Beatles, guru dell'AI e del copyright
I Beatles continuano anche ora a distanza di oltre cinquant’anni dal loro scioglimento, ad essere maestri di modernità. Paul McCartney, ha annunciato tre settimane fa di aver realizzato con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale la canzone “finale” dei Beatles . Nello specifico, ha “estratto” la voce di John Lennon da una vecchia traccia demo e completata con la sovrapposizione della sua voce e di nuovi arrangiamenti. Molti sono stati critici, ma Ringo Starr ha dichiarato due giorni fa che il brano è fantastico e lui ne è entusiasta. “Molti seguiranno il nostro esempio” ha dichiarato.
Ciò che hanno rappresentato sinora i Beatles per la musica popolare (qualcosa di paragonabile solo all’influsso di Mozart o Bach nella musica “colta”) è sotto gli occhi di tutti. Anche se la loro influenza è andata ben oltre il campo della musica e del costume. Senza i Beatles infatti non si spiegherebbe gran parte dell’arte, della letteratura e della poesia contemporanee e anche della tecnologia. Dopo tutto Steve Jobs ha usato il loro marchio – la mela – e aggiungendo un solo morso, ha creato il brand più diffuso sulla Rete. Ma i Beatles sono stati dei maestri anche nella convinta e attiva difesa della propria creatività, del proprio copyright (in realtà, dal 1985, di quella parte che restava loro dopo la parziale cessione dei diritti a Michael Jackson). Le battaglie in questo campo non si contano (da quelle storiche contro le cover di Sgt Peppers a quelle più recenti, come quella contro la curiosa band i “Beatallica” che mischiava la musica dei quattro di Liverpool con quella dei Metallica) fino al sofferto accordo con iTunes Store che ha visto ancora protagonista Paul McCartney. Tra l’altro Paul, con una gestione più che attenta dei propri diritti d’autore, è diventato in questi anni “il cantante più ricco del mondo” secondo Forbes e con un patrimonio di oltre 1,2 miliardi di dollari è il terzo uomo più ricco di Gran Bretagna. Anche questo è un messaggio per i giovani autori (non basta avere il dono della creatività, bisogna proteggerla) e vale più di tante parole. E se non bastasse l’esempio del mito McCartney ve ne è un altro da parte di un altro mito: Bob Dylan che ha venduto il suo intero catalogo per circa 400milioni di dollari (questa sarebbe la vera cifra secondo Tim Ingham su Rolling Stone) ad Universal Music (di proprietà del gruppo francese Vivendi). Il suo esempio è stato subito seguito da altri “grandi” della musica pop tra cui Neil Young che ha ceduto la metà dei diritti di tutte le sue canzoni al fondo d’investimento inglese Hipgnosis Songs. Nell’accordo, Dylan ha ceduto oltre 600 canzoni – compresi i super capolavori “Blowin’ in the Wind”, “The Times They are A- Chanping, “Like a Rolling Stone”, - pubblicate a partire dal 1962 da diverse case editirici ma di cui il Premio Nobel Dylan ha sempre accuratamente mantenuto e tutelato i diritti. Quanto il grande Bob sia attento alla tutela del copyrght è confermato anche dal fatto che nell’accordo si è lasciato libero di gestire in via del tutto autonoma ogni sua nuova e futura produzione. Ad oltre 82 anni, un gran bel segnale di fiducia nonché di sano pragmatismo.