Spese militari, Mattarella sta con Draghi: verso il voto di fiducia sul riarmo

Nessuna intesa sulle spese per la Difesa tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e il leader del Movimento Giuseppe Conte. Il vero snodo sarà il voto sul Def ad aprile

Sulle spese militari il capo dello Stato Sergio Mattarella è in totale sintonia con il presidente del Consiglio Mario Draghi ed è possibile si vada verso un voto di fiducia se non si troverà una quadra con il Movimento 5 Stelle. È il bilancio di martedì 29 marzo, una delle giornate più agitate per il governo Draghi, visto che i rapporti tra l'esecutivo e la forza di maggioranza relativa in Parlamento non sono mai stati così fragili. Oggetto del contendere, le risorse investite dall'Italia sul riarmo e la Difesa. Il problema non è il se: l'Italia ha sottoscritto un impegno internazionale in sede Nato che la obbliga a portare le spese militari al 2% del Pil entro il 2024. Lo stesso Conte, ex premier e ora leader dei pentastellati, nelle sue due esperienze di governo ha aumentato del 17% la voce di bilancio dedicata alle spese militari, passando da 21 a 24,6 miliardi. Vediamo quindi qual è il nodo dello scontro politico.

Spese militari, Mattarella sta con Draghi

Il problema è la gradualità dell'impegno: per Conte destinare risorse ingenti alle spese militari significa sottrarre fondi per limitare la crisi economica che sta colpendo le famiglie e le imprese italiane, colpite dal caro bollette e da una crescita generale dell'inflazione. Draghi, invece, è irremovibile e intende rispettare gli impegni assunti di fronte al Patto Atlantico nel 2014. 

E su questo l'attuale premier è totalmente allineato al presidente della Repubblica, al quale non a caso ha riferito la situazione ieri pomeriggio dopo il teso incontro con Conte. Del resto, a cambiare posizione è stato il Movimento, che alla Camera due settimane fa ha approvato un ordine del giorno per portare le spese militari alla fatidica soglia del 2%, salvo poi cambiare linea nel passaggio al Senato. 

Spese militari, verso il voto di fiducia sul riarmo

Ad aumentare la tensione ci ha pensato un ordine del giorno presentato da Fratelli d'Italia nelle commissioni Esteri e Difesa, che il governo ha fatto proprio, spiazzando Conte e i suoi fedelissimi. Il messaggio è stato chiaro, nessuna disponibilità a una mediazione. È probabile che la stabilità di governo non vacilli giovedì, quando il decreto legge Ucraina arriva al Senato per il voto. Il testo, infatti, non comprende questo ordine del giorno. 

Ma il documento appare, appunto, come una dichiarazione di intenti netta: sul riarmo non si torna indietro e l'impegno verrà mantenuto e messo nero su bianco ad aprile nel Def, il documento di economia e finanza antipasto della legge di bilancio. È qui che, stando alla situazione attuale, l'esecutivo potrebbe decidere di porre la fiducia. A quel punto Conte sarebbe di fronte a un bivio: tornare sui suoi passi per privilegiare la stabilità di governo in un momento difficile dal punto di vista internazionale, oppure smarcarsi e cambiare per sempre la fisionomia del governo di unità nazionale.