Marialuisa Gavazzeni Trussardi: "Nonostante lo scenario macroeconomico, i primi due quadrimestri sono positivi: prevediamo ricavi per 92 mld "

Gavazzeni Trussardi, Imprenditrice e Docente di Economia della Moda: "Globalizzazione non significa 'tutti connessi tutti uguali', così si abbattono le forze individuali e gli imprenditori". L'intervista a Il Giornale d'Italia

Marialuisa Gavazzeni Trussardi, imprenditrice e Docente di Economia della Moda presso La Sapienza, in un'intervista a Il Giornale d'Italia ha espresso la propria opinione sul settore del Fashion, sulla situazione macroeconomica in cui vertono le aziende e sul tema della sostenibilità. 

Data la grave situazione di crisi che stiamo affrontando, una situazione di instabilità globale, quali saranno le ripercussioni nel settore della moda, come si pensa di affrontarle e quali le previsioni per il futuro?

L’industria della moda, malgrado tutte le avversità, va bene. Anche quest’anno pensiamo di uscire con un ricavo di 92 miliardi e con un saldo 28 miliardi con l’estero: sono cifre migliori del 2021. Anche le ultime di questi mesi, con l’aumento delle materie prime e l’aumento spropositato del costo dell’energia, forse non ci faranno arrivare a questi risultati, ma sicuramente arriveremo molto vicino, perché abbiamo già degli ottimi risultati nei primi tre trimestri dell’anno. 

Certamente, lo scenario macroeconomico non fa prevedere molto bene: con un prolungamento nel tempo dell’invasione dell’Ucraina, che ha reso la valutazione delle conseguenze dell’aggressione russa per l’economia globale più pessimistica, con il problema delle continue sanzioni. Secondo l’ultimo rapporto di previsione dell’Unione Europea, gli shock scatenati dalla guerra stanno spingendo l’economia europea su un sentiero di crescita più bassa rispetto a prima, e con più inflazione. Nonostante ciò, la moda non arriverà ai risultati dell’anno precedente ma comunque molto vicini: i primi due quadrimestri sono positivi

Bisogna ricordare che l’inflazione USA ha tutt’altra natura rispetto a quella Europea e ciò obbliga ad un discorso generale: la globalizzazione forse è stata male interpretata e ha pensato “tutti connessi e tutti uguali”: eppure siamo tutti diversi, si verifica l’abbattimento delle forze individuali di ogni singolo Paese e di ogni imprenditore che ha una certa autorevolezza anche in ambito mondiale.  Le politiche monetarie cercheranno di frenare l’inflazione, ma non saranno di sostegno alla crescita. 

Nelle ultime settimane, le quotazioni dell’euro sono state spinte al ribasso, che è sceso sotto la parità con il dollaro. Se da un lato ciò alimenta una maggiore competitività dell’industria europea, con l’euro già favorevole alle esportazioni, d’altro canto accentua le pressioni inflazionistiche all’interno dell’area euro; la Commissione Europea prevede che il Più europeo crescerà al netto dell’inflazione del 2,7% nel 2022, dell’1,55% nel 2023; ma il fondo monetario internazionale prevede una frenata del Pil globale del +6,1% dal 2021, al +3,2% del 2022, con gli USA che passano dal 5,7% al 3,3%, e la Cina dall’8,2% al 3,3% e la Russia dal 4,7% va al 6%, malgrado le sanzioni. Tutti i numeri si stanno muovendo, per quanto riguarda la crescita mondiale economica e di conseguenza  anche della crescita della moda.

La moda vale 3 trilioni e mezzo nel mondo, circa come un Pil di un Paese.

Io penso che alla fine nessuno voglia che si vada male: tutto vogliono che non si vada male, ma che si vorrebbe andare bene, ma fondamentale non andare male, perché poi va male per tutti, ma soprattutto per coloro che già non stanno bene e scusate le ripetizioni che comunque reiterano il concetto.

Non credo che avverrà una recessione importante, anche se i media tendono a catalizzare e ad enfatizzare gli aspetti negativi. Ricordiamo le parole di Draghi e il suo incoraggiamento ad agguantare il toro per le corna”: “essere pessimisti non serve a niente”.

Il tema della sostenibilità è sempre più importante per l’industria del Fashion, con un’accelerazione già da prima del 2019 in questo settore, quasi pioneristica rispetto alla sensibilizzazione delle persone normali e che è stata quasi imposta dalla recente crisi ecologica e dalla green economy.

Ho sottomano, come Docente di Economia della Moda presso La Sapienza, le tesi di molte studentesse che provengono da tutto il mondo  e che hanno scelto come tema la sostenibilità e come venga applicata nelle varie aziende; dai risultati che vedo, sembra che tutte le aziende si siano messe di buon grado al fine di ottenere la sostenibilità, anche se non completa, dall’inizio della supply chain. Hanno cercato di migliorare la sostenibilità, anche se non al 100%, ed è già un elemento positivo. 

Certo, si trovano a fronteggiare molte difficoltà: quando i costi urgono, la sostenibilità tende a passare parzialmente in secondo piano. L’imprenditore deve portare un flusso positivo a chiusura dell’anno e il periodo è di forte crisi per le aziende. 

La sostenibilità sarà sempre tenuta di conto, ma a volte è necessario non focalizzarsi ciecamente sul tema, come elemento prioritario, nel settore della moda. 

Mi sembra, oltre il settore della moda, che sull’argomento siano tutti molto idilliaci, ma la mia speranza è che non sia più una parola di moda, ma che la sostenibilità diventi davvero un tema di riflessione, a livello globale, e che faccia pensare in positivo anche in questi periodi così problematici. 

Quali le speranze per il nuovo governo, le politiche economiche più auspicabili.

Ci sono dei punti di domanda sul nuovo Governo, dobbiamo solo aspettare che agisca: non si può fare l’impossibile. Noi siamo legati mani e piedi con Usa e Europa, che abbiamo visto non ci tratta sempre bene.