Crédit Agricole valuta una fusione con Banco Bpm, Gavalda apre allo scenario: "Se dovesse esserci una proposta la esamineremmo con la massima attenzione"

Dopo l’aumento della partecipazione al 30%, il gruppo francese esamina l’ipotesi di integrazione con Banco Bpm mentre presenta il Piano 2028, che punta a far crescere l’Italia fino al 20% degli utili del Gruppo CASA

Olivier Gavalda, Amministratore Delegato di Crédit Agricole,  ha dichiarato:“Seguo con grande attenzione le possibili opzioni di fusione con Banco Bpm dopo aver aumentato la partecipazione nella banca italiana”. Nel frattempo l’istituto bancario francese ha presentato il nuovo piano industriale al 2028 in cui vede l’Italia crescere come incidenza dell’utile netto del Gruppo Casa fino al 20%.

Le dichiarazioni dell’ad Gavalda

Durante un’intervista al quotidiano francese Le Figaro Gavalda  ha spiegato:“Se Banco Bpm ci proponesse una fusione con Crédit Agricole Italia, esamineremmo la proposta con la massima attenzione”. E sulla posizione del governo italiano ha commentato: “Crédit Agricole è un attore storico, molto radicato sul territorio, e sosteniamo l’economia italiana”. 

Il Gruppo francese sta valutando diverse opzioni strategiche dopo aver alzato la partecipazione nel Banco al 30%. L’istituto bancario starebbe lavorando con Deutsche Bank eRothschild per esplorare una possibile fusione tra Banco Bmp e le attività italiane di Crédit Agricole. 

Le dichiarazioni arrivano mentre Gavalda, alla guida del gruppo dallo scorso maggio, presenta un nuovo piano strategico che punta su una forte espansione internazionale, con l’Italia in prima linea. Crédit Agricole è già il maggiore azionista di Banco Bpm.

Il CEO del gruppo milanese, Giuseppe Castagna, ha indicato Crédit Agricole e Mps come "le due opportunità più evidenti" per un’operazione di consolidamento nel settore bancario italiano. Secondo Bloomberg, una possibile integrazione tra Banco Bpm e le attività italiane di Crédit Agricole potrebbe portare il gruppo francese a detenere una quota compresa tra il 30% e il 40% nella nuova entità risultante dalla fusione.