Sindaco Milano, il no di Albertini fa infuriare Salvini: "Troppi veti, si è stancato"
La rinuncia dell'ex sindaco di Milano ad una sua nuova candidatura non piace a Salvini: "Albertini e Bertolaso erano i candidati giusti per vincere a Milano e Roma"
Il no di Gabriele Albertini alla sua candidatura a sindaco di Milano non è piaciuta a Matteo Salvini, leader della Lega. In particolare il suo disappunto è tutto per chi, all’interno della coalizione, ha posto troppi veti. “Sono mesi che cerco di costruire e unire il centrodestra in vista delle amministrative. A Roma e Milano avevamo i candidati giusti: Bertolaso e Albertini, ma altri hanno detto no per settimane e mesi e loro hanno perso la pazienza. Ora spero che chi non era d'accordo abbia proposte alternative, perché sia nella Capitale sia nel capoluogo lombardo possiamo e dobbiamo vincere. Entro poche settimane dobbiamo decidere”.
Sindaco Milano, Albertini dice no alla sua candidatura: ecco cosa ha scritto
Albertini, tramite una lettera sul quotidiano Libero, pubblicata questa mattina ha spiegato le sue motivazioni: “Grazie miei cari concittadini mi avete reso, per qualche giorno, davvero felice della vostra riconoscenza, del vostro grato ricordo. Stavo per cedere, per dire sì ma mi sono fermato davanti alla mia famiglia ‘bicellulare’ (siamo solo in due a vivere insieme) e a mia moglie non potevo infliggere un disagio, per lei così insopportabile, per un terzo quinquennio”.
“Dopo avervi ringraziato vi chiedo scusa miei cari concittadini, non ho corrisposto alle vostre attese, mi sono sottratto alle vostre richieste e ho preferito sperare di trascorrere, serenamente, con la mia famiglia, finché ci sarà salute, l'ultimo ottavo di vita media, dopo averne trascorsi sette, grazie anche a voi, con grandi soddisfazioni. Spero vorrete perdonarmi”.
“Matteo Salvini aveva presentato, in pubblico e da solo, la mia candidatura. Lo ringrazio. Nel propormi, ha superato le tante divergenze politiche. Gli avevo fatto presente le mie contrarietà, di carattere personale e familiare, ad accettare il gravoso compito: avrei rivissuto, da carnefice e vittima, quella nuova fattispecie di reato, ‘il sequestro di persona del consenziente’ (come avevo definito la vita del sindaco di Milano) e una sicura crisi coniugale, essendo mia moglie contrarissima, oltre a ridurre considerevolmente il mio reddito”.