Lavoro e demografia al 2050: il tasso di attività sale al 73,2%, ma la popolazione tra i 15 e i 64 anni scende sotto i 30 milioni

Entro il 2050 la quota di popolazione in età lavorativa scenderà al 54,3%, mentre il tasso di attività salirà al 73,2%, trainato dall’aumento della partecipazione femminile e delle fasce di età più avanzate

Il progressivo invecchiamento della popolazione rappresenta una delle trasformazioni demografiche più significative in atto in Italia e molti altri Paesi sviluppati. Questo processo comporta, oltre all’aumento dell’età media, un cambiamento profondo nella composizione della società: le fasce più anziane diventano sempre più numerose rispetto a quelle in età lavorativa.

Le implicazioni sul mercato del lavoro sono rilevanti. La diminuzione della popolazione tra i 15 e i 64 anni — considerata la fascia “attiva” della popolazione — comporta un potenziale calo dell’offerta di forza lavoro. Meno persone in età lavorativa significano meno lavoratori disponibili, con conseguenze sulla capacità produttiva generale e sulla sostenibilità dei sistemi pensionistici e di welfare. Inoltre, l’allungamento della vita media fa sì che sempre più persone restino attive oltre i 65 anni, grazie all’innalzamento graduale dell’età pensionabile, ma anche per scelta o necessità economica.

L’invecchiamento della popolazione si intreccia inoltre con altri fattori sociodemografici: il progressivo calo delle nascite riduce l’ammontare di popolazione che può entrare nel mercato del lavoro una volta superata la fase della formazione; l’aumento del livello di istruzione tra i giovani, a sua volta, ritarda l’ingresso nel mondo del lavoro, contribuendo ulteriormente al restringimento della “fascia centrale” della forza lavoro, quella su cui si regge il sistema economico e produttivo di un paese.

L’Istat ha sviluppato un modello di tipo statico che, utilizzando i dati sul mercato del lavoro e tenendo conto della normativa pensionistica e delle tendenze dei tassi di scolarizzazione, realizza per l’Italia una previsione dei tassi di attività per genere, fasce d’età quinquennali e ripartizione geografica e li applica alle previsioni della popolazione, stimando l’andamento futuro delle Forze di lavoro fino al 2050.

Tali informazioni sono di sicuro rilievo per stimare la capacità di mantenere nel tempo un equilibrio sostenibile del sistema economico e sociale, tenendo conto delle profonde trasformazioni demografiche in corso. Come per ogni altro esercizio previsivo, è opportuno ricordare che i dati presentati vanno considerati con cautela, soprattutto nel lungo periodo. Le previsioni delle forze lavoro sono, infatti, tanto più incerte quanto più ci si allontana dall’anno base di partenza. Va anche sottolineato che le previsioni rappresentano un esercizio di tipo what-if, sono cioè elaborazioni nelle quali i calcoli effettuati mostrano una particolare evoluzione delle forze lavoro che è strettamente legata alle specifiche ipotesi adottate.

Tasso di attività in aumento: +6,6 punti percentuali al 2050

Le forze di lavoro comprendono l’insieme delle persone occupate e di quelle in cerca di occupazione, cioè la parte della popolazione che partecipa attivamente al mercato del lavoro. Un concetto chiave è il tasso di attività, che misura la quota di popolazione attiva (forze di lavoro) rispetto alla popolazione complessiva in età lavorativa, indicando la propensione delle persone a partecipare al mercato del lavoro. Questo indicatore dipende da fattori demografici, economici e sociali, come l’età, il genere, il livello di istruzione oltre che da fattori strettamente contingenti legati al ciclo economico.

Attraverso l’analisi dei trend storici e dei cambiamenti strutturali (demografici e normativi), l’esercizio previsivo consente di stimare come evolveranno, nel medio-lungo periodo e al netto di fattori contingenti, dimensione e composizione delle forze di lavoro.

