Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, presentata l’indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2023
Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, gli italiani nel 2023 hanno risparmiato di più, il 12,6% del proprio reddito, gli investimenti delle famiglie sono ancora legati ai beni durevoli
Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi presentano l’indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2023. Emerge che il 95% delle famiglie dichiara di essere finanziariamente indipendente, in aumento rispetto al 93% dell’Indagine 2022, a conferma che (nonostante le tensioni dello scenario) l’autonomia reddituale si mantiene stabile. Tuttavia, a causa dell’impatto inflattivo, l’affermazione che il reddito sia sufficiente o più che sufficiente a mantenere un tenore di vita accettabile (sia al presente che al momento della pensione) si riduce rispetto al passato, con i giovani più preoccupati della media, i laureati più ottimisti, gli uomini più sicuri e le donne più timorose, sia relativamente al presente che al futuro.
La quota delle famiglie che riescono a risparmiare si mantiene sui valori massimi del pre-pandemia (54,7 per cento vs. 53,5 per cento nel 2022). Nel 2023 gli intervistati risparmiano inoltre, in media, il 12,6% del proprio reddito, in aumento dall’11,5% nel 2022. Preoccupa, all’opposto, il numero di famiglie in condizioni di fragilità finanziaria: se insorgesse una spesa imprevista di 5.000 euro, solo il 37 per cento avrebbe una disponibilità immediata per farvi fronte.
Guardando infine alle aspettative a 12-18 mesi, i pessimisti prevalgono sugli ottimisti, sia con riferimento alle variabili che incidono maggiormente sulla vita famigliare (reddito, consumi, risparmio, imposte sulla persona), che su quelle macroeconomiche (l’economia italiana) o geopolitiche (situazione internazionale). È vero che gli intervistati si attendono una sostanziale stabilità nelle entrate famigliari, ma anche un aumento delle spese per i consumi e per le imposte: implicitamente, dunque, un possibile calo dei futuri risparmi.
Il ritorno alla vera normalità, ossia a tassi di interesse e di inflazione un poco più sostenuti, è vissuto ora come un cambiamento inatteso. Al primo posto per chi investe rimane la sicurezza, al secondo la liquidità dell’investimento. Si allungano gli orizzonti, come se l’arrivo dell’inflazione e il rialzo dei tassi di interesse venissero percepiti come temporanei e transitori: la percentuale degli investitori disponibile ad aspettare 3 o più anni per ottenere dei risultati cresce fino al 48 per cento del campione nel 2023, dal 45,7 per cento del 2022, mentre chi vuole conseguirli entro 1 anno rappresenta appena il 13 per cento del campione.
Le obbligazioni sono tornate ad offrire rendimenti interessanti. L’Indagine rileva che sono stati proprio questi strumenti ad assorbire parte dei deflussi dal risparmio gestito osservati nel 2023: tra coloro che investono in obbligazioni (circa un quarto del campione) la percentuale di ricchezza finanziaria in esse investita è salita al 28%, dal 23% del 2022.
La Borsa rimane per i piccoli risparmiatori italiani un “terreno da dissodare”. Nel 2023 però una piccola scossa c’è stata: si è riproposto infatti il tema della protezione dall’inflazione attraverso l’investimento azionario e, anche se per il momento gli acquisti netti non si sono ancora mossi, non è escluso che possa accadere in futuro. Il 2022, anno “orribile” dei mercati, non ha desertificato la Borsa, che rimane tuttavia una scelta “minoritaria”, con una presa radicata in una comunità di investitori consapevoli che non supera annualmente il 5% del campione.
Dopo un decennio d’oro, nel 2023 il risparmio gestito ha subito uno “scossone”. Sono scesi sia i possessori di fondi e SICAV (15,5 per cento, dal 17,3 per cento del 2022) che quelli di gestioni patrimoniali (dal 9,3 all’8,4 per cento); sono invece lievemente cresciuti i detentori di ETF (dal 3,3 al 4,1 per cento) e polizze unit-linked (dal 4 al 4,6 per 0 10 20 30 40 Rendimento a 1 anno Sicurezza Liquidabilità Rivalutazione a 5 anni Fino a 1.600 euro 1.601-2.000 euro 2.001-2.500 euro 2.501 euro e oltre 6 cento). Con il tempo, l’aumento delle competenze finanziarie produrrà una clientela sempre più esigente: si tratta di un processo inevitabile, ma positivo sia per le famiglie che per l’industria del risparmio gestito.
