Svizzera, in sviluppo il primo bioprocessore vivente al mondo, la piattaforma della start-up FinalSpark aperta ad università e ricercatori
La Svizzera all'avanguardia nello sviluppo di processori e circuiti viventi, il cosiddetto 'wetware': la 'Neuroplatform' pionieristica di FinalSpark svela nuovi orizzonti per la ricerca biocomputazionale e la sostenibilità ambientale
Lo scorso 15 maggio, la start-up svizzera FinalSpark ha lanciato la prima piattaforma di ricerca per lo sviluppo di tecnologie di calcolo biocomputazionale, cioè basata su 16 organoidi cerebrali umani, allo scopo di condurre esperimenti e perfezionare così il primo bioprocessore informatico vivente al mondo. Interamente gestita da remoto, i ricercatori di tutto il globo vi si potranno collegare per condurre esperimenti in questo campo, mentre già 9 istituzioni diverse si sono viste concedere l’accesso per promuovere la ricerca e lo sviluppo delle biocostruzioni. Altre tre dozzine di università sarebbero già interessate ad accedere alla 'Neuroplatform' (questo il nome dell'innovativa infrastruttura informatica). "Noi crediamo fermamente che un tale ed ambizioso obiettivo possa essere raggiunto solo attravero la collaborazione internazionale", ha dichiarato il Dr. Fred Jordan, co-fondatore di FinalSpark insieme a Martin Kutter.
Un calcolatore basato su cellule neuronali sviluppate in vitro
La piattaforma dà accesso a 16 organoidi di cervello umano: si tratta di repliche semplificate di tessuto celebrale umano ricreate in vitro e realizzate a scopi di ricerca, collegati ad elettrodi e circuiti stampati. L’obiettivo è quello di sviluppare il primo processore informatico (CPU - Central Processing Unit) vivente al mondo. Questi bioprocessori contengono neuroni in grado di apprendere ed elaborare informazioni, per di più consumando molta meno energia rispetto a quelli tradizionali: FinalSpark sostiene che l’ordine di grandezza sarebbe di un milione di volte inferiore, riducendo così significativamente l’impatto energetico ed ambientale associato ad un aumento esponenziale delle risorse informatiche. Questi organoidi però hanno una durata limitata, che attualmente si aggira intorno ai 100 giorni, a differenza dei chip al silicio che possono durare anni, se non decenni. Inizialmente, quelli coltivati da FinalSpark duravano solo poche ore, ma grazie a progressivi miglioramenti, la durata effettiva è aumentata. Ad oggi, 100 giorni risultano un tempo adeguato per condurre esperimenti che durano diversi mesi.
Un periodo stimolante per essere ricercatori
La storia di questa azienda di biocomputing si lega dunque anche alle sfide per ridurre le emissioni nel settore tecnologico. Infatti, in vista della diffusione di soluzioni di Intelligenza Artificiale, chip sempre più performanti (ed esigenti in termini di prestazioni), sarà importante rendere efficiente l’infrastruttura che processa le operazioni. Ma la convergenza con gli avanzamenti scientifici anche nel campo della biologia e delle colutre cellulari staminali, hanno aperto nuovi orizzonti nel campo della biologia sintetica e del 'wetware' computing (da wet - umido, con accezione di organico e hardware, le componenti fisiche di un computer, elettroniche o meccaniche). Lanciata dieci anni fa, FinalSpark è al lavoro da molto tempo per realizzare una generazione biotech di processori digitali. "È un periodo stimolante per essere ricercatori", ha detto l'altro fondatore di FinalSpark, Martin Kutter.