Dall’inizio degli anni Duemila, la quota di popolazione residente di 15-64 anni sul totale della popolazione si è ridotta dal 66,7% nel 2004 al 63,5% nel 2024 (-3,2 punti percentuali) e si prevede che scenderà al 54,3% nel 2050 (-9,1 punti percentuali rispetto al 2024). In questo stesso periodo, per gli uomini la quota di 15-64enni è scesa dal 68,6% nel 2004 al 65,2% nel 2024 e arriverà a 57,1% nel 2050; le donne in età lavorativa sono diminuite da 64,9% a 61,8% e raggiungeranno il 51,6% della popolazione femminile nel 2050.  

ben noto rapporto tra i sessi alla nascita favorevole agli uomini ma anche a una più elevata componente maschile nelle immigrazioni dall’estero registrate negli ultimi 20-25 anni. Il fatto che se ne preveda una riduzione è conforme alla prospettata crescita della speranza di vita, che consentirà alle generazioni dei boomers (1961-1976), di transitare dalle età tardo adulte di oggi a quelle anziane di domani.

Il tasso di attività totale della popolazione di 15-64 anni, invece, è salito dal 62,5% del 2004 al 66,6% del 2024. Tale incremento è stato trainato soprattutto dalla maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro. Nonostante questi progressi, l’Italia continua comunque a registrare tassi di attività inferiori rispetto ad altri grandi Paesi europei, come Francia e Spagna, con un tasso pari al 74,5%, e Germania, con oltre l’80%.

Nel 2024 si osserva una marcata disparità tra uomini e donne a livello nazionale: il tasso di attività maschile si attesta al 75,6%, mentre quello femminile è pari al 57,6%, con un divario di 18 punti percentuali. Tale differenza riflette una partecipazione femminile al mercato del lavoro storicamente più contenuta, influenzata da fattori culturali, sociali e strutturali. Tuttavia, tale differenza si è ridotta nel corso del tempo e nel 2004, infatti, i tassi di attività risultavano rispettivamente pari al 74,3% e al 50,8%, per una differenza pari a 23,5 punti percentuali.

Nel corso degli anni si prevede una crescita del tasso di attività totale, che nel 2050 raggiungerebbe il 73,2%, più sostenuta per la componente femminile (+9 punti percentuali) rispetto a quella maschile (+3,7 punti percentuali), comportando un ulteriore avvicinamento tra i generi. Nel 2050 il divario rimane comunque significativo, con valori pari al 79,3% per gli uomini e al 66,5% per le donne. 

La crescita prevista del tasso di attività non sarà uniforme su tutto il territorio italiano, rilevandosi alcune disparità, in particolare tra Centro-Nord e Mezzogiorno (Figura 2).

Il Nord-ovest e il Nord-est presentano una traiettoria di crescita simile. Grazie a un previsto incremento rispettivamente di 5,6 e 5,2 punti percentuali, al 2050 si attestano entrambi intorno a un tasso di attività pari al 78%. Il Centro, che nel 2024 presenta valori del tasso di attività leggermente inferiori (70,6% contro il 73,1% del Nord-est e il 72,3% del Nord-Ovest), evolve in futuro convergendo gradualmente ai livelli del Nord, raggiungendo nel 2050 un valore pari al 77,5%.

Il Mezzogiorno, pur presentando una crescita paragonabile a quella del Nord Italia (+5,8%), nel 2050 potrebbe arrivare a una quota di popolazione attiva pari al 61,9%, mantenendo inalterata la distanza dalle altre ripartizioni.

Diminuiscono le forze di lavoro ma meno della popolazione inattiva

Nonostante il previsto aumento dei tassi di attività, la dimensione della popolazione attiva subirà un calo, tanto per gli uomini quanto per le donne.

