Sardoni, LA7: “Strappo di Draghi? Chi pensa a un futuro politico ha una scarsa considerazione della sua psicologia”
Alessandra Sardoni, conduttrice del programma Omnibus in onda su LA7, a Il Giornale d’Italia: “La debolezza di Draghi risiede nella differenza di prospettiva: Mattarella ha davanti a sé altri sette anni, mentre lui meno di un anno. Anche se il Presidente della Repubblica non gradirebbe una rottura, non penso che il Premier possa restare indifferente di fronte a dossier importanti che rischiano di paralizzare il PNNR”
Con lo scoppio della crisi Russia-Ucraina e le dipendenze energetiche con l’Italia, il Mattarella bis e un probabile strappo di Draghi, stiamo vivendo una fase di debolezza che tocca molte realtà: dai partiti, fino al potere giudiziario. Marco Antonellis ha parlato di tutti questi temi con Alessandra Sardoni, giornalista e conduttrice del programma Omnibus su LA7, per Il Giornale d’Italia.
Putin tenterà l’affondo oppure sta tastando il terreno per capire se l’Europa è unita con l’America ed, eventualmente, agire più avanti?
«Difficile dirlo, ma da come si stanno muovendo Biden e Putin vedo che si tratta di una guerra mediatica con obiettivi politici. Certamente siamo di fronte ad una questione di grandissima importanza nella quale l’Italia cerca di avere un ruolo significativo. Infatti, siamo in attesa di sapere quando si terrà la visita in Russia di Draghi, invitato personalmente da Putin. Inoltre, per le dipendenze energetiche dell’Italia si tratta di un dossier cruciale, dove bisogna sapersi muovere in equilibrio fra tanti fattori. Nonostante Draghi abbia un rapporto fortissimo con gli Stati Uniti, il suo coinvolgimento nel ruolo di mediazione segna un passaggio ulteriore e delicato, in cui è importante osservare come si concretizzerà.
In questo momento la Francia con Macron sta svolgendo una funzione fondamentale, ma come diceva ieri Prodi ospite di Lucia Annunziata, una visita italiana potrebbe accadere in un momento importante».
A proposito di Draghi, in transatlantico qualcuno comincia a suggerire che a fine giugno, incassata la seconda tranche dei fondi europei, ci potrebbe essere la tentazione del rompete le righe. Come la pensi in proposito?
«Penso ci sia il rischio che sia Draghi stesso a determinare le condizioni per lo strappo, e non sottovaluterei l’aut aut che c’è stato la settimana scorsa. Lui non può accettar tutto e, prima o poi, dovrà affrontare uno scontro serio, soprattutto di fronte a dossier importanti che rischiano di paralizzare il PNNR con l’eccessivo numero di riforme per ottenere i soldi necessari.
Sergio Mattarella non gradirebbe una rottura, ma non penso che Draghi possa restare indifferente, soprattutto considerando che è uscito indebolito dalla partita del Quirinale. Molti degli esponenti che non lo volevano al tribunale pensano che dopo il 2023 potrebbe essere richiamato, ma non credo che lui abbia in mente un futuro politico. Anzi, chi la pensa in questo modo probabilmente ha una scarsa considerazione della sua psicologia».
Parlando del Mattarella bis, il mandato pieno rende il suo ruolo talmente forte da sbilanciare i poteri dello Stato verso il Quirinale. Considerando poi che Draghi è uscito indebolito dalla corsa al Colle, il Presidente diventa il baricentro della Repubblica, nonostante il potere forte in Italia dovrebbe risiedere nel capo del Governo. Come valuti questo cambio di equilibrio?
«A proposito dei poteri del Quirinale mi ha sempre convinto la metafora della fisarmonica: è un potere che dipende da quanto è forte il capo dell’esecutivo. Se c’è una debolezza lì, allora si rafforza il Presidente della Repubblica, e anche in questo caso non penso che le cose andranno diversamente. Credo, però, che aver dovuto fare una forzatura fino ad ottenere un secondo mandato sia un segno evidente di crisi della politica, ancora più della tanta temuta ascesa di Draghi al Quirinale. Inoltre, penso anche che Matterella si trovi in una trappola: se lui vuole difendere il ruolo del Quirinale, allora deve restare tutto il settennato, perché l’idea di una presidenza della repubblica a termine rappresenterebbe un’ulteriore ferita.
La debolezza di Draghi risiede nella differenza di prospettiva: Mattarella ha davanti a sé altri sette anni, mentre lui meno di un anno. Infatti, il Presidente del Consiglio potrà preoccuparsi del suo bilancio personale fino a luglio, quando i parlamentari raggiungeranno i loro obiettivi pensionistici. Questo scarto di prospettive conta molto in termini di gestione, a partire dalla possibilità di far riforme e convincere forze politiche, fino a tutto ciò che riguarda le nomine.
In ogni caso, se dovesse accadere, lo strappo avverrebbe a causa di qualcosa di significativo e sottolineando l’impossibilità di fare quello che serve al Paese. Stiamo vivendo una fase particolare caratterizzata da debolezza sotto molti punti di vista: debolezza dei partiti e delle forze politiche, del presidente del consiglio tecnico e del potere giudiziario. Per questo motivo, il Quirinale resta l’unico punto fermo istituzionale e un centro di potere».