Export agroalimentare, prosegue il trend di crescita del Made in Italy per il 2025, ricavi verso i €70 miliardi (+5,7%)
Domanda Ue prevista in aumento fino al 9% entro fine 2025, mentre l’area extra-Ue si ferma al 4%; per Nomisma è necessario diversificare oltre i mercati tradizionali
L’export agroalimentare made in Italy prosegue la sua crescita nel 2025 e potrebbe per la prima volta superare la soglia dei 70 miliardi di euro a fine anno. La performance registrata a settembre, pari a +5,7% rispetto allo stesso periodo del 2024, rafforza l’ipotesi di un nuovo massimo storico per il comparto.
Un 2025 in forte accelerazione
I dati indicano che già nella prima parte dell’anno le vendite agroalimentari all’estero hanno mantenuto un ritmo sostenuto. L’aumento del 5,7% osservato a settembre conferma una dinamica espansiva che rende plausibile il raggiungimento, e il possibile superamento, della soglia dei 70 miliardi di euro, risultato che segnerebbe un passaggio rilevante per l’intero settore.
Le analisi Nomisma e le prospettive dei mercati internazionali
Secondo Nomisma, che ha presentato le proprie valutazioni durante la IX edizione del Forum Agrifood Monitor, la crescita dell’export agroalimentare italiano nel 2025 continuerà a essere sostenuta dai mercati dell’Unione Europea, dove la domanda potrebbe aumentare fino al 9% entro fine anno. Grazie ai risultati conseguiti negli ultimi anni, l’Italia si conferma infatti tra i protagonisti globali dell’agrifood: l’export del 2024 ha raggiunto 67,2 miliardi di euro, posizionando il Paese al nono posto mondiale per valore complessivo e al secondo posto per crescita nell’ultimo quinquennio, con un avanzamento del 55%. Tuttavia, Nomisma segnala come il mercato resti fortemente concentrato, poiché Germania, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Spagna rappresentano da soli circa la metà dell’export complessivo, evidenziando una dipendenza significativa da pochi partner commerciali. L’istituto ritiene quindi necessario rafforzare la presenza in nuovi mercati ad alto potenziale, tra cui Messico, Corea del Sud, Australia e Brasile, per aumentare la resilienza del Made in Italy e ridurre i rischi legati alla concentrazione geografica delle vendite.