Rapporto Oms sull'Italia, è bufera: 'Mi chiese di falsificare la data'
Francesco Zambon, ricercatore dell'Oms: "Ho ricevuto dal direttore aggiunto Guerra minacce"
Alla fine anche Francesco Zambon ha potuto raccontare agli italiani la sua versione. Il ricercatore dell’Oms, il cui rapporto sulla risposta italiana alla prima ondata del Covid-19 era stato censurato dalla stessa organizzazione mondiale della sanità, è stato ospite da Massimo Giletti a Non è l’Arena. Qualche tempo fa era stato ospite della trasmissione anche Ranieri Guerra, numero due dell’organizzazione e considerato da Report colui che ha impedito la diffusione del documento dei ricercatori per non compromettere il suo rapporto personale con il Ministro della Salute Roberto Speranza. Invitando in studio il capo del team che ha analizzato, in maniera molto critica, il modo in cui lo Stato ha risposto al dilagare del contagio nei mesi primaverili di marzo e aprile, si è potuto finalmente sentire il parere di Zambon.
L’Oms aveva invocato l’immunità diplomatica per i ricercatori
Il tema analizzato è quello ormai noto a tutti. Come rivelato dalla Procura di Bergamo, l’Oms si era impegnata per evitare che i ricercatori testimoniassero davanti a magistrati orobici, sollevando per loro l’immunità diplomatica. A fare ancora più scalpore furono le mail rivelate da la stessa Report, in cui Ranieri Guerra spiegava in modo chiaro che l’Oms si fosse resa disponibile a fungere da “foglia di fico” per il Governo, evitando che Palazzo Chigi si attirasse le critiche dei cittadini per la gestione del Covid-19.
Il piano pandemico non aggiornato e la risposta “caotica” dell’Italia
Da Giletti è andato dunque in scena lo scontro, anche se non in contemporanea, tra i due italiani al centro di questa diatriba internazionale. I temi cruciali sono due: il fatto che il piano pandemico non sia mai stato aggiornato, ma bensì solo riconfermato, dal 2006 a oggi e il fatto che il rapporto definisse la risposta italiana al dilagare del contagio come “improvvisata, caotica e creativa”. Tornando sul contenuto delle mail, Zambon ha spiegato come “Quando ricevetti la mail con tono intimidatorio, pensai che Ranieri Guerra fosse in buona fede, e chiesi una verifica su tutti i piani pandemici dal 2006 ad oggi. Poi mi accorsi che non si trattava di buona fede - ha detto il ricercatore - si trattava di un copia e incolla. Guerra stava cercando di coprire o mi chiedeva di falsificare qualcosa in un periodo in cui lui era stato direttore per la Prevenzione, quindi io vedevo un conflitto d'interesse rispetto al ruolo che occupa oggi”.
Ed è proprio su questo aspetto che si focalizza l’attenzione dei magistrati. Al lavoro per capire se l’ondata di morti che ha colpito il nostro Paese sia stata, almeno in una certa misura, favorita dalla negligenza di chi avrebbe dovuto fare il proprio dovere, ecco che il fatto che l’Italia non avesse aggiornato i propri piani pandemici sicuramente ha un peso determinante per capire la vicenda. Guerra ha sostenuto che il piano fosse identico a quello del 2006 proprio perché da allora non è cambiato sostanzialmente nulla da un punto di vista epidemiologico, e che dunque la riconferma del piano rientrasse all’interno degli standard di comportamento. Su questo punto Zambon ci ha però tenuto a specificare che “Dal 2006 il quadro dell'influenza è cambiato eccome. Abbiamo avuto la pandemia nel 2009 e i piani pandemici si aggiornano sulle base delle conoscenze che si acquisiscono durante le risposte alle pandemie. È falso dire che non c'erano linee guida: c'erano nel 2009, 2013 e 2017".
Il comportamento ambiguo di Ranieri Guerra
A tenere banco ci sono poi altre questioni, tuttora in sospeso. Per quale motivo Ranieri Guerra, che tutto sapeva del rapporto già dal primo momento, visto che faceva parte di un team di coordinamento del lavoro, si è speso per censurare il documento che lui stesso aveva in precedenza approvato? “Non solo sapeva della pubblicazione, ma fu anche intervistato per un capitolo sulla linea di comando e controllo. È normale fosse informato perché era uno dei lavori dell'ufficio di Venezia" aggiunge Zambon, fugando qualsiasi tipo di dubbio. E come avrebbe fatto Speranza a venire a conoscenza di un rapporto dell’Oms, scritto da italiani in Italia, che minava ogni sbandierata certezza e ottimismo sulle capacità nostrane di gestire l’epidemia? Guerra avrebbe dovuto, sempre secondo Zambon, informare il Ministro, per consuetudine e “garbo istituzionale”. A quanto pare però non deve averlo fatto, anche secondo quanto sostiene lo stesso Guerra. Sta di fatto che dalle mail pubblicate da Report si evince in maniera chiara come la reazione di Speranza alla notizia della imminente pubblicazione del rapporto abbia portato alla sua rimozione.
Zambon ha anche ammesso di aver richiesto un colloquio con il direttore dell’Oms, Tedros, in persona, “a causa delle minacce che ho ricevuto da Guerra in merito ad alcuni punti”. Ritirare il rapporto appena pubblicato sarebbe stato, per Zambon, un grave danno di immagine per la reputazione della stessa Oms, titolando il messaggio al direttore “rischio catastrofico reputazionale per l’Oms”. Nessuno ha mai risposto alla mail del ricercatore.
A quanto pare dunque, la pubblicazione ha infastidito qualcuno al ministero della Salute a Roma, tanto che alla fine del rapporto le tracce erano completamente sparite. Sicuramente, tra coloro che hanno preso in maniera negativa la pubblicazione si trova Speranza, ma anche il presidente dell’Iss Brusaferro, secondo quanto ha raccontato lo stesso Zambon.