Sebastiano Torcellan (DataExpert): "Accessibilità digitale significa costruire un futuro equo per tutti"


“È un dovere morale includere le categorie vulnerabili nel processo di validazione e nell’introduzione dei metadati che rendono accessibili i contenuti digitali” — con queste parole Sebastiano Torcellan, Presidente di DataExpert, azienda leader nella data intelligence e nella trasformazione digitale inclusiva, rilancia il tema dell’accessibilità digitale come pilastro irrinunciabile dell’innovazione tecnologica responsabile. “In un mondo sempre più interconnesso e digitale, garantire l’accesso ai contenuti online anche alle persone con disabilità o fragilità temporanee non è solo una questione tecnica: è una scelta etica e sociale, che definisce il livello di civiltà e maturità di una società”.


Con l’entrata in vigore, dal 28 giugno di di quest’anno, dell’European Accessibility Act, l’accessibilità digitale cessa di essere una buona pratica volontaria e diventa un obbligo normativo per aziende e fornitori di servizi digitali in tutta Europa.
“La grande novità dell’Accessibility Act è che per la prima volta si impone un quadro normativo unico e vincolante per garantire che dispositivi digitali, siti web, documenti elettronici e piattaforme di e-commerce siano davvero fruibili anche da chi ha disabilità visive, uditive, cognitive o motorie”, spiega Torcellan. “Il provvedimento riguarda una vasta gamma di prodotti e servizi — dagli smartphone agli sportelli automatici, dai software ai terminali bancari — che dovranno rispettare requisiti minimi di accessibilità per poter essere immessi nel mercato europeo”.


Non solo una sfida tecnica, ma soprattutto un’opportunità strategica: “L'accessibilità non è un vincolo, ma un acceleratore di innovazione. Rende le esperienze digitali più semplici, intuitive ed efficaci per tutti, non solo per chi ha una disabilità”, sottolinea Torcellan.


“Con un approccio integrato la nostra azienda lavora al fianco di realtà pubbliche e private per trasformare la comunicazione digitale in uno strumento di empowerment, capace di adattarsi alle esigenze individuali”.


Cosa cambia, davvero? Fino a oggi, l’accessibilità digitale era regolata da linee guida (come le WCAG – Web Content Accessibility Guidelines) il cui rispetto era spesso lasciato alla sensibilità del singolo ente. Con l’Accessibility Act, invece, ci saranno verifiche e sanzioni, e i prodotti non conformi potranno essere esclusi dal mercato.


“La logica cambia completamente: non si tratta più di ‘adattare’ in un secondo momento, ma di progettare fin dall’inizio pensando all’inclusione. È una rivoluzione culturale, prima ancora che normativa”, afferma Torcellan.
Per DataExpert, l’intelligenza dei dati è la chiave per progettare esperienze digitali personalizzate, accessibili ed empatiche. L’inclusione nasce anche dalla capacità di leggere correttamente i comportamenti, i bisogni e le preferenze degli utenti, per offrire contenuti comprensibili e strumenti realmente utilizzabili.


“Il nostro obiettivo è aiutare le aziende a diventare data-aware e people-first. Per farlo, dobbiamo unire tecnologia e ascolto, algoritmi e sensibilità umana. È questo il senso dell’innovazione responsabile”, conclude Torcellan.
L’introduzione dell’Accessibility Act segna una tappa storica nella costruzione di un’Europa digitale più inclusiva e sostenibile. Ma per trasformare la norma in cambiamento reale, serve l’impegno di tutti: sviluppatori, manager, designer, comunicatori. Secondo Torcellan, la vera accessibilità digitale non può prescindere dal coinvolgimento diretto delle persone più esposte a barriere informative e tecnologiche. “Non basta rispettare linee guida tecniche o applicare automatismi per generare versioni alternative dei contenuti. È fondamentale includere le categorie vulnerabili nei processi di test, validazione e ottimizzazione, perché solo così si possono intercettare davvero i bisogni e i limiti di chi, troppo spesso, resta ai margini del digitale”.


Un punto centrale del pensiero di Torcellan riguarda l’uso consapevole dei metadati, ovvero quelle informazioni strutturate che accompagnano contenuti digitali (immagini, testi, video, documenti) e ne permettono la comprensione anche da parte di tecnologie assistive, come screen reader o sintetizzatori vocali.


“Inserire correttamente i metadati è molto più che una buona pratica tecnica: è un atto di responsabilità. È ciò che rende il contenuto leggibile, interpretabile e navigabile per chi non può contare sui sensi convenzionali”, sottolinea Torcellan. E aggiunge: “Ogni omissione è un’occasione persa di inclusione.”


La posizione di DataExpert è chiara: l’accessibilità non è un’opzione, ma un requisito essenziale per qualsiasi progetto digitale pubblico o privato. E per ottenere risultati concreti, serve una cultura trasversale che metta al centro l’esperienza reale degli utenti, coinvolgendoli sin dalla fase di progettazione.


Torcellan invita aziende, enti pubblici, sviluppatori e comunicatori digitali a adottare un approccio più collaborativo e umano-centrico, in cui le tecnologie siano uno strumento per abbattere le disuguaglianze e non per amplificarle.