Anghileri (Giovani Confindustria): "Se l’Europa tiene alla sua Next Generation, smetta di essere campione di regole e investa più e meglio"

La relazione della presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria al Grand Hotel Quisisana per il 40mo convegno di Capri, dal titolo "Ritmo, il tempo dell'impresa che cresce"

Il Giornale d'Italia segue al Grand Hotel Quisisana il 40mo Convegno di Capri dei Giovani Imprenditori. "Ritmo, il tempo dell'impresa che cresce" il tema dell'edizione 2025. "Un ritmo fatto di energia, Movimento, cambiamento - scrivono i giovani imprenditori d'Italia - è la velocità delle innovazioni che trasformano le imprese, il passo costante dei giovani che restano e costruiscono, l'andare avanti di un Paese che sa rialzarsi e reinventarsi. Oggi celebriamo un traguardo che è anche una nuova partenza".

I lavori sono stati aperti da Francesco Basile, presidente dei Giovani di Confindustria Campania. A seguire l'intervento di Maria Anghileri, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria.

La relazione del presidente dei Giovani industriali della campania

"40 non è solo un numero, per noi. È un traguardo che racconta una storia lunga, viva e appassionante. Perché la verità è che ci siamo tutti un po’ innamorati di questo meraviglioso Movimento. Ed è proprio grazie alla forza straordinaria che ti dà la consapevolezza di non essere solo, ma di poter contare sull’altro, che siamo riusciti a costruire imprese più forti e innovative. Ed è anche grazie a questa forza che abbiamo dimostrato responsabilità sociale, facendo delle nostre imprese comunità nelle comunità. E che siamo riusciti a diffondere la cultura d’impresa in un Paese che spesso l’ha considerata marginale".

Perché abbiamo scelto Ritmo come titolo del Convegno

"Grazie a tutti voi Giovani Imprenditori, a quelli di ieri e a quelli di oggi. Avete fatto grande la storia di questo Convegno, dell’industria e dell’Italia. Vi chiederete perché abbiamo scelto “Ritmo” come titolo del Convegno? Perché la vera rivoluzione di questa fase della Storia che stiamo vivendo è proprio il “ritmo”. E dobbiamo scegliere quale dare all’Italia e all’Europa. Perché l’equazione futuro “uguale” lungo termine è saltata per sempre.

In un mondo che cambia vorticosamente, il successo dipende quindi dal ritmo con cui affrontiamo le sfide, le innovazioni, le scelte".

La sfida all'Occidente

"Il futuro non è più domani: è già oggi. Guardando al mondo, vediamo accelerazioni straordinarie. Prima di tutto politiche. Ci sono immagini che parlano e possono cambiare la Storia, come quella di Xi, Putin e Modi che a Tianjin si stringono la mano sorridenti.

Sotto la guida della Cina si sono unite potenze dell’Est che rappresentano, già oggi, metà della popolazione mondiale. Più di 1 miliardo e 200 milioni di giovani under 24 vive lì. Nonostante le contrapposizioni profonde, il loro intento è scrivere, insieme, un nuovo capitolo della Storia. Sfidando l’Occidente.

E poi ci sono le accelerazioni economiche. La Cina deposita quattro volte più brevetti di Intelligenza artificiale degli Stati Uniti, ha 98 aziende fra le prime 500 al mondo per fatturato. Non è più il Paese della manodopera a basso costo.

Gli Stati Uniti restano campioni globali con 128 aziende, ma la distanza si riduce.

In ogni caso rispetto all’Europa, sembrano ancora un altro mondo. Il loro PIL pro-capite doppia quello europeo: 80.000 dollari di media, contro i 40.000 europei. E pensare che fino agli anni Novanta erano pressoché equivalenti. 20 anni fa Nvidia era appena nata. Oggi è la prima azienda al mondo ad aver superato i 4mila miliardi di capitalizzazione di mercato. Nulla del genere è nato in Europa perché le barriere allo sviluppo delle imprese sono ancora enormi. Decidere cosa ne sarà della nostra vecchia Europa non è solo un problema economico. Si tratta di trovare una terza via europea di crescita e sviluppo, non fine a sé stessa, ma che rilanci i nostri valori, la nostra cultura e la nostra civiltà.