Le tendenze previste per la popolazione costituiscono un driver fondamentale di analisi, a prescindere dalle specifiche ipotesi condotte sulla partecipazione al mercato del lavoro. La Figura 3 mostra l’evoluzione prevista dal 2024 al 2050 per la popolazione residente di età compresa tra i 15 e i 64 anni in base alla condizione professionale e al sesso. I dati evidenziano un cambiamento graduale ma sostenuto nel mercato del lavoro, determinato principalmente dall'invecchiamento e dal calo della popolazione.

Si prevede, innanzitutto, che la popolazione di età 15-64 anni diminuisca costantemente (da 37,2 milioni nel 2024 a meno di 30 nel 2050, un decremento del 21%), con un calo più marcato per quella femminile: gli uomini passeranno da circa 18,7 milioni nel 2024 a 15,5 nel 2050 (-17%) e le donne da 18,6 a 14 milioni (-24,4%). All'interno di questo calo demografico, la popolazione attiva (occupati e disoccupati) subirà una riduzione più contenuta rispetto a quella complessiva: i maschi attivi scenderanno da 14,1 a 12,3 milioni, mentre le donne attive da 10,7 a 9,3 milioni (circa -13% per entrambi i sessi). A subire la diminuzione più pronunciata sarebbero quindi gli individui non attivi, soprattutto donne, la cui popolazione scenderebbe da 7,9 a 4,7 milioni (-40,3%). Tra gli uomini, invece, si prevede una riduzione di -29,6% tra gli inattivi che passano da 4,5 a 3,2 milioni.

Nell’evoluzione della popolazione attiva persistono ampi divari territoriali, oltre che di genere, pur in un quadro di convergenza. Nel Nord-ovest e nel Nord-est gli uomini attivi scendono di circa il 6%, passando rispettivamente da quasi 4 a 3,7 milioni e da 2,9 a 2,7 milioni.  Al Centro la riduzione è più netta (-12%, da 2,9 a 2,5 milioni) ma è nel Mezzogiorno che, pur partendo dall’ammontare più alto, la flessione è più forte (-25%, da 4,4 a 3,3 milioni). Anche le donne seguono lo stesso andamento: -7% nel Nord-ovest, -9% nel Nord-est, -12% al Centro e -23% nel Mezzogiorno.

Ancora più forte è il calo degli inattivi, che avviene in tutte le aree geografiche del Paese, ma anche qui con intensità diverse: il Mezzogiorno registra i valori più elevati di inattività, mentre Nord e Centro mostrano livelli più contenuti e relativamente simili. Inoltre, nel Mezzogiorno le donne presentano livelli di inattività nettamente superiori agli uomini, riflettendo la minore partecipazione femminile in quest’area territoriale.

Al Nord-est e al Nord-ovest gli uomini inattivi diminuiscono di circa un quarto (-24% e -25%), le donne di oltre un terzo (-35% e -34%). Al Centro il divario si allarga: -29% per gli uomini contro -45% per le donne. Nel Mezzogiorno la riduzione resta forte per entrambi i sessi, -35% e -43%.

Diminuiscono le forze di lavoro ma meno della popolazione inattiva

Nonostante il previsto aumento dei tassi di attività, la dimensione della popolazione attiva subirà un calo, tanto per gli uomini quanto per le donne.

Le tendenze previste per la popolazione costituiscono un driver fondamentale di analisi, a prescindere dalle specifiche ipotesi condotte sulla partecipazione al mercato del lavoro. La Figura 3 mostra l’evoluzione prevista dal 2024 al 2050 per la popolazione residente di età compresa tra i 15 e i 64 anni in base alla condizione professionale e al sesso. I dati evidenziano un cambiamento graduale ma sostenuto nel mercato del lavoro, determinato principalmente dall'invecchiamento e dal calo della popolazione.

