Il Nord-Ovest italiano delle utility genera €10 miliardi di valore, 24mila addetti e 34 milioni di presenze turistiche in crescita

Con 114 imprese associate e €1,3 miliardi di investimenti nel 2023, l’area registra una raccolta differenziata al 67% e una produzione di rifiuti di 512 kg pro capite, spinta anche dal turismo

ll Nord-Ovest italiano, composto da Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, si conferma un’area strategica per l’economia nazionale, grazie a un sistema produttivo dinamico, un forte orientamento all’export e un comparto dei servizi pubblici locali sempre più strutturato. Con 255 miliardi di euro di PIL, 5,9 milioni di abitanti e oltre 530mila imprese, il territorio rappresenta circa il 10% del sistema economico italiano, mostrando al contempo una vocazione manifatturiera e innovativa superiore alla media del Paese. Le analisi condotte da Intesa Sanpaolo evidenziano inoltre una crescita costante del turismo, che nel 2024 ha superato 34 milioni di presenze, con un aumento del 19% rispetto al 2008, guidato soprattutto dal Piemonte.

All’interno di questo quadro, il settore delle utility riveste un ruolo cruciale per competitività, sostenibilità e coesione sociale. Il primo Rapporto Confservizi Nord Ovest evidenzia come le 114 imprese di acqua, rifiuti, energia e TPL generino €10,1 miliardi di valore della produzione, pari al 3,2% del PIL regionale, e impieghino quasi 24mila lavoratori, mobilitando ogni anno oltre €1,3 miliardi di investimenti tra infrastrutture idriche, reti energetiche e mobilità sostenibile.

A questo si affianca la lettura strategica fornita dal presidente di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, che nel documento di indirizzo presentato a Torino sottolinea come il Nord-Ovest rappresenti una vera e propria “industria dei servizi pubblici locali”. Il territorio, infatti, mostra alcuni tratti di eccellenza che lo posizionano al di sopra della media nazionale: una governance più solida, una raccolta differenziata stabile al 67%, oltre il target del 65%, e un ruolo guida nel teleriscaldamento, con circa 70 reti attive e oltre 110 milioni di metri cubi di volumetria riscaldata, di cui il solo Piemonte copre quasi un quarto del totale nazionale.

Tra le best practice più significative emergono grandi opere infrastrutturali come l’Acquedotto della Valle Orco, progettato per garantire resilienza idrica in caso di siccità, e il depuratore di Cornigliano, che integra sensoristica IoT, recupero energetico e riduzione dei fanghi. Sul fronte rifiuti, il termovalorizzatore di Torino, collegato al sistema di teleriscaldamento, rappresenta un modello di integrazione tra economia circolare e produzione di energia da fonti di recupero.

Non mancano, tuttavia, nodi strutturali da sciogliere. Secondo Dal Fabbro, il primo riguarda il gap di investimenti nel settore idrico, stimato in oltre €3,5 miliardi entro il 2035, necessari per adeguare acquedotti, fognature e depurazione alle nuove direttive europee. A ciò si aggiunge la frammentazione delle gestioni: su 12 ATO istituiti, solo 5 hanno realizzato una governance pienamente integrata su tutto il ciclo idrico, rallentando la capacità di programmazione e la competitività industriale.

Sul fronte rifiuti, il deficit impiantistico rappresenta una criticità urgente. Le tre regioni contano 20 discariche con una capacità residua di 9 milioni di tonnellate, già saturate per oltre il 70%, e per completare il ciclo dell’indifferenziato servono circa €900 milioni di nuovi impianti. Parallelamente, il trattamento dell’organico mostra un gap di 50mila tonnellate previsto al 2035, nonostante l’aumento atteso dell’intercettazione fino a 140 kg per abitante. La pianificazione, osserva Dal Fabbro, non può più essere solo regionale: servono strategie di macroarea, in grado di coordinare TLR, impiantistica per organico, logistica e recupero energetico.

A questo scenario si aggiunge un ulteriore fattore critico: la transizione demografica. Le tre regioni perderanno il 4,4% della popolazione entro il 2043, con un aumento dell’indice di dipendenza degli anziani da 44 a oltre 63 ogni 100 persone in età attiva. Ciò significa che le utility dovranno sostenere investimenti miliardari con una base tariffaria potenzialmente più ridotta, mentre crescono le esigenze di accessibilità, trasporto pubblico e servizi di prossimità. Da qui l’esigenza, sottolineata dal presidente di Utilitalia, di un “nuovo patto tra istituzioni, regolatore e operatori” che concepisca acqua, rifiuti, energia e mobilità non come comparti separati, ma come un’unica infrastruttura strategica per la qualità della vita e la competitività del Nord-Ovest nei prossimi vent’anni.

Nel complesso, il Nord-Ovest dispone di solide competenze industriali, una governance avanzata e casi di eccellenza nei servizi pubblici locali, ma deve affrontare tre sfide decisive: colmare il divario negli investimenti, soprattutto nel settore idrico, completare la filiera impiantistica dei rifiuti in un contesto di discariche prossime alla saturazione e capacità di trattamento dell’organico ancora insufficiente, e governare una transizione demografica che ridurrà la popolazione attiva aumentando la pressione sulla sostenibilità tariffaria. Il PNRR ha accelerato interventi importanti, ma il futuro richiede una programmazione sovraregionale più robusta, investimenti continui e una visione capace di integrare acqua, rifiuti, energia e mobilità in un unico ecosistema infrastrutturale. Solo così il territorio potrà consolidare il proprio ruolo di motore economico e garantire servizi pubblici locali adeguati alle sfide dei prossimi decenni.