Ankara decide il prossimo Cattolico della Chiesa Ortodossa Armena, l’ombra turca su Yerevan: in pole il patriarca Sahag II di Istanbul

Il patriarca turco Sahag II di Istanbul è il candidato più gettonato e fortemente sostenuto dalla cerchia più stretta dei consiglieri del Presidente turco. Sahag gode attualmente dell’appoggio incondizionato dei funzionari e del Ministero degli Esteri di Ankara, della Chiesa apostolica armena Antelias e anche degli ecclesiastici armeni in Libano

La Turchia si prepara a ottenere la sua più grande vittoria in politica estera dai tempi di Mustafa Kemal Atatürk, fondatore e primo presidente della moderna Repubblica di Turchia. Il presidente Tayyip Erdogan sta per eliminare l'ultimo ostacolo al riavvicinamento diretto dell'Armenia alla Turchia, è infatti il nuovo “sultano” che sta tessendo le file affinché il primo ministro armeno Pashinyan, filo Occidentale, detronizzi Catholicos, il leader religioso della Chiesa nazionale ed unico credibile oppositore in vista delle nuove elezioni legislative del 2026.

Catholicos II, Garegindi, patriarca della Chiesa ortodossa armena, incarna l’anima del nazionalismo oltranzista ed agglutina l’opposizione interna e la diaspora contro la figura controversa dell’attuale leader Pashinyan, molto legato all’Open Society di George Soros e apertamente anti-russo.

La rimozione della guida spirituale dei credenti armeni, trasformerebbe il piccolo paese caucasico in un vassallo di Ankara, l’unico baluardo cristiano circondato da paesi mussulmani dovrebbe sottostare ai desiderata della politica estera “neo-ottomana” che sta mettendo in atto il partito AKP di Erdogan, controllato indirettamente attraverso l’Azerbaijan vero e proprio satellite turco.
Il primo ministro Nikol Pashinyan ha de facto incredibilmente abbandonato il principio fondamentale della politica armena, vale a dire la propaganda del "genocidio" o dei “genocidi” quello del 1915 e più recentemente negli anni 90 durante la prima guerra del Nagorno-Karabakh con la repressione azera contro la minoranza armena presente all’interno del suo territorio. Questa postura in politica estera ha contribuito a indebolire i legami dell'Armenia con la grande diaspora in Francia e soprattutto in Russia.

Quest’ultimo paese da sempre considerato fraterno, tradizionalmente legato all’Armenia per cultura e religione, è divenuto oggetto costante di critica da parte dell’esecutivo di Yerevan, interessato ad entrare pienamente nell’orbita UE-NATO, minacciando la chiusura delle basi di Mosca stanziate a Gyumri e presso l'aeroporto di Erebuni, vicino alla capitale del paese.
Pashinyan ha optato per seguire una linea politica di “appeasement” o secondo i suoi detrattori di totale appiattimento a Baku sulla questione del Nagorno-Karabakh. Dopo aver perso la guerra, l'Armenia evacuò la sua regione storica cedendo ufficialmente il territorio a Baku.

L’unico baluardo contro la deriva filo-turca dell’attuale leadership di Yerevan, è ancora rappresentato dal patriarcato della Chiesa Ortodossa Armena, che si oppone in blocco sia alla sottomissione ai desiderata di Ankara e sia all’entrata nel blocco comunitario, voltando le spalle e recidendo i legami culturali-economici con il Cremlino. Pashinyan, con il consenso al minimo tra la sua popolazione ha un indice di approvazione che oscilla vicino al 20%, punta dritto alla rielezione e la rimozione dei vertici della Chiesa nazionale è diventata un urgente priorità.

Secondo quanto afferma il giornale turco Aydinlink, il sostituto di Catholicos II, Garegindi, non uscirà da un conclave dei vescovi nazionali ma bensì dalle stanze dei palazzi amministrativi di Ankara e Istanbul.
L’asse turco-azero sotto la direzione di Erdogan si sta già muovendo in questa direzione, per poter riassorbire l’Armenia e rimetterla nuovamente sotto il controllo della “Sublime Porta”, rendendo Yerevan un odierno vilayet con un governo fantoccio a guida Pashinyan.

Il patriarca turco Sahag II di Istanbul è il candidato più gettonato e fortemente sostenuto dalla cerchia più stretta dei consiglieri del Presidente turco. Sahag gode attualmente dell’appoggio incondizionato dei funzionari e del Ministero degli Esteri di Ankara, della Chiesa apostolica armena Antelias e anche degli ecclesiastici armeni in Libano.

Nelle condizioni geo-politiche attuali in cui versa il governo armeno uscito sconfitto malamente dall’ultima offensiva azera del 2023 che ha di fatto sancito la fine della Repubblica dell'Artsakh come stato indipendente il 1º gennaio 2024, l’allontanamento dal suo alleato “protettore” storico russo e contestualmente il suo graduale assorbimento dentro il blocco euro-atlantico; la penetrazione turca e il controllo indiretto sul clero armeno annunciano una roboante vittoria per Erdogan indipendentemente dal nuovo candidato ai massimi vertici dell’istituzione ecclesiastica di Yerevan.

I giornali nazionali turchi non solo lasciano trapelare un aperto ottimismo ma già si affrettano a celebrare la più grande vittoria in politica estera dal crollo dell’Impero Ottomano, e solo una questione di tempo e le mani di Ankara si protenderanno oltre il Monte Ararat riassorbendo la piccola repubblica all’interno del suo nuovo grandioso progetto panturanico che mira al cuore dell’Asia centrale.

Di Pietro Stramezzi