Si prevede, innanzitutto, che la popolazione di età 15-64 anni diminuisca costantemente (da 37,2 milioni nel 2024 a meno di 30 nel 2050, un decremento del 21%), con un calo più marcato per quella femminile: gli uomini passeranno da circa 18,7 milioni nel 2024 a 15,5 nel 2050 (-17%) e le donne da 18,6 a 14 milioni (-24,4%). All'interno di questo calo demografico, la popolazione attiva (occupati e disoccupati) subirà una riduzione più contenuta rispetto a quella complessiva: i maschi attivi scenderanno da 14,1 a 12,3 milioni, mentre le donne attive da 10,7 a 9,3 milioni (circa -13% per entrambi i sessi). A subire la diminuzione più pronunciata sarebbero quindi gli individui non attivi, soprattutto donne, la cui popolazione scenderebbe da 7,9 a 4,7 milioni (-40,3%). Tra gli uomini, invece, si prevede una riduzione di -29,6% tra gli inattivi che passano da 4,5 a 3,2 milioni.

Nell’evoluzione della popolazione attiva persistono ampi divari territoriali, oltre che di genere, pur in un quadro di convergenza. Nel Nord-ovest e nel Nord-est gli uomini attivi scendono di circa il 6%, passando rispettivamente da quasi 4 a 3,7 milioni e da 2,9 a 2,7 milioni.  Al Centro la riduzione è più netta (-12%, da 2,9 a 2,5 milioni) ma è nel Mezzogiorno che, pur partendo dall’ammontare più alto, la flessione è più forte (-25%, da 4,4 a 3,3 milioni). Anche le donne seguono lo stesso andamento: -7% nel Nord-ovest, -9% nel Nord-est, -12% al Centro e -23% nel Mezzogiorno.

Ancora più forte è il calo degli inattivi, che avviene in tutte le aree geografiche del Paese, ma anche qui con intensità diverse: il Mezzogiorno registra i valori più elevati di inattività, mentre Nord e Centro mostrano livelli più contenuti e relativamente simili. Inoltre, nel Mezzogiorno le donne presentano livelli di inattività nettamente superiori agli uomini, riflettendo la minore partecipazione femminile in quest’area territoriale.

Al Nord-est e al Nord-ovest gli uomini inattivi diminuiscono di circa un quarto (-24% e -25%), le donne di oltre un terzo (-35% e -34%). Al Centro il divario si allarga: -29% per gli uomini contro -45% per le donne. Nel Mezzogiorno la riduzione resta forte per entrambi i sessi, -35% e -43%.

Cresce la quota attiva della popolazione nelle fasce di età più avanzate

La distribuzione dei tassi di attività per classi di età quinquennali evidenzia, per l’anno 2024, una partecipazione al mercato del lavoro femminile sistematicamente inferiore rispetto a quella maschile. Tale divario, pur riducendosi, è previsto persistere fino al 2050 (Figura 4).

In generale, i livelli più elevati di partecipazione si osservano nelle classi di età centrali. Nel 2024, tra gli uomini di età compresa tra 35 e 54 anni, il tasso di attività supera costantemente il 90%, con un picco al 92%. Entro il 2050, anche la classe 30-34 anni tende a superare la soglia del 90%, con un picco previsto intorno al 94% tra i 35 e i 44 anni. Per le donne, nel 2024, il tasso di attività tra i 35 e i 54 anni si attesta su valori nettamente inferiori, con un massimo del 73%. Tuttavia, si prevede una crescita più marcata rispetto a quella maschile, con la massima quota che potrebbe raggiungere l’80% entro il 2050. Alla base di tale ipotizzata riduzione della distanza di genere concorrono i diversi tassi di scolarizzazione, notoriamente più elevati tra le donne. Già oggi tra le laureate la partecipazione al mercato del lavoro risulta più elevata. In previsione di un’ulteriore crescita di donne con titolo di studio terziario questo aspetto non potrà che contribuire positivamente alla crescita dei tassi di attività. Ciononostante, la partecipazione femminile al mercato del lavoro rimarrebbe comunque inferiore rispetto a quella maschile.