Questa Europa, oggi, è spaventata dalle guerre, anche perché sprovvista di una difesa mai messa in comune. Perché è un mondo, il nostro, dove l’Ucraina continua a lottare per la sua libertà, e la Striscia di Gaza si è trasformata nell’inferno in terra.

Guardiamo in faccia l’orrore di intere generazioni che vengono cancellate. A forza di guardarlo, questo orrore, rischiamo di abituarci. Noi non lo accettiamo! E anche se non abbiamo il potere di farlo cessare, abbiamo le nostre voci per dire: basta!

La firma dell’accordo di ieri è un evento storico, e noi speriamo con tutte le nostre forze che possa essere l’inizio di un cammino di pace duratura in Medioriente".

La CORE

"Di fronte a questo mondo che accelera l’Europa è poco efficace anche perché resta disunita. Continua a essere la somma di 27 stati nazione più competitivi che cooperativi. Ci manca una difesa comune. Ci manca un vero mercato unico. Ci manca un debito comune, e per compensare ci inventiamo una patrimoniale sulle imprese: la CORE. Come se non avessimo già abbastanza tasse a livello nazionale!

E allora c’è un solo messaggio che va mandato agli Stati e al Consiglio europeo: trovate il coraggio di cambiarla, l’Europa. Questo non è il tempo di rimandare. È il tempo dell’unità. Abbiamo bisogno di un’Europa più unita, più veloce, più incisiva sulle scelte strategiche.

E a chi predica un ripiegamento nazionalistico domandiamo: siete davvero sicuri che il vostro Paese possa farcela da solo? È un’enorme illusione. Le sfide sono epocali e la risposta non può che essere europea. Vale anche per l’industria.

Le politiche nazionali non bastano per stare al passo con Stati Uniti e Cina. Occorrono politiche europee per diventare imprese di scala europea. Solo guardando allo sviluppo vorticoso dell’Intelligenza artificiale, tremano i polsi".

Super AI

"La Super AI dista soltanto tre, cinque anni. E quando questa intelligenza, in grado di migliorare e replicare sé stessa, raggiungerà un livello tale da rendere indistinguibile l’errore umano da quello artificiale, diventerà indispensabile che i suoi valori fondanti siano quelli occidentali e democratici.

Chi compete davvero sull’Intelligenza Artificiale? L’America e la Cina. E chi resta uno spettatore pagante? Noi, l’Europa.

La Cina e gli Stati Uniti hanno adottato misure straordinarie con risorse colossali, ponendo lo sviluppo dell’AI come priorità nazionale. E l’Europa? Siamo primi, ma solo per le regole. Oggi l’Intelligenza artificiale la compriamo dai colossi americani e cinesi. E così accumuliamo ritardi di competitività, regaliamo i nostri dati, e creiamo nuove dipendenze. Senza contare che non abbiamo ancora affrontato il nodo delle materie prime e dell’energia. Sono gli stessi nodi che stringono il collo di altre tecnologie di frontiera – dal quantum computing alla fusione nucleare, fino alla space economy".

Next Generation e regole

"Il punto vero è che lo sviluppo tecnologico è energivoro per definizione. Ha bisogno di energia stabile, sicura e a basso costo. Oggi la domanda di energia, nel mondo, è a livelli mai visti. A settembre l’energia elettrica sul mercato europeo era quotata 80 euro per megawattora, 45, negli Stati Uniti.

Mentre la Cina è quella che paga meno di tutti: utilizza carbone per oltre il 60%, e non applica oneri alle emissioni di CO2 come quelli che l’Europa si è autoimposta. L’energia diventa sempre più madre di tutte le catene del valore. Senza energia competitiva non ci può essere Intelligenza artificiale, non ci può essere difesa, non ci può essere industria. Chi ne ha di più e a basso costo si gioca la partita dell’innovazione, gli altri restano in panchina e perdono gli investimenti.

