Ogni giorno uno, due, dieci omicidi efferati e stupidi, ma non ce ne accorgiamo più: al massimo li giustifichiamo, con la candela in mano
Baristi killer, youtuber scriteriati, criminali a mani nude, stupratori, il boom della prostituzione social: per tutto c'è chi ammicca e regge il gioco. Le vittime non contano niente, il garantismo a senso unico premia i boia, la fiaccolata esorcistica risolve tutto.
Mondo, abbiamo un problema. Un barista fallito ammazza con 50 coltellate la fidanzata incinta, confessa “e gli affiora un sorriso di compiacimento: sì, l’ho fatto io”, programmava di fare lo stesso con un’altra morosa e forse con una collega che aveva capito tutto. Cinque balordi che giocano a fare le corse su un bolide in una zona praticamente a traffico pedonale travolgono una Smart facendo a pezzi un bambino e si rammaricano che la loro intrapresa commerciale, dedita alle “sfide estreme”, sia stata chiusa. Due romeni ammazzano a calci in testa “come fosse stato un pallone” un operatore sociale di 40 anni per un pretesto. Due sedicenni nel Napoletano uccidono a mani nude un africano che aveva la sola colpa di essere un senzatetto. Un diciassettenne che infarcisce i social di messaggi criminali squarta una coetanea, la chiude in un sacco e la trasporta su un carrello fino a un cassonetto. Il tutto in poche ore. E senza contare la trafila quotidiana di stupri e violenze varie su malcapitate per la strada o fuori dalle stazioni dei treni. Ce n’è abbastanza per concludere che siamo oltre il manicomio criminale, oltre i film splatter. Comportamenti demenziali, spiegazioni farneticanti e l’informazione che ci mette del suo fornendo giustificazioni non richieste e comunque pazzesche, i due che hanno fatto a pezzi il clochard definiti “scugnizzi” quasi con affetto. Resta un senso del limite, una residua percezione di ciò che va e che non va fatto? Non resta, l’importante è uscire dal merdaio dell’anonimato a qualunque costo, in qualsiasi modo e poi vantarsene. In tutti questi ed altri casi al di là dell’efferato e del cannibalesco colpisce la totale mancanza di ogni rimorso, di una parola di ripensamento, di un istinto, umano, naturale, improntato all’ammissione di colpa: tutti che, fin che possono, imbrogliano, confondono, il barista era arrivato a simulare delle conversazioni con la sua vittima e la incolpava di ingratitudine, “sei una stronza”. E l’aveva già macellata. Un deprimente escamotage o una indole schizoide? I cinque youtuber, secondo testimonianze da verificare, sono arrivati a filmare la carcassa della utilitaria appena travolta col bambino dentro, e i loro sostenitori, che non potevano mancare, hanno detto: se l’è cercata quella madre, aveva una Smart da poveraccia.
Dopodiché si è legge di tutto, quasi sempre a senso unico. Orge di campagne, di appelli, di sensibilizzazioni, di trovate idiote tipo vietare il numero 88 sulle maglie dei calciatori per combattere il nazismo, proibire le parole, le battute, “odiare ti costa”, ma alla fine le vere vittime secondo tradizione cattocomunista distorta restano i carnefici da redimere, da salvare, da sgravare, “Nessuno tocchi Caino”, che sarebbe a dire quel che è fatto è fatto, a che serve ormai arrestare, anche se belli pasciuti ai domiciliari serviti da mamma e papà; i social che non c’entrano, si ripete e invece c’entrano, non come cause determinanti ma scatenanti sì perché è innegabile che alimentano le pulsioni peggiori, l’esibizionismo criminale; il che non implica una sua censura o regolamentazione dirigista, peraltro inapplicabile, ma almeno che ne si prenda atto, almeno non nascondersi che chi inventa la barca inventa anche il naufragio. Invece no. Si cercano, e si trovano, le scriminanti più inverosimili e inconcepibili e ci sono commentatori che su questo sconcio hanno fatto carriera: si dicono garantisti ma quello loro è un garantismo regolarmente in favore degli zombie, che non considera in alcun modo i divorati. Due studentelli sparano con la pistola ad aria compressa una raffica di pallini di gomma in faccia a una insegnante che per poco non ci rimette un occhio: nessuno va a scusarsi, anzi la prendono in giro, la filmano sui soliti social e alla fine li ammettono all’esame col 9 in condotta, al che l’ineffabile ministro all’Istruzione, Valditara, fa la porcata astuta che mette tutti d’accordo: abbassa il 9 fino al 7, sufficiente comunque alla promozione in carrozza. Astuta ma penosa, tanto più che questi della “nuova” destra dovevano essere quelli del merito, della fine del lassismo. Invece sono dei parvenu che come aprono bocca fanno schifo quanto chi li precedette e l’unica cosa che vogliono è durare, rotti a qualsiasi compromesso. Esattamente come gli altri. Dicono i familiari dei due cecchini: ma sì, quante storie, c’è di peggio, solo una bravata. Anche il minorenne di Abbiategrasso che ha cercato di finire a coltellate una prof da cui si sentiva “guardato storto” ha la sua brava famiglia che ha fatto ricorso contro la bocciatura “perché questo è accanimento, si vuole provocare un trauma a nostro figlio, e poi quella si è salvata o no?”. Perfino quel povero pirla di Cospito, anarchico per questioni di corna e di tedio adriatico, che davanti ai giudici praticamente rinnega la sua missione terroristica con un ragionamento da gesuita: “Ho tirato le bombe, ci ho provato, ma non ho ammazzato nessuno”. E lo scusa, lo difende gente come Sansonetti, Vauro e le professoresse democratiche.