Per i giovani di 15-24 anni è prevista una maggiore partecipazione ai corsi di istruzione e un prolungamento degli studi. Questo fenomeno incide sui tassi di attività, che già nel 2024 risultano contenuti. In particolare, tra i ragazzi fino a 19 anni il tasso di attività è pari all’8,6% per i maschi e al 4,2% per le femmine. Al 2050 si prevede che tali valori diminuiscano rispettivamente al 7% e al 3,7%. Per i giovani tra 20 e 24 anni, generalmente impegnati in percorsi universitari o di formazione avanzata, i tassi di attività previsti per il 2050 si manterranno su livelli simili a quelli attuali.

Le modifiche del requisito anagrafico minimo per l’accesso alla pensione (avviate con l’adeguamento all'aspettativa di vita dalla Legge n. 122/2010 e poi approvate con la “Riforma Fornero” nel 2011 - Decreto-legge n. 201/2011) hanno innalzato a 67 anni l’età pensionabile per entrambi i sessi. L’incremento più significativo nella partecipazione al mercato del lavoro ha pertanto riguardato le donne, con un aumento di sei anni rispetto ai 61 anni previsti nel 2011.  Tuttavia, la presenza di canali alternativi di uscita dal mercato del lavoro (come le pensioni anticipate) ha determinato un divario significativo tra l’età pensionabile e quella effettiva di pensionamento. Se nel 2004 il requisito anagrafico minimo era pari a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne, l’effettiva età media al pensionamento per i lavoratori nel settore privato/autonomi era pari a circa 60 anni per entrambi i sessi. Nel 2019, quando il requisito anagrafico per il pensionamento converge a 67 anni per entrambi i sessi, l’effettiva età media al pensionamento ha raggiunto i 63,5 anni sia per gli uomini che per le donne. Al 2024, nonostante l’età minima per il pensionamento sia rimasta pari a 67 anni, si osserva che l’età media al pensionamento è di 64 anni per gli uomini e 65,4 per le donne (XXIV Rapporto annuale dell’INPS del 16 luglio 2025).

Tali cambiamenti hanno portato a una crescita graduale dei tassi di attività nelle età più avanzate. Al 2050, tra gli uomini, la classe 65-69 anni registrerà l’incremento più marcato, pari a 12 punti percentuali rispetto al 2024. Per le donne, gli effetti dell’innalzamento dell’età pensionabile si uniscono a una loro aumentata   propensione a partecipare al mercato del lavoro, con la classe 60-64 anni che potrebbe registrare un aumento superiore a 16 punti percentuali.

Analogamente a quanto rilevato nei tassi di attività totali, anche l’analisi per classi di età evidenzia differenze territoriali. Il Nord-ovest e il Nord-est presentano delle distribuzioni molto simili. Al 2050 anche il Centro Italia

raggiunge i valori del Nord per le classi di età centrali (30-59 anni). Rispetto al Nord, nel Centro si notano delle differenze di pochi punti percentuali per le classi di età giovanili e anziane (leggermente minori nelle classi di età giovanili e maggiori nelle classi anziane rispetto al Nord). Il Mezzogiorno, invece, presenta tassi di attività inferiori in tutte le classi di età rispetto alle altre ripartizioni territoriali, con divari che si accentuano ulteriormente se si considera la disaggregazione per sesso. 

Osservando la distribuzione della popolazione attiva per sesso e classe di età al 2024 e al 2050 si riscontrano differenze rilevanti (Figura 5). Per entrambi i sessi le generazioni nate durante gli anni del baby boom, che nel 2024 hanno un’età compresa tra i 50 e 64 anni, entro il 2050 saranno uscite dalla popolazione attiva avendo superato i 74 anni. Il profilo delle distribuzioni tende ad assumere una forma più regolare, con una diminuzione della numerosità in quasi tutte le classi di età e per entrambi i sessi, ad eccezione delle età più anziane, in lieve aumento. Nel 2050 anche le differenze di genere potrebbero pertanto ridursi, pur rimanendo una maggiore numerosità di attivi tra gli uomini rispetto alle donne.

