TIP rileva il 50,7% di Investidesign che controlla IDB, appena quotata. Investimento di €75 mln nel polo del design
Giovanni Tamburi, presidente e ad di TIP: "Scendendo in campo con un investimento significativo di €72 mln diamo il segnale che Italian Design Brands ha alle spalle la fiducia e i capitali di un investitore tra i primi in Italia tra le medie aziende che rappresentano nel mondo il made in Italy, in un settore emblematico come l’arredo e design" L'intervista
La formula messa a punto questa volta da Giovanni Tamburi per raggiungere il suo obiettivo va sotto il nome di «trial track», come la definisce il suo artefice, ossia quotazione a tre, in quanto coinvolge la controllata Idb, ossia la società polo dell’arredo e del design che accederà al listino, la controllante Investindesign e appunto Tip, che in quest’ultima entra con il 50,7% (con facoltà di acquisire un ulteriore 20% entro due mesi attraverso il club deal Asset Italia) rilevando quote dagli attuali soci, ossia il fondo Private Equity Partners più altri manager e investitori tra cui Paolo Colonna, pioniere del private equity italiano, e famiglie dell’industria italiana, cui fa capo il 67%.
Una soluzione ingegnosa per giocare sul tempo e trovarsi tra i soci di riferimento di una neo-quotata, dandole solidità in un momento cruciale come quello della quotazione, nel quale può capitare di dover far fronte a qualche socio che preferisca alleggerire la sua posizione. O ancora per rimborsare qualche debito o metter fieno in cascina per le future aggregazioni.
«Scendendo in campo con un investimento significativo di 72 milioni (che valorizza il 100% di Idb circa 220 milioni, ndr) diamo il segnale che Italian design brands ha alle spalle la fiducia e i capitali di un investitore tra i primi in Italia tra le medie aziende che rappresentano nel mondo il made in Italy, in un settore emblematico come l’arredo e design», conferma Tamburi, che con la sua Tip è giunto nel periodo 2021-23 a circa 670 milioni di capitali impegnati su questi target.
Questa iniziativa conferma la linea ampiamente tracciata con operazioni come I-Guzzini, chiusa nel 2019 con la vendita alla svedese Fagerhult, di cui siete ancora soci, da cui avete ricavato una plusvalenza di 60 milioni. O come l’investimento in Elica, dove avete il 21,4%, o in Roche Bobois, catena di negozi di arredamento, in cui Tip ha il 34,4%.
Il doppio filo conduttore è quello della produzione e di alcuni brand made in Italy e dell’eccellenza della manifattura di questo Paese. In questo caso abbiamo il vantaggio di puntare su un polo del settore in costruzione da anni, operazione strategica necessaria per creare massa critica e sinergie in un ambito dove l’eccessiva frammentazione può rappresentare un problema.
Quale sarà la quota di Tip in Idb post-quotazione?
Ci sono ancora alcune variabili da definire, tra cui la nostra opzione sul 20% a vantaggio del club deal e la green shoe a disposizione del collocatore. Dovremmo posizionarci tra il 22 e il 27% del capitale.
Come valuta il vostro prezzo d’ingresso?
E’ allineato a quello a cui avviene l’ipo, tenuto conto che noi entriamo nella holding che non è quotata.
Lei è reduce dal cda di Amplifon, dove Tip è presente da anni: i numeri sono confortanti. I timori di recessione che aleggiano sull’Italia sono esagerati?
Direi di sì, le società in cui Tip è azionista stanno crescendo, ma il miglioramento è generale. La frenata che si era vista in qualche misura tra ottobre e gennaio è stata superata nei mesi successivi per cui non vedo ragioni per essere allarmati.
I conti 2023 di Tip si possono considerare già sistemati con la recente vendita del 4% di Azimut Benetti?
Diciamo che si tratta di un buon avvio, ma l’operazione non è ancora conclusa. Siamo in attesa di alcune autorizzazioni. Abbiamo ceduto un terzo della nostra partecipazione, più che rientrando dell’investimento iniziale.
Sul fronte start-up, dove siete attivi tra l’altro con Digital Magics, avete preferito trovare un accordo con LVenture, a sua volta quotata, per fondere le due realtà. Anche qui per necessità di raggiungere dimensioni più significative?
Sì, a maggior ragione il rischio di dispersione di energie si fa sentire in queste situazioni. Noi come primi azionisti di Digital Magics portiamo opportunità di creare collegamenti con aziende di maggiori dimensioni, che spesso sono il tassello mancate per le start up che hanno magari buone idee ma non riescono ad arrivare ai clienti di maggior dimensione che servono a dare lo slancio.
Fonte: MilanoFinanza