Gli investimenti alternativi hanno rappresentato, nello stesso decennio d’oro, una risposta meno strutturata alla domanda di maggior rendimento dei portafogli. Oggi i metalli preziosi raccolgono la quota prevalente di interessati (23,2%); seguono gli investimenti etici ed ESG (13,1%), mentre il mondo delle criptovalute si afferma al quarto posto (dopo gli investimenti in arte e antiquariato). Il rischio collegato a queste ultime non sembra impensierire i più giovani, i risparmiatori con redditi elevati e quelli con alti livelli di istruzione. Infine, l’interesse all’investimento alternativo nelle start-up (7%) ha ritrovato smalto nella fascia di età 25-34 anni (15,4%).
La quota di ricchezza detenuta in forma liquida ha toccato nel 2023 il 48%, in aumento dal 44% nel 2022. È un paradosso che la liquidità sia vista da molti come un bene difensivo alla pari, ad esempio, dell’oro; in aggiunta, mentre l’oro attrae l’interesse del 23,2% del campione, la liquidità è considerata difensiva dal 34%. L’accentuata preferenza per la liquidità non è un comportamento coerente, in presenza di inflazione: la scelta razionale sarebbe affrontare il rischio di investimento e una migliore alfabetizzazione finanziaria formale potrebbe accelerare l’apprendimento delle strategie più idonee.
Il lato passivo dei bilanci delle famiglie italiane è tradizionalmente legato a investimenti o all’acquisto di beni durevoli. In effetti, sul fronte dei mutui il mercato regge anche perché le case riscuotono interesse come beni rifugio e due mutui su tre sono immunizzati dall’aumento dei tassi. Non c’è nel DNA della famiglia italiana un’abitudine ad indebitarsi per i consumi correnti: nel 2023 solo il 9,8 per cento del campione ha dichiarato di aver in corso un prestito rateale, mentre appena il 3,3 per cento sta rimborsando più di una rata. Dopo auto ed elettrodomestici, la crisi è la terza causa di sottoscrizione di un finanziamento: la quota di chi ricorre a questo scopo al credito è del 13,4%, superiore al 9,1% del 2022. È questo uno dei pochi indizi offerti dall’Indagine relativamente alla presenza di una potenziale area di disagio legata all’inflazione e alle difficoltà di ripresa dell’economia.
I mercati non hanno certo mutato le regole di formazione dei prezzi, né gli strumenti che sono collocati, distribuiti, scambiati; tuttavia, da quando l’inflazione è tornata, insieme a una politica monetaria se non severa, almeno neutrale, non si può più salvare il potere d’acquisto semplicemente seppellendo il denaro in giardino.
È un invito all’azione: anche se l’inflazione fosse domata, non lo sarebbe da domani, e difficilmente la dinamica dei prezzi sarà più pari a zero. In questo mercato, i risparmiatori e gli investitori del campione si sono mossi nel 2022 e nel 2023 senza panico, ma con tanta prudenza da sembrare paralizzati. I risparmiatori italiani sono quelli di sempre. Favorevoli al mattone, a non rischiare, rispettosi della Borsa; sanno di dover risparmiare di più, ma sottovalutano la differenza tra investimenti prudenti e investimenti efficienti.
Nel loro futuro c’è un ritorno a un mondo sparito da oltre un decennio, ma del tutto normale, nel quale essi stentano oggi a prendere le decisioni: non scongelano l’iceberg di liquidità, tornano verso l’investimento obbligazionario, ma più per toccare il meno possibile i portafogli che per intraprendere un nuovo viaggio. Hanno avuto il buon senso di non vendere tutto per panico, e anche quello di continuare a risparmiare; per compiere la metamorfosi necessaria, tuttavia, servirebbero un bel po’ di competenza e istruzione finanziaria, sia per i giovani che affronteranno il futuro che anche, da subito, per gli adulti.