Fusione Fredda, Francesco Celani al GdI: "Chiuderanno il mio laboratorio a Frascati, in Italia ottusità e volontà distruttrice"

Il timore dei vari potentati, ovviamente, era stato ed è quello, che la declinazione della Fusione Fredda possa portare alla produzione di energia pulita nucleare a costi bassissimi ed illimitata, distruggendo, di fatto, molti imperi finanziari

L’ennesimo golpe agostano contro la Fusione Fredda e le sue applicazioni nel risparmio energetico, eccellenza italiana internazionalmente riconosciuta, si sta consumando cinicamente proprio in questi giorni, in omaggio alla spietata legge del “nemo profeta in patria”. Qualcuno, nell’ombra, nell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Frascati, appellandosi ad un cavillo burocratico o per infausta volontà, speriamo all’insaputa degli apparati governativi, chiuderà il laboratorio di Francesco Celani, il fisico italiano di fama mondiale pluripremiato da istituzioni e da oltre trenta prestigiose università di decine di nazioni, distruggendo materialmente particolari reattori nucleari e tecnologie, e disperdendo oltre 35 anni di ricerche, oggi, di fatto, bene comune del Popolo e dello Stato italiano.

E proprio – che beffa! - mentre il fisico e ricercatore, due volte proposto per il Premio Nobel per la pace (2014 e 2015), uno dei massimi esperti mondiali del settore, è impegnato a Strasburgo a relazionare, sulle innumerevoli possibilità di applicazioni della Fusione Fredda, il 5 settembre prossimo, alle camere riunite in seduta plenaria del Parlamento europeo, aperto al pubblico per l’occasione, e a tenere concione nel convegno, raduno annuale – IWAHLM16 - dei maggiori ricercatori di questa rivoluzionaria tecnologia, che potrebbe anche cambiare i destini dell’umanità e che ci vede primeggiare insieme a Giappone, Stati Uniti e Francia.

La Fusione Fredda ha una storia controversa, nel nostro Paese, fatta di geniali e rivoluzionarie intuizioni e letali censure, tanto da far dire al professore Giuliano Preparata, docente di Fisica Nucleare all’Università degli Studi di Milano, scomparso nell’anno 2000, uno dei massimi studiosi del fenomeno, insieme ad Emilio del Giudice e Tullio Bressani, in stretto contatto con Martin Fleischmann e Stanley Pons, i primi scopritori del meccanismo di fusione, “Noi siamo stati boicottati in modo tenace e insensato dalla scienza ufficiale e dalla finanza internazionale e da tutti i  poteri forti”. Tra questi, tra l’altro, non vanno esclusi gli ambienti militari, interessati al fenomeno per impieghi bellici.

Il timore dei vari potentati, ovviamente, era stato ed è quello, che la declinazione della Fusione Fredda possa portare alla produzione di energia pulita nucleare a costi bassissimi ed illimitata, distruggendo, di fatto, molti imperi finanziari.

I primi esperimenti italiani, sulla Fusione Fredda, videro attivi, ad alcuni giorni dalla dichiarazione ufficiale di Fleischmann e Pons, nel 1989, proprio  il fisico ricercatore Francesco Celani, Nicola Cabibbo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’interessamento del professore e fisico Giorgio Parisi, futuro Premio Nobel per la Fisica, nel 2021. Contemporaneamente iniziarono le ricerche un gruppo di fisici dell’Enea di Frascati, coordinati dal fisico Francesco Scaramuzzi e il gruppo del professor Preparata, a Milano. Anche il Premio Nobel Carlo Rubbia, allora presidente dell’Enea, nel 1999, interessatosi alla Fusione Fredda, commissionò una ricerca organica, che ebbe successo e rilevanza, ad un gruppo di ricercatori, tra i quali Emilio del Giudice, Antonella De Ninno e Antonio Frattolillo, sempre in contatto con Preparata.

Per ragioni, ancora oggi inspiegabili, infinite difficoltà, boicottaggi e censure comparvero sulla strada della Fusione Fredda italiana, tanto da dar vita a numerose inchieste giornalistiche, culminate con il famoso “Rapporto 41”, una plateale denuncia delle angherie subite dai fisici italiani, a cura del giornalista Angelo Saso. Anche la giornalista Milena Jole Gabanelli fu una delle prime a sollevare il crescente scandalo sul boicottaggio della Fusione Fredda italiana, alla quale si interessarono anche i gruppi Fiat e Pirelli e Gian Marco Moratti, sostenitore di Preparata. Oggi ci risiamo e a pagarne le conseguenze è il fisico Francesco Celani.

Dottor Celani perché parliamo di un’eccellenza nazionale e quale è il primato italiano nel mondo, in questo settore?

