Delfin senza accordo tra gli otto eredi Del Vecchio, che hanno il 12,5% ciascuno; stop al trasferimento delle quote e crescono le tensioni sulla governance

In assemblea respinta la proposta dei figli Luca e Clemente di spostare il loro 12,5% in una società separata per renderlo bancabile; Milleri invita alla calma e a una soluzione condivisa, mentre i contrasti familiari pesano sulla stabilità della holding

Delfin, la holding lussemburghese che riunisce gli otto eredi di Leonardo Del Vecchio con partecipazioni del 12,5% ciascuno, non ha trovato un accordo nell’assemblea straordinaria convocata da Luca e Clemente Del Vecchio.

I due figli più giovani puntavano a trasferire la loro quota in una società separata, così da poterla rendere bancabile tramite pegno, superando il vincolo statutario che impedisce la concessione di garanzie sulle partecipazioni. Un’operazione dal valore potenziale superiore ai 6,25 miliardi, legato agli asset di Delfin in EssilorLuxottica, Generali, Unicredit, Mps e Covivio.
Alcuni soci si sono tuttavia opposti, come già accaduto per la richiesta di Rocco Basilico di spostare un proprio 0,4%. Nel corso della riunione è emersa nuovamente la necessità di una soluzione condivisa, più volte auspicata dal presidente Francesco Milleri, che invita alla coesione per tutelare stabilità e reputazione della holding. Le tensioni interne, infatti, rischiano di ripercuotersi sugli investitori e sulle società partecipate, mentre a tre anni dalla morte del fondatore le dispute ereditarie e le cause incrociate continuano a moltiplicarsi.