Guerra Ucraina, la voragine per i conti pubblici Ue: l'asse guerrafondaia Bruxelles-Berlino ci trascina verso disastro economico e militare
L'Europa deve avere il coraggio di guardare in faccia la realtà e di fermare questo quartetto di irresponsabili prima che ci trascinino in una catastrofe irreversibile. Merz, Von der Leyen, Kallas e Rutte stanno giocando con il fuoco, e sono i cittadini europei a rischiare di bruciarsi. Questa guerra è perduta
Il Consiglio Europeo ha deciso di stanziare altri 90 miliardi di euro per l'Ucraina. Non attraverso l'utilizzo dei tanto discussi asset russi congelati, ma mediante un prestito garantito dal bilancio comune dell'Unione. Un prestito che Kiev dovrebbe rimborsare "solo quando riceverà le riparazioni dalla Russia". In altre parole: MAI.
Cresce il dissenso trasversale contro Merz, Von der Leyen, Kallas e Rutte
L'analista Dario Fabbri lo ha espresso chiaramente e senza mezzi termini in diretta televisiva su La7: "Se aspettiamo che l'Ucraina poi ripaghi quei 90 miliardi, campa cavallo; se poi immaginiamo che quei miliardi siano garantiti attraverso le riparazioni pagate dai russi, entriamo addirittura in un ambito onirico che sfiora la fantascienza". Una valutazione realistica che dovrebbe indurre alla riflessione chiunque abbia ancora un minimo di lucidità nell'analisi della situazione. C'è qualcosa di profondamente inquietante nel vedere quattro figure – Friedrich Merz, Ursula von der Leyen, Kaja Kallas e Mark Rutte – spingere con sfacciata e pericolosa arroganza l'Europa verso una guerra suicida contro la Russia. Questi quattro irresponsabili, con la loro miscela esplosiva di incompetenza, ideologia bellicista e totale disprezzo per le conseguenze delle proprie azioni, stanno trasformando l'Unione Europea in una polveriera pronta a esplodere. Friedrich Merz, il nuovo cancelliere tedesco, incarna il ritorno dello spirito guerrafondaio prussiano che tante tragedie ha già seminato nel continente. Dopo aver dichiarato che "la Russia è già in guerra con la Germania", Merz è arrivato al punto di paragonare il piano di pace di Trump al cedimento degli occidentali a Hitler – un'oscenità storica che dimostra quanto sia distaccato dalla realtà. Ha proposto di utilizzare i missili a lungo raggio Taurus contro la Russia e addirittura di avviare la produzione di armi direttamente sul territorio ucraino. Una follia che ha lasciato esterrefatti persino gli alleati europei. Ursula Von der Leyen ha trasformato la Commissione europea in un ufficio acquisti per l'industria bellica. La sua ossessione è una sola: armi per l'Ucraina, centinaia di miliardi di euro in un flusso continuo che non si arresta mai. Ha annunciato "appalti congiunti nel settore della difesa, proprio come abbiamo fatto con i vaccini" – ricordiamo tutti come è finita quella storia, tra contratti secretati, miliardi sprecati e profitti stratosferici per le multinazionali. Ora vuole replicare il modello con le armi, mentre i produttori di armamenti stappano già lo champagne. Kaja Kallas, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'UE, ha portato la retorica antirussa a livelli isterici, alimentando una nuova guerra fredda e sabotando ogni possibilità di dialogo diplomatico. La sua russofobia patologica ha contribuito a creare un clima di tensione che rende sempre più difficile qualsiasi de-escalation. Mark Rutte, Segretario Generale della NATO, ha dichiarato apertamente che "la Russia ci ha già dichiarato guerra, è già in guerra con noi, per il momento in una guerra ibrida, ma fra poco anche in una guerra vera e propria". Una dichiarazione che sfiora la follia e che sembra quasi un augurio anziché un'analisi. Rutte sta spingendo per il riarmo massiccio dell'Europa, trasformando l'Alleanza Atlantica da strumento difensivo a macchina bellica offensiva.
Il paradosso: AFD più equilibrata dei presunti “democratici”
Ed eccoci al paradosso dei nostri tempi: l'Alternative für Deutschland (AfD), noto partito tedesco di estrema destra in forte ascesa, e Die Linke, il partito della sinistra tedesca, appaiono infinitamente più equilibrati e ragionevoli di questi quattro guerrafondai che occupano le più alte cariche europee. Sia AfD che Die Linke si oppongono fermamente al riarmo e chiedono una soluzione diplomatica al conflitto ucraino. Quando i cosiddetti "estremisti" parlano di pace e diplomazia, mentre i "democratici moderati" parlano di guerra e riarmo, forse è il caso di chiedersi chi siano i veri estremisti. La definizione di Kirill Dmitriev, rappresentante speciale del Cremlino, è brutale ma precisa: Von der Leyen, Merz "e gli altri guerrafondai europei" hanno subito "un colpo fatale" e "dovrebbero dimettersi" dopo il fallimento del piano di confisca degli asset russi.