Di fronte a situazioni del genere una informazione provvista di dignità dovrebbe segnalare che abbiamo un problema “grosso come una montagna”, non girarci intorno con losche indulgenze acchiappalettori o formulette woke ormai indigeste perfino ai fanatici più incalliti. Invece l’informazione che non informa più, perché questo giornalismo puttanesco è a pieno titolo entrato nel gioco circense del meretricio e della vanità oscena, si adegua e regge bordone. Se una diciottenne sgomita annunciando la sua insopprimibile esigenza di “fare pompini come una lurida troia di merda”, un giornalismo di opinione che vale qualcosa ha non il diritto ma il dovere di inchiodarla alla sua pochezza; non di assecondarla come fa chi le chiede, sull’ammiccante finto ingenuo: “Perché di merda?”. E la sciagurata: “Perché così mi degrado di più”. Ma cosa è che si cerca, il gusto dell’abiezione complice, l’indurimento facile e laido del sessantenne con problemi di tenuta? Sarebbe questo lo spirito libertario? Se glielo fai notare, questi libertari del bonifico ti guardano come un coglione e ti spiegano pazienti: ma questo tira, fa ascolti. Sì, certo, anche Angelo Izzo tira, ma farci lingua in bocca fa abbastanza schifo: nel non voler essere giustizieri, si finisce per esserlo degli straziati, uccisi due volte.
Alla fine gli unici di cui indignarsi sono i morti di fame che, sempre sui fatidici social, si scannano fra chi difende i mostri e chi li odia con minacce demenziali: ti polverizzo, ti sciolgo nell’acido. Ma questi non contano niente. Colpisce, su tutti, un particolare: mai, mai dopo un fatto disumano si sente qualcuno parlare di responsabilità, questa è una parola bandita dal lessico civile, dalla conversazione condivisa. Non la pronunciano i carnefici, non la dicono le famiglie, ne stanno alla larga le istituzioni, la politica la evita per ragioni facili da intuire, l’informazione la tiene come l’aglio i vampiri. Ma è sempre la stessa informazione che si esaltava all’idea del regime concentrazionario e si eccitava “tirando fuori il greenpass”. Molto meglio la fiaccolata esorcistica che non manca mai anzi è diventata parte essenziale di ogni fatto atroce e se mai il momento clou. Non fanno a tempo a scoprire il cadavere, ancora caldo, di una ragazzina in un bidone dell’immondizia che già il quartiere annuncia la fiaccolata “per la pace, contro i cambiamenti climatici e vestitevi di bianco”, che va meglio per le riprese televisive. Nel tempo delle app e dell’intelligenza artificiale si torna alle rappresentazioni tetre di sapore medievale, fiaccolate per tutti gli eventi e per tutti i gusti. Ne ho vista una, al telegiornale, in occasione del cordoglio per la ragazza al settimo mese trucidata dal fidanzato barista: davanti la speaker che sprecava formule retoriche, il paese sotto choc, la comunità sconvolta, dietro i paesani che passavano ridendo, filmandosi, facendo le smorfie. Mondo, Italia, abbiamo un problema: che i problemi, anche i più infami, non disturbano più nessuno, non ce ne accorgiamo più. Mi ha scritto una lettrice: “La scuola è morta, ci lavoro e non lo dico a caso”. Ma qui è tutto morto, è tutto anime morte di Gogol, e i più morti di tutti siamo noi che dovremmo solo vergognarci e invece facciamo finta di niente e tra la vittima e il carnefice scegliamo sempre il carnefice perché fa vendere di più.