Se l’Europa tiene davvero alla sua Next Generation – quella a cui ha dedicato un intero piano – deve smettere di essere campione di regole e investire più e meglio. Anche l’Italia deve trovare il suo ritmo. Oggi è ancora lenta, deve diventare più veloce.

Negli ultimi quarant’anni ci sono stati miglioramenti significativi. Ma a noi non basta! Questo deve essere il tempo dell’impresa che cresce! E noi dobbiamo essere la generazione crescita!

Dopo anni estenuanti di “zero virgola”, di un ascensore sociale bloccato e di un progresso troppo lento per stare al ritmo dei concorrenti, diciamo basta. E allora, mentre l’Europa si danneggia da sola con la Global minimum tax, mentre abbiamo quasi distrutto l’industria dell’auto con il Green Deal, cambiamo marcia e facciamole nascere le nuove imprese europee, anziché affossarle!".

E' il momento di uno Youth Deal

"Per questo chiediamo a tutte le forze politiche il coraggio di introdurre uno Youth Deal che abbatta il carico fiscale, burocratico e amministrativo sui giovani under 35.

Possiamo farlo in Europa con il 28° Regime, una misura rivoluzionaria per tutte le PMI, ma in particolare per le start up e le imprese giovani. Che straordinario ritmo darebbe un sistema in cui le imprese possono operare in tutti e 27 gli Stati dell’Unione con le stesse regole. L’Italia deve sostenerlo e farlo diventare realtà. E poi possiamo farlo in Italia mettendo finalmente i mattoni per costruire la nostra “Filiera Futuro”.

Un grande progetto – che abbiamo lanciato fin dall’inizio della nostra Presidenza – che nasce per rimettere al centro della politica, delle istituzioni e dell’economia i giovani di questo Paese. “Filiera Futuro”, per noi, vuol dire natalità, istruzione, innovazione e giovani imprese. Ecco, lo Youth Deal è il primo passo, il primo mattone per scardinare un Sistema Paese che negli ultimi anni è diventato profondamente ingiusto nei confronti dei giovani, sia che questi vogliano fare impresa, sia che abbiano scelto un lavoro dipendente. Un pacchetto di misure per i giovani fatto di incentivi fiscali, semplificazioni, prestiti agevolati, sovvenzioni dirette ed equity. Fatto dal coraggio di cambiare ritmo! Lo chiediamo il prima possibile. Già per questa Legge di bilancio.

Ve lo proviamo a raccontare meglio. Primo: partiamo dalla pressione fiscale che è eccessiva e iniqua, un macigno per i giovani italiani e un grave gap rispetto ai coetanei europei. Toglie potere d’acquisto ai salari e risorse alle imprese che potrebbero invece essere investite. Non è sostenibile vivere in un Paese che ha raggiunto la pressione fiscale al 42,5% mentre cresce dello “zero virgola”. Per noi non è più accettabile e non vogliamo più vivere in un Paese dove una giovane azienda, piccola, media, o anche grande paga in percentuale più tasse di un colosso da triliardi di capitalizzazione!

