Elezioni 2022, Rinaldi (MRE): "Un dovere aiutare l'Italia"
Intervista a Niccolò Rinaldi del Movimento Repubblicani Europei candidato al Senato in Emilia Romagna con il centrosinistra
Niccolò Rinaldi è un alto funzionario del Parlamento Europeo, dove attualmente è Capo dell’Unità Asia, Australia e Nuova Zelanda. Incaricato delle relazioni con l’Iran e i paesi dell’Asia centrale.
"Ho il doppio privilegio di essere italiano e anche di lavorare all’estero. Una condizione che non mi ha mai allontanato dal paese, anzi. E non solo perché con mia moglie abbiamo voluti che tutti i nostri tre figli nascessero qui e almeno un paio di anni della scuola d’obbligo li avessero in Italia, anche per imparare bene la lingua. Non solo perché da Bruxelles continuo da anni a mantenere contatti regolari con il mio paese, contatti di impegno civile come il volontariato (sono alpinista e da più di trenta anni soccorritore sulle poste da sci), di appartenenza attiva alla chiesa valdese, di lavoro letterario (ho appena pubblicato un altro libro su Firenze, tra l’altro con una prefazione di Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini). Ma anche perché penso sia un dovere – proprio un dovere, né più né meno – non arroccarsi nella propria vicenda professionale, pur così coinvolgente e ricca di soddisfazione, e cercare di aiutare l’Italia. Questo nostro amato, e spesso anche malridotto paese, ha bisogno di tante cose, e tra queste c’è anche di essere più europeo nei suoi servizi, nella sua politica, nei suoi comportamenti sociali, nella sua “offerta politica”. Perché, tanto per fare un esempio, spendiamo poco e male i miliardi di fondi europei che abbiamo a disposizione? Oppure, e questa è una cosa che ogni anno trovo assurda: ricomincia la scuola e ogni famiglia si deve sobbarcare una spesa esosa per i nuovi libri di testo. Pensiamo davvero che sia normale, che accada anche negli altri paesi? Mai sentito parlare di libri di testo digitali, dalle medie in su? Perché gli scherni devono essere utilizzati dai nostri ragazzi solo per i videogiochi e non per caricare libri di testo, o anche come succede in molte scuole europee, per compilare con i docenti dei nuovi testi ad hic a partire dalle inesauribili fonti di libero accesso in rete? In Italia invece si vedono ancora questi ragazzi con zainetti pesanti…
Certo, da italiano che vive all’estero ho tutt’altro che il mito su una perfezione delle società di altri paesi, perfezione che non esiste perché siamo tutti pieni di contraddizioni, ma sono anche consapevole che basterebbe poco – più sistema, trasparenza, onestà – e l’Italia sarebbe molto più forte. E per fare questo, certe cose le si vedono meglio da espatriato, con un occhio estero.
Quali sono i principali limiti del nostro paese?
Ad esempio quelle che sono le sette piaghe del paese, i nostri sette vizi capitali sui quali, dati alla mano, siamo tra gli ultimi nel mondo. Ricordiamo il catalogo.
· Il costo dell’evasione fiscale, dovuta anche a una selva di procedure e scadenze e un disequilibrio nella distribuzione del carico fiscale. Nell’UE, l’Italia è al primo posto (per evasione complessiva, 90 miliardi l’anno, e per evasione pro-capite: Wall Street Italia, 29 marzo 2019).
· 2) Il costo della corruzione (stimato in vario modo da meno di 50 a quasi 100 miliardi l’anno, con un indice di percezione che pone l’Italia al 22° posto nell’UE e prima in valori assoluti: Eurostat, 12 febbraio 2020). 3) Il ruolo dell’economia sommersa (circa il 12% del pil: Blastingnews, 15 ottobre 2019).