Al 2050 il tasso di attività dei 65-74enni salirà al 16%, dall’11% nel 2024

Nei prossimi decenni la quota di anziani di 65 anni e più sul totale della popolazione potrebbe aumentare da meno di uno su quattro individui (24,3%) nel 2024 a più di uno su tre nel 2050 (34,6%). Contestualmente, come già detto, la quota di persone di 15-64 anni scenderà al 54,3%, dal 63,5% del 2024.

La speranza di vita alla nascita è prevista in aumento per entrambi i sessi: secondo lo scenario mediano nel 2050 raggiungerà per i maschi 84,3 anni (dagli 81,7 del 2024) e per le femmine 87,8 anni (dagli 85,6 del 2024). Per di più, la speranza di vita a 65 anni nel 2050 potrebbe crescere per gli uomini a 21,5 anni (dai 19,8 del 2024) e per le donne a 24,4 anni (dai 22,7 del 2024). L’aumento della sopravvivenza, inoltre, è generalmente affiancato a un miglioramento generale delle condizioni di salute.

Secondo stime della Ragioneria Generale dello Stato, il requisito anagrafico per l’accesso al pensionamento di vecchiaia salirà al 2050 a 68 anni e 11 mesi per entrambi i sessi (dai 67 anni attuali), e toccherà la quota dei 70 anni nel 2067 (“Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario. Previsioni elaborate con i modelli della Ragioneria Generale dello Stato” - Ministero dell’Economia e delle Finanze, aprile 2024).

Proprio a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell’allungamento della vita media e dell’innalzamento graduale dell’età pensionabile è interessante l’analisi del tasso di attività fino ai 75 anni, allargando il bacino delle forze di lavoro oltre i canonici 15-64 anni. 

Se la popolazione residente di 15-64 anni è prevista in continua diminuzione fino al 2050, quella di 65-74 anni potrebbe crescere fino al 2039 (quando si prevede sfiorerà i 9 milioni), mentre dal 2040 in poi potrebbe diminuire (Figura 6a). Questo andamento sarà dovuto alle generazioni molto numerose nate negli anni del baby boom che tra il 2025 e il 2039 andranno a popolare le classi di età tra i 65 e i 74 anni. Dal 2040 in avanti le coorti che compiranno un’età compresa tra i 65 e i 74 anni sono quelle nate dalla metà degli anni ’70 in poi, meno numerose delle precedenti.

Si prevede un aumento della partecipazione al mercato del lavoro delle persone in età mature e anziane. Tra il 2024 e il 2050, il tasso di attività tra i 55 e i 64 anni salirebbe dal 61% al 70%. Inoltre, il tasso di attività nella fascia di età 65-74 anni potrebbe crescere dall’11% nel 2024 al 16% nel 2050.

Il tasso di attività esteso alla classe di età 15-74 anni potrebbe dunque raggiungere nel 2050 il 62% (con un incremento di quattro punti percentuali dal 58% del 2024). Per le donne la crescita risulterebbe di 5,6 punti percentuali, arrivando al 55% nel 2050. Gli uomini, con un aumento minore e pari a 1,8 punti percentuali, raggiungerebbero un tasso di attività pari al 68,3% nel 2050.

Rispetto a quanto visto per la popolazione di 15-64 anni, estendendo l’età fino a 75 anni, si osservano andamenti diversi nei valori assoluti di attivi e inattivi per sesso. In particolare, anche se la partecipazione femminile rimarrà inferiore a quella maschile per tutto il periodo (come per i 15-64enni), si prevede intorno al 2038 un sorpasso della popolazione femminile attiva su quella inattiva (Figura 6b). Un tale sorpasso, che per le 15-64enni non è visibile, è dovuto alle generazioni del baby boom, che mentre nel 2024 sono ancora attive (avendo tra i 50 e 64 anni), nel 2050, con una età compresa tra i 76 e 90 anni, saranno uscite dal mercato del lavoro (per pensionamento o decesso)