In questi mesi abbiamo ascoltato proposte di riforma del sistema fiscale per i giovani sia dal Governo che dall’opposizione. Ecco il nostro messaggio è uno solo: fatelo! E fatelo in fretta. Dimostrateci di avere veramente a cuore il futuro dell’Italia. Di quei talenti che sono il vero petrolio del nostro Paese. 4 Perché non potete più far finta di non vedere l’“esodo generazionale” in atto, di non sentire il grido di dolore di 100.000 laureati italiani che in due anni hanno lasciato l’Italia e di 153.000 imprese guidate da under 35 che hanno chiuso o magari hanno spostato la propria sede all’estero negli ultimi 10 anni. Ma vi rendete conto: sono 42 imprese giovani al giorno. Che significa sogni infranti, idee e innovazioni regalate ai nostri concorrenti, famiglie che lasciano l’Italia e quindi natalità ancora più a picco. Queste giovani imprese nascono in un Paese che non le accompagna, non riesce a valorizzarle e al massimo, le tollera. All’estero non è così. E non parlo solo degli Stati Uniti, ma anche di nazioni a pochi chilometri dai nostri confini, come la Francia, la Germania, la Spagna, la Polonia. E lo dimostra il fatto che in Italia paghiamo ancora un’imposta sorpassata dalla storia come l’Irap. Ma vi rendete conto che le nostre imprese la pagano anche quando sono in perdita? E sapete? Alle piccole e medie imprese giovani può capitare di essere in perdita, soprattutto nei primi anni perché investono per crescere. E queste devono crescere, perché ricordiamoci che sono solo il 5% del totale delle imprese a caricarsi quasi tutto il costo del welfare italiano. Sono 250mila imprese che insieme ai loro 10 milioni di dipendenti pagano oltre l’80% del gettito fiscale per 59 milioni di italiani. Quanto può reggere l’Italia se questo 5% di imprese dovesse avere delle difficoltà? A maggior ragione adesso che dobbiamo vedercela anche con i dazi.

Secondo punto: potenziamo l’accesso al credito. È arrivato il tempo di creare una linea di Garanzia giovani. Scommettiamo sulle buone idee, non sui patrimoni. Dobbiamo avere il coraggio di farlo perché verremo ripagati! Creiamo dentro il Fondo di Garanzia per le PMI una sezione speciale per le imprese guidate da giovani, con condizioni agevolate. In particolare, accesso gratuito e coperture più elevate. Fondo che va potenziato e le cui attuali regole vanno rese strutturali.

E infine terzo punto: pensiamo al domani rafforzando la previdenza complementare. Certo, se lo Stato continua a spolpare le buste paga dei giovani, accantonare risparmio sarà quasi impossibile. E quindi, dobbiamo rendere la previdenza complementare più accessibile e vantaggiosa per i lavoratori e per le imprese, ad esempio: alzando il limite di deducibilità dei fondi pensione; consentendo l’incremento dei versamenti per i familiari a carico, fin dall’infanzia; introducendo una quota aggiuntiva da destinare direttamente, detassata, ai fondi pensione. 

È qui che lo Stato potrebbe investire, piuttosto che spendere miliardi per rimandare di tre mesi, con il blocco dell’età della pensione, ciò che è inevitabile. Queste non sono idee isolate: fanno parte di una nuova promessa di futuro, che diventa realtà solo se Governo, mondo produttivo e parti sociali la scrivono insieme. Scriviamo insieme, allora, anche una Legge di bilancio per la produttività. Il Governo ha il merito di aver dato stabilità al Paese in un momento di grandissima incertezza e rischi, di aver messo l’Italia sulla strada del risanamento e reso i fondamentali più saldi. E chi ha prospettive stabili e durature, oltre che ampio consenso, ha fra le mani la possibilità di progettare con sguardo lungo.

Tutti sappiamo cosa manca: la crescita. Serve una spinta: potenziare l’agevolazione sugli investimenti in ricerca e sviluppo, i piani 4.0 e 5.0, ripristinare l’ACE o potenziare e semplificare Ires Premiale. Sono misure che premiano chi innova, chi scommette sul futuro, chi ha il coraggio di rischiare. Perché rappresentano l’utilizzo più efficiente per risorse pubbliche sempre più scarse. Se le imprese ad alto valore aggiunto aumentano, innovano e crescono, crescono anche i salari, di cui va fermata la perdita di potere d’acquisto, questo è certo. L’industria farà la sua parte, come d’altronde ha sempre fatto. Praticamente sola nel far recuperare, quanto tolto dall’inflazione e dal fiscal drag. Fiscal drag che andrebbe sterilizzato una volta per tutte, come accade in Olanda, Danimarca e Austria. Così come andrebbero adeguati all’inflazione le soglie di detassazione dei fringe benefit che le imprese danno ai dipendenti, in denaro o in beni. Un esempio su tutti: gli attuali limiti previsti per le spese di trasferta sono fermi ai valori di conversione lira/euro del 1997!

