PMI con alto punteggio ESG crescono del 17%, grandi aziende più presenti nelle fasce alte (+24%), settori performanti in aumento
Sostenibilità al centro delle strategie aziendali e finanziarie, 70% delle grandi imprese nelle classi ESG più alte, 76% dei finanziamenti verso aziende con un’elevata adeguatezza ESG, l’ITC tra i settori più virtuosi
Il tessuto imprenditoriale e finanziario italiano sta ad oggi rafforzando il proprio impegno verso la sostenibilità. Nel 2024, grandi aziende e PMI hanno registrato significativi miglioramenti nell’adeguamento ai criteri ESG (Environmental, Social e Governance), mentre il settore bancario continua a favorire l’accesso al credito per le imprese più virtuose. È quanto emerge dall’ultimo ESG Outlook di CRIF, l’osservatorio annuale sulla sostenibilità. “I dati dell’ESG Outlook 2025 mostrano come la sostenibilità sia ormai entrata nelle strategie aziendali e finanziarie” commenta Marco Macellari, CEO di CRIF Synesgy Ratings. “Le imprese stanno rafforzando la propria consapevolezza ESG, mentre il sistema bancario svolge un ruolo sempre più attivo nel sostenere e incentivare questo percorso, premiando con maggior credito chi investe in pratiche e modelli di business sostenibili”.
Nel 2024 oltre il 70% delle grandi aziende italiane si colloca nelle due classi più alte di score ESG (“Alto” e “Molto Alto”), con un incremento di circa 24 punti percentuali rispetto all’anno precedente, mentre si riduce di 6 p.p. la quota di imprese con i punteggi peggiori (che si attesta al 4% del totale). In termini di credito, circa il 76% dei finanziamenti verso le grandi imprese riguarda aziende con un’elevata adeguatezza ESG, con un aumento di oltre 20 punti percentuali rispetto al 2023.
Anche le PMI, pur partendo da una base meno strutturata, mostrano una crescita altrettanto significativa: le piccole e medie imprese con adeguatezza ESG elevata sono infatti aumentate di 17 punti percentuali, mentre quelle con punteggi bassi sono diminuite di 11 p.p.. Anche la distribuzione del credito riflette questa tendenza: nel 2024 circa il 39% dei finanziamenti destinati alle PMI sono stati erogati a imprese con buoni livelli di sostenibilità (“Alto” e “Molto Alto”), contro poco più del 25% dell’anno precedente.
La CSRD come leva per la sostenibilità
La rendicontazione non finanziaria si conferma uno dei principali fattori di accelerazione nel percorso verso la sostenibilità. Le analisi dell’ESG Outlook mostrano infatti che le imprese soggette alla CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) presentano livelli medi di adeguatezza ESG nettamente superiori rispetto a quelle che non pubblicano il report di sostenibilità.
Nel 2024, infatti, il 77,6% delle aziende soggette alla CSRD si colloca nelle classi di adeguatezza più elevate (“Molto Alto” o “Alto”), a fronte del 46% delle imprese che non pubblicano report di natura non finanziaria. Specularmente, meno del 4% delle aziende soggette alla CSRD presenta uno score ESG “Basso” o “Molto Basso”, mentre la quota sale a oltre il 25% per quelle prive di rendicontazione. Questi risultati dimostrano come la trasparenza nella comunicazione degli impatti ambientali, sociali e di governance si traduca in una maggiore consapevolezza interna e in un impegno più strutturato verso pratiche sostenibili.
Sostenibilità, la chiave per la valutazione del merito creditizio
L’integrazione dei fattori ESG nei processi di credito sta diventando un elemento chiave per la valutazione del rischio e del merito creditizio. Le autorità di vigilanza europee spingono sempre più verso l’inclusione di questi parametri nei sistemi di rating, riconoscendo che le imprese con un profilo di sostenibilità elevato tendono a essere anche più solide e resilienti. L’analisi condotta da CRIF evidenzia con chiarezza questa correlazione. A parità di score creditizio, la rischiosità delle aziende cresce al diminuire del livello di adeguatezza ESG: tra le imprese con score creditizio basso o medio-basso, il tasso di default può risultare fino al 70% più elevato passando da un profilo ESG “Alto” a uno “Basso”.
Non a caso, i finanziamenti caratterizzati da un’elevata adeguatezza ESG presentano nel 2024 un tasso di default inferiore del 25,3% rispetto alla media, che relativamente i soli nuovi crediti arriva al -31%. Al contrario, i finanziamenti associati ai peggiori score ESG registrano un tasso di default superiore del 2,7% alla media, con un incremento quasi triplo rispetto all’anno precedente.
I settori più virtuosi
L’analisi conferma che nel 2024 la maggior parte dei settori italiani ha registrato un miglioramento del proprio profilo ESG rispetto all’anno precedente. Il trend positivo è diffuso, ma con differenze significative tra i vari comparti, a testimonianza di una transizione che procede a velocità diverse.
Guidano la classifica con la migliore adeguatezza (score ESG medi più bassi) i settori ITC (Information & Communication Technology)-media-telecomunicazioni, meccanica strumentale e tessile e abbigliamento, comparti che hanno beneficiato di investimenti in tecnologie efficienti, digitalizzazione e innovazione sostenibile. Queste realtà stanno dimostrando una crescente capacità di integrare la sostenibilità nei processi produttivi, nella gestione delle risorse e nelle catene di fornitura.
All’estremo opposto, tra i comparti in difficoltà si trovano agricoltura, alimentare, bevande e tabacco, e mining - oil & gas, che presentano i valori medi di score ESG più elevati e quindi performance meno adeguate. In particolare, l’agricoltura non solo mantiene una posizione critica, ma mostra anche un peggioramento rispetto al 2023, segno delle difficoltà nel ridurre le emissioni e adottare pratiche più sostenibili.
“L’analisi evidenzia una crescita simultanea della quota di imprese virtuose e dei flussi di credito a loro destinati” conclude Macellari. “Oggi una fetta molto importante delle grandi aziende e delle PMI presenta un’elevata adeguatezza ESG, mentre i finanziamenti verso queste realtà mostrano tassi di default inferiori di oltre il 25% rispetto alla media. È la prova che sostenibilità e solidità finanziaria stanno convergendo: le banche non solo riconoscono il valore di chi investe in pratiche responsabili, ma orientano in modo strutturale le risorse finanziarie verso chi rappresenta il futuro competitivo del sistema imprenditoriale italiano”.