“Siamo stati i primi ad evidenziare, che i fenomeni di Fusione Fredda avvenivano unicamente in situazione di forte non equilibrio termodinamico, dando un decisivo impulso alla ricerca nel campo e alle sue applicazioni, punto di partenza per la realizzazione di un reattore funzionale alle applicazioni anche familiari”.

Che cosa significa?  Ogni famiglia potrà disporre di energia gratuita ed illimitata? A che punto siamo nella ricerca?

"Il Giappone, il paese che maggiormente sta investendo nella Fusione Fredda, ritiene che nel giro di tre, massimo quattro anni si possa arrivare ad un prototipo di piccolo reattore, del tutto innocuo, da dare ad ogni famiglia, della potenza di 5/6 kilowattore, dei quali due elettrici e quattro termici. E’ un progetto Toyota, molto avanti. Ci stanno lavorando anche alla Mitsubishi, alla Miura e al gruppo Tanaka. Nel 1995 anche in Italia si interessarono alla Fusione Fredda gruppi come Fiat, Eni, Enel e Pirelli. Alla morte di Preparata, però, sulla fusione fredda scese un velo di palese censura".

Sarebbe una grande rivoluzione per il nostro Paese e per l’umanità?

"Certamente, ma da noi è inspiegabile l’ottusità e la volontà distruttrice, verso le ricerche in questo campo. Per un cavillo burocratico, la mia età pensionabile, o per una volontà perniciosa e cieca, rischiamo di retrocedere in questo settore, perchè il mio laboratorio verrà chiuso e smantellato, disperdendo oltre 35 anni di ricerca, inclusi i preziosi materiali e strumenti costruiti in questo lungo lasso di tempo. E’ intuibile, da chiunque, la valenza e la portata di queste ricerche nelle quali noi eccelliamo. Rappresenterebbero una svolta epocale per tutta l’umanità. Ed è palese la volontà sabotatrice, che non trova giustificazione alcuna, se non quella di volere, con una censura da controriforma, mandare al rogo ogni cosa".

Ma come mai tanti ostacoli alla ricerca italiana in questo settore? Parliamo di numeri e di che cosa investono gli altri Paesi.

"Qualcuno teme la ricerca della Fisica italiana, che da Alessandro Volta in avanti, non ha mai smesso di sfornare eccellenze planetarie, con fisici rivoluzionari come Marconi e Fermi e innumerevoli Premi Nobel, sei con loro, nel 1909 e 1938, come Emilio Segré (1959), Carlo Rubbia (1984), Riccardo Giacconi (2002) e Giorgio Parisi (2021). Siamo bravi, abbiamo storia, e per questo ci boicottano anche a livello internazionale. C’è poi una volontà a deprimere la ricerca italiana, da parte di una componente negativa della politica italiana, che troppo spesso non risponde agli interessi nazionali e a quelli sostanziali dello Stato e del Popolo italiano.  I numeri parlano chiari. Noi per capacità di ricerca, in questo settore, siamo tra i primi tre al mondo. E lo facciamo con pochi spiccioli, rispetto agli altri. In Giappone investono ogni anno nella ricerca sulla Fusione Fredda 10/15 milioni di euro, l’anno, con un gruppo di 15 ingegneri e 5/6 ricercatori. Negli Stati Uniti si parla di 50/100 ingegneri, impegnati in vari fronti di ricerca, ed investimenti per  centinaia di milioni di dollari. Da noi sono stati stanziati, recentemente , 250 mila euro spalmati su quattro anni. E vogliono chiudermi e tombare il laboratorio. E dire che siamo un’eccellenza mondiale riconosciuta. E’ un’aggressione al futuro tecnologico del nostro Paese".

Ma chi dovrebbe intervenire e quali possono essere le possibili soluzione perché il patrimonio da lei consolidato non vada disperso?

"In un paese sovrano e identitario dovrebbero intervenire immediatamente, in primis, i ministeri della Ricerca, delle Infrastrutture, dell’Industria e anche della Difesa, per le implicazioni nei diversi campi, nei quali la Fusione Fredda può essere  applicata. Si sta interessando al mantenimento del laboratorio anche la Regione Lazio, in un più vasto rilancio dell’occupazione, con la promozione di un distretto per lo sviluppo e le applicazione nel comparto delle alte tecnologie. Eppure basterebbero investimenti di 500/600mila euro l’anno per attivare da uno a tre reattori sperimentali, insieme a quanto c’è oggi nel laboratorio di Frascati. A che titolo si vuole distruggere quanto fatto in 35 anni di ricerca? Con quale autorità si manda al macero un patrimonio della comunità e del Popolo italiano, internazionalmente riconosciuto, ipotecando il suo futuro? E’ un modo barbaro di umiliare la ricerca e la cultura scientifica italiana".

Domande legittime, da girare a chi ci governa, con obbligo di risposta e di soluzione

Di Fabrizio de Marinis.