Altro che ritmo…sono passati quasi 30 anni! Insomma, chiediamo al Governo e alla politica di scegliere gli investimenti e non le rendite, di scegliere finalmente la crescita e il rischio, e non un piccolo mondo antico. E quando si parla di investimenti non si può non pensare a energia e semplificazione. Sull’energia: trent’anni fa spegnevamo le centrali nucleari e oggi, siamo fra coloro che la pagano più di tutti. Perdiamo competitività mentre paghiamo le bollette più care d’Europa. È da aprile che aspettiamo l’Energy Release e manca all’appello anche l’approvazione del Decreto Energia. È cruciale renderlo operativo entro il 2025 perché anche nei prossimi tre anni l’energia in Italia costerà il 40% in più della media europea. Sulla semplificazione, siamo schiacciati dai costi occulti della burocrazia. Valgono 110 miliardi di euro l’anno. Se le norme fossero meno, più semplici e meno ambigue il PIL sarebbe oggi più alto del 5%. Tanto, in un Paese che cresce troppo poco. Guardando a questa splendida terra che ci ospita da quarant’anni, il Mezzogiorno, la semplificazione introdotta con la ZES Unica ha dato risultati straordinari. 6 Qualche numero: 800 autorizzazioni uniche rilasciate; 28 miliardi di investimenti; 35.000 posti di lavoro; tutto questo a fronte di 4,8 miliardi da parte dello Stato in due anni".

Le domande per il Governo

"Di fronte a questo successo abbiamo alcune domande per il Governo: perché la ZES Unica che ha dato risultati straordinari e ha rilanciato il Mezzogiorno, non diventa una misura strutturale? Perché si cerca di cambiare una misura che funziona con un ennesimo cambio di governance attraverso la creazione del Dipartimento del Sud? Infine, perché la semplificazione, che dovrebbe essere la regola, non possono averla tutte le imprese in tutto il Paese? Voglio concludere dicendo che alla base della nostra Filiera Futuro c’è un forte senso di responsabilità, verso la nostra generazione e quelle che seguiranno. Per questo speriamo che arrivi il prima possibile l’applicazione concreta della Valutazione di Impatto Generazionale, introdotta dal Governo per valutare ex ante l’impatto delle nuove leggi sui cittadini under 35. È uno strumento che chiedevamo da anni. Una testimonianza di responsabilità che tutti i decisori devono dimostrare e di cui noi chiederemo sempre conto".

Dalla storia al futuro

"Cari Giovani Imprenditori, oggi abbiamo parlato di passato, di presente, di futuro. Abbiamo ripercorso 40 anni di storia di questo Convegno e abbiamo guardato alle sfide che il mondo ci pone. Abbiamo capito che la vera domanda non è solo quale ritmo vogliamo dare all’Italia e alle nostre imprese. È se abbiamo il coraggio di tenere il passo del futuro senza perdere noi stessi, la nostra cultura, la nostra civiltà. Perché il ritmo non è solo velocità: è visione, armonia, cuore.

Noi crediamo che l’Italia e le sue imprese abbiano nel loro Dna il ritmo giusto: quello di chi non si arrende, di chi osa, di chi crea, di chi sa coniugare bellezza e impresa. Un ritmo che nasce da ciò che siamo sempre stati: un Paese che vive di umanesimo industriale, dove la tecnologia è a servizio dell’uomo, non lo sostituisce; dove l’innovazione cresce dentro una visione di comunità. È questo equilibrio tra progresso e umanità che può restituire all’Europa un senso, e all’Italia una missione. Ed è da questo ritmo — il nostro ritmo — che può davvero ripartire il futuro".