Caro energia, Sarmi (Asstel): "Effetti significativi sugli operatori, servono misure dedicate"
Massimo Sarmi, presidente di Asstel: "Non rientriamo nelle misure per settori energivori: oggi siamo il terzo settore industriale per intensità di investimenti rispetto al totale dei consumi"
Il presidente di Asstel, Massimo Sarmi, commenta l'inizio di una salita per il mondo delle telecomunicazioni. Un settore strategico che per molti anni ha visto l’Italia come leader, salvo poi vivere un lungo periodo di accesa competitività sui prezzi con un conseguente riduzione della capacità delle imprese di fare investimenti.
Il manager, che è stato ai vertici di Telecom Italia, di Poste e di Siemens e ora guida l’Associazione delle imprese di telecomunicazioni, fa notare: "La nostra vita sociale, industriale ed economica si è sviluppata sulla connettività e i servizi offerti dalla filiera tlc. Qualsiasi nostra funzionalità e attività è legata a questa infrastruttura e allo sviluppo di servizi digitali". Oltre alle difficoltà storiche, adesso si è aggiunto anche il costo dell’energia che rischia di ostacolare lo sviluppo delle infrastrutture.
"Il recente aumento del costo dell’energia ha effetti significativi sui costi a carico degli operatori. Nel 2021 i consumi hanno superato i 4,3 TWh e collocano il settore tra quelli a maggiore consumo. Tuttavia, poiché le telecomunicazioni non rientrano nella categoria dei cosiddetti settori energivori, non possono accedere alle misure dedicate. Peraltro, la costante sensibilità ai consumi energetici ha visto gli operatori investire importi significativi in soluzioni di efficienza, tanto da essere il terzo settore industriale per intensità di investimenti rispetto al totale dei consumi. È importante che sia affrontato subito il tema e si individuino azioni di contenimento strutturali del costo dell’energia in un’ottica di lungo periodo".
C’è un rischio per gli investimenti sulle infrastrutture?
"Gli operatori continuano a investire in nuove tecnologie. Anche nel 2021 si sono superati i 7 miliardi, pure in presenza di una diminuzione dei ricavi. Nel 2021 il saldo di cassa degli operatori ha toccato il livello più basso di sempre, passando da 10,5 miliardi del 2010 a 1,1 miliardi nel 2021, segno che la marginalità del settore, in continuo calo da diversi anni, è sempre più assorbita dagli investimenti sostenuti. Nel 2022 si prevede una ulteriore riduzione: quest’anno, infatti, oltre al già avvenuto pagamento della maxi rata di oltre 4 miliardi di euro per le frequenze 5G, si attende una riduzione ulteriore per effetto di costi difficilmente comprimibili, come energia ed inflazione".
Come si fa a invertire questa tendenza?
"Per sostenere e favorire lo sviluppo di un settore strategico come quello delle telecomunicazioni serve definire una nuova politica industriale, che preveda un’accelerazione delle misure già avviate in ambito europeo, a cui, a nostro avviso, dovrebbero essere aggiunte altre, quali l’introduzione di misure strutturali di mitigazione del costo dell’energia, la riduzione dell’Iva per i servizi digitali, l’adeguamento dei limiti elettromagnetici agli standard europei, la semplificazione amministrativa, l’assegnazione della banda alta 6GHz e prevedere una partecipazione delle Big Tec ha gli investimenti necessari a fronte di specifici incrementi di traffico. Queste iniziative, a vantaggio della digitalizzazione, permetteranno di sviluppare servizi come il Cloud, l’Iot, la Cybersecurity e quelli innovativi studiati sulle reti 5G".
Con i fondi del Pnrr l’Ue ha messo al centro lo sviluppo delle reti. Basterà a recuperare competitività?
"Dopo anni di regolamentazione del settore attenta ed analitica, che ha portato ad una piena apertura della concorrenza a vantaggio dei consumatori, è ora il momento di riequilibrare l’approccio regolamentare verso la sostenibilità e lo sviluppo della filiera. Come noto, il legislatore europeo ha avviato una serie di iniziative rivolte allo sviluppo del mercato digitale comunitario. È importante che certe iniziative, come quella di definire standard tecnologici europei, di potenziare i centri di ricerca e sviluppo e di definire una politica dei semiconduttori, siano accelerate".
Quali benefici possono portare concretamente i fondi del Pnrr?
"I fondi del Pnrr per la realizzazione delle reti ultraveloci in Italia sono uno strumento utile per anticipare al 2026 gli obiettivi individuati al 2030 dal piano europeo del Digital Compass, prevedendo, in continuità con iniziative già avviate, di collegare gli edifici scolastici e gli edifici del servizio sanitario nazionale e, in ogni caso, le aree remote del Paese per rendere eque e pervasive le tecnologie ultra-broadband su tutto il territorio nazionale".
Se ci saranno le reti ultraveloci c’è il rischio che manchino le competenze in grado di gestirle e creare i nuovi servizi.
"Sviluppo di conoscenze e competenze digitali e la formazione continua e dei dipendenti, con programmi di ups killing e res Killing, sono alcune ulteriori aree di intervento delle imprese della filiera Tlc. In particolare, la formazione interessa circa il 100% dei dipendenti, con una spesa complessiva di circa 110 milioni di euro e l’erogazione di 4/5 giornate medie di formazione per persona. Le competenze da sviluppare e da ricercare anche nel mercato sono: Cybersecurity, Cloud Computing, Big Data, Intelligenza artificiale e Internet of Things. Pensiamo anche al 5G: le nuove reti permetteranno di offrire nuovi servizi in svariati ambiti applicativi e apriranno a nuove possibilità su mercati verticali, come automotive, educazione, salute, turismo e cultura. Gli operatori dovranno diventare gli orchestratori dei progetti verticali, con lo sviluppo di nuove competenze specialistiche e la creazione di alleanze anche con attori esterni alla filiera tlc".
Di Federico De Rosa fonte: Corriere della Sera