del ricorso, sarebbero completamente stravolte al punto da imporre di fissare una nuova data per la convocazione dei comizi elettorali. (…) Di fatto il provvedimento cautelare auspicato dai ricorrenti imporrebbe di differire lo svolgimento delle elezioni”. Insomma: l’appuntamento del 25 settembre, in caso di accoglimento del ricorso della lista di Cappato, dovrebbero essere rinviate. Questo il punto di vista del governo.
Elezioni, il governo boccia la lista di Cappato. Che accusa: “Ricatto istituzionale”
Cappato, da parte sua, ha accusato l’avvocatura dello Stato. “La memoria prende le mosse da un vero e proprio ricatto istituzionale, fondato su ritardi e omissioni del governo stesso, che interviene anche nel merito per contestare la validità della firma digitale”, ha detto al Fatto Quotidiano il leader della lista Referendum e democrazia. “In altri termini, il governo fa pendere sulla testa del giudice del tribunale di Milano la responsabilità dello spostamento delle elezioni, che però sarebbe solo e soltanto conseguenza dell’inerzia e dell’inanità del governo stesso. La nostra iniziale richiesta di un decreto che confermasse la validità della firma digitale anche per le elezioni, come per i referendum, era infatti datata 25 luglio, ma nessuna risposta è mai arrivata da allora, nemmeno alle 25 persone che hanno partecipato allo sciopero della fame insieme a Virginia Fiume per ben dieci giorni. Se il governo fosse intervenuto prima, non ci sarebbe stato alcun rischio di spostamento delle elezioni”.