Governo Draghi: Salvini e Zingaretti si incontrano ma la maggioranza è una polveriera

I Ieader della Lega e del Pd si sono incontrati all'insegna della collaborazione ma sono ancora tante le tensioni all'interno della maggioranza

Come ci si poteva aspettare, dopo gli entusiasmi iniziali, non è  durata molto la tregua armata all’interno del Governo nascente e, nonostante,  l’appello dello stesso Draghi a lasciare perdere i conflitti almeno fino al voto di fiducia, non si placano i malumori e le reciproche accuse all’interno della maggioranza che lo sostiene.

L’idea di Draghi è quella di sedare i malumori degli scontenti giocandosi la carta sottosegretari, che se ben utilizzata potrebbe fare assopire, almeno momentaneamente,  le tensioni.

I partiti stanno invocando un metodo di coordinamento tra i ministri e con le segreterie ed i gruppi: sembra destinata ad essere archiviata la stagione dei "capi delegazione". Questioni importanti di cui hanno parlato anche Matteo Salvini e Nicola Zingaretti. A spiegare quanto accaduto lo stesso leader leghista su ilfattoquotidiano.it, mentre Zingaretti a preferito tacere: "Abbiamo parlato di lavoro, del prossimo blocco dei licenziamenti, bisognerà parlare con le parti sociali". Voci di corridoio dicono che l’incontro non sia andato male e che ci sia la volontà di collaborare.

La tensione è, invece, particolarmente alta, sulla misure anti covid nonostante da Palazzo Chigi trapeli che la decisione di chiusura con gli impianti è stata concordata dal premier con il ministro della Salute Roberto Speranza. Proprio sulla salute i nodi da sciogliere sono due: in particolare il destino del supercommissario Domenico Arcuri, da tempo ormai bersaglio del centrodestra, e la composizione del Cts.

Intanto il premier proverà a giocarsi tutto puntando sulla coesione e sulla collaborazione tra ministri ma, al di là delle parole, le questioni da appianare sono innumerevoli: mercoledì in commissione alla Camera dovrebbero votarsi gli emendamenti di Azione, Iv e Lega per il blocco della riforma Bonafede sulla prescrizione, difesa a spada tratta dal M5s. A trovare una soluzione toccherà alla neo ministra Marta Cartabia.

Altro tasto fondamentale quello dei sottosegretari le cui nomine possono servire ad appianare certi malcontenti: sul piatto ci sono 40 deleghe, comprese quelle ai servizi segreti ed agli affari europei. La prima, probabilmente, Draghi potrebbe decidere di tenerla per sé, mentre la seconda è una tra le più ambite. Sicuramente alcuni sottosegretari saranno tecnici: tra i più papabili si parla di Mauro Masi all’editoria e Ernesto Ruffini alla riforma del fisco. Per quanto riguarda gli incarichi politici l’ipotesi che circola in queste ora è che verranno divisi così: 12 sottosegretari al M5s, 8 alla Lega, 6 o 7 a Pd e Fi, 1 o 2 a Iv o Leu.

I Dem dovranno anche sedare il malcontento delle loro donne, imbufalite per non avere ottenuto un ruolo da ministre: Zingaretti dovrà cercare di accontentarle anche se non sarà difficile conciliare questa scelta con la possibile conferma di alcuni viceministri come Antonio Misiani e Matteo Mauri all'Interno. Nel M5s si punta ad una delega sul Recovery e si chiede un posto per Vito Crimi alla Giustizia, Carlo Sibilia confermato all'Interno, Laura Castelli all'Economia, si parla inoltre del siciliano Giancarlo Cancelleri e di Luca Carabetta. Nella Lega tornano nomi come Nicola Molteni, Stefano Candiani, Claudio Durigon, Barbara Saltamartini. In Fi, dove si registrano ancora tensioni, si citano per lo più senatori come Pichetto Fratin, Caliendo, Malan, per riequilibrare i ministri-deputati.

A Palazzo Chigi intanto si è insediato lo staff del premier: è arrivato come capo di Gabinetto Antonio Funiciello e  confermato Roberto Chieppa come segretario generale. Non c'è ancora ufficialmente un portavoce ma nello staff dovrebbe comparire la capo della comunicazione di Bankitalia Paola Ansuini.