4) Il ruolo del crimine organizzato nell’economia (circa 100 miliardi di ricavi: Econopoly, Il Sole 24 ore, 22 giugno 2018, e un impatto negativo sull’economia che classifica l’Italia al 122° posto su 140 paesi a economia industrializzata: World Economic Forum, Global Competitiveness Report 2018). 5) Una burocrazia che per la sua complessità, lungaggine, e ritardi nella digitalizzazione rappresenta un freno allo sviluppo economico (classificata addirittura al 136° posto sui 140 paesi a economia industrializzati presi in esame: World Economic Forum, Global Competitiveness Report 2018)
· 6) Il costo di un ordinamento istituzionale non al passo con le esigenze di una competitività sempre più globale: un sistema bicamerale perfetto (unico caso nell’UE e quasi nel mondo: Centro Italiano Studi Elettorali dell’Università Luiss, 22 luglio 2014), un’articolazione di venti regioni, quasi ottomila comuni, autorità di bacino, consorzi di bonifica, e tanto altro.
7) La permanenza di privilegi che paiono quasi retaggi feudali a beneficio di varie “caste”: diseguaglianze negli emolumenti combinati del personale politico rispetto agli altri paesi europei, trattamenti pensionistici di alcune categorie di alti funzionari, numero di “auto blu”, e ancora... Pur con un impatto finanziario a volte trascurabile, alcuni di questi privilegi sono finiti sotto esame sulla stampa di alcuni paesi “frugali”.
Perché i Repubblicani Europei hanno scelto il PD?
Non è una scelta difficile. Ed è condivisa da molti repubblicani anche non “europei” – basti ricordare la posizione pubblica di Giorgio La Malfa, che il PD avrebbe tutto l’interesse a “sventolare”, o la scelta di esponente che posso considerare, spero senza sbagliare, di area repubblicana come Carlo Cottarelli.
La cultura politica repubblicana è da sempre la sinistra democratica del paese, portavoce delle “ragioni della sinistra” come diceva La Malfa. Il primo confronto è all’interno di questa area, che non abbiamo dato per scontato perché per noi un’alleanza politica a sinistra è un approdo a cui si deve arrivare. E così è stato: condividiamo la base programmatica lo spirito plurale, che ricorda un po’ quello dell’Ulivo, di questa lista dove non siamo “ospiti” ma, con tanto di atto notarile siglato da Luciana Sbarbati a nome dei Repubblicani Europei, co-intestatari del simbolo insieme al PD, ai socialisti a d Articolo 1.
Di questa casa comune siamo comproprietari ma abbiamo una stanza più piccola degli altri – le nostre forze sono più piccole ma non per questo meno battagliere, anzi. E significative: perché siamo comunque espressione di una cultura politica che da sempre guarda ai ceti produttivi, all’imprenditoria diffusa, al federalismo europeo, all’innovazione - tutti ambiti la cui rappresentanza che il PD deve fare attenzione a non regalare ad altri.
Ma c’è anche un’altra ragione. Questa pessima legge elettorale è congegnata in tale modo che anche chi non abbia la maggioranza dei voti possa avere un’ampissima maggioranza di seggi. Nei sondaggi il centro-destra, o meglio la destra-centro a trazione meloni e Salvini, appare favorita. Non si fa campagna elettorale sventolando la paura, ma certo, un loro governo pone incognite gravi per la tenuta economica, internazionale, sociale e anche ambientale dell’Italia. E questo sulla base di certi programmi di dichiarazioni che dicono una cosa e il loro contrario, e sulla storia politica dei principali artefici di questa coalizione.
Il discorso del voto utile è sempre antipatico, e io stesso l’ho spesso sfidato candidandomi alle europee per liste a cui (ricordo le dichiarazioni su Più Europa dello stesso Calenda quando era capolista del PD, per poi lasciare il partito due mesi la sua elezione…) si rinfacciava di costituire scelte elettoralmente sterili. Ma qua non decidiamo i nostri rappresentanti in Europa, e nemmeno i nostri amministratori locali, ma chi governerà per i prossimi cinque anni l’Italia, in una periodo di straordinaria difficoltà: una guerra alle porte, un’inflazione e un caro energia senza precedenti recenti, una crisi della natalità, un PNNR con immensi contributi europei da spendere bene e presto, un aumento delle povertà e delle disuguaglianze nel paese. E allor ava detto: qualsiasi voto che non vada alla coalizione guidata dal PD, piaccia o non piaccia, è un voto indiretto, magari involontario ma del tutto sostanziale, al successo di fratelli d’Italia e compagna cantando. Anche per questo per noi repubblicani europei, impegnarsi a fianco del PD e degli altri alleati, è, prima di qualsiasi altra considerazione, un dovere.