La rivolta trasversale contro i guerrafondai
Le voci di dissenso contro questo quartetto della follia si stanno alzando in tutta Europa, da destra e da sinistra, in un raro momento di convergenza trasversale. In Italia, il 71,4% degli italiani ritiene che l'UE sia destinata a sfasciarsi senza riforme radicali, e il 66,3% attribuisce all'Occidente la colpa dei conflitti in corso. Non sono solo "populisti" o "sovranisti": è il buon senso popolare che si ribella all'irresponsabilità criminale di chi ci governa. Persino Paesi tradizionalmente allineati come Belgio, Italia, Malta e Bulgaria hanno avuto il coraggio di opporsi alla follia della confisca degli asset russi, costringendo Von der Leyen e Merz a una clamorosa sconfitta politica. Il Primo Ministro belga Bart De Wever è stato chiaro: "Chi crede davvero che la Russia verrà sconfitta in Ucraina? Sono favole, pure illusioni".
Il conto salato di una guerra già persa
Facciamo un rapido calcolo. Dal febbraio 2022 ad oggi, l'Unione Europea ha già erogato all'Ucraina oltre 156 miliardi di euro tra assistenza finanziaria, militare e umanitaria. Nel dettaglio: 43,3 miliardi in assistenza macrofinanziaria, 11,1 miliardi attraverso lo strumento europeo per la pace, 66 miliardi complessivi considerando anche il sostegno militare degli Stati membri, 4,2 miliardi in aiuti umanitari. Con i nuovi 90 miliardi appena stanziati, che dovrebbero andare a coprire solo il biennio 2026-2027, il totale complessivo degli impegni europei verso Kiev supererà i 220 miliardi di euro. Una cifra astronomica che non include i costi indiretti: l'accoglienza dei rifugiati (17 miliardi solo per i fondi di coesione riassegnati), l'impatto energetico, le conseguenze economiche delle sanzioni contro la Russia. Ma qui sorge la domanda fondamentale, quella che nessuno a Bruxelles sembra volersi porre: e dopo il 2027 cosa facciamo? Continuiamo a versare altri 45 miliardi all'anno? Per quanto tempo? Fino a quando questo conflitto, ormai trasformatosi in una guerra di logoramento senza via d'uscita, continuerà a divorare risorse pubbliche europee?
La follia della confisca: una rapina mascherata da diritto
Il fatto che si sia scelto il prestito garantito dal bilancio UE anziché l'utilizzo diretto degli asset russi congelati rappresenta, almeno, un sussulto di realismo giuridico dopo che Von der Leyen e Merz hanno tentato fino all'ultimo di imporre la confisca. Perché l'idea di impossessarsi dei 210 miliardi di euro di beni sovrani russi attualmente bloccati in Europa – principalmente presso Euroclear in Belgio – per girarli all'Ucraina sarebbe stata, ed è tuttora, una vera e propria follia. Robert Volterra, uno dei massimi esperti internazionali di diritto internazionale, docente ospite presso l'University College London, è stato categorico: "Il piano di utilizzare i beni congelati dello Stato russo per prestiti di riparazione è assolutamente illegale secondo il diritto internazionale e costituisce una flagrante violazione dello stato di diritto. Quando uno Stato utilizza regolamenti per confiscare i beni di un altro Stato, commette una violazione del diritto internazionale grave quanto l'occupazione del territorio di un altro Stato con la forza delle armi". Non è una questione politica, è diritto internazionale elementare. I beni sovrani di uno Stato godono di immunità assoluta dall'esecuzione forzata. Il principio dell'immunità sovrana è uno dei pilastri fondamentali dell'ordinamento giuridico internazionale, riconosciuto da trattati, convenzioni e dalla giurisprudenza di tutte le corti internazionali.
Il rischio del boomerang giuridico
Ed ecco il punto cruciale che dovrebbe terrorizzare ogni governo europeo: se l'Unione procedesse con la confisca degli asset russi, si esporrebbe a un contenzioso internazionale dalle conseguenze potenzialmente devastanti. La Russia potrebbe – e certamente lo farebbe – adire tutte le corti internazionali competenti. E, paradossalmente, avrebbe ragione. Come ha dichiarato il Primo Ministro belga Bart De Wever: "Anche durante la Seconda Guerra Mondiale, il denaro della Germania non fu confiscato, ma congelato". Il furto di beni sovrani stranieri non ha precedenti nella storia moderna. Quello che Bruxelles sta contemplando non è solo illegale: è un precedente pericolosissimo che potrebbe ritorcersi contro l'Europa stessa. Immaginiamo lo scenario: l'UEconfisca gli asset russi, la Russia porta il caso davanti alla Corte Internazionale di Giustizia e ad altri tribunali arbitrali internazionali. Le corti stabiliscono che l'azione europea è illegale. A quel punto, chi pagherebbe il conto? I contribuenti europei, naturalmente. Potremmo trovarci a dover restituire l'intero importo – 210 miliardi di euro – più interessi e danni, prelevandoli dalle nostre tasse. Il Belgio lo ha capito perfettamente, tanto da opporsi categoricamente insieme a Italia, Malta e Bulgaria. Ma Von der Leyen e Merz, accecati dalla loro ideologia guerrafondaia, da veri irresponsabili hanno tentato di forzare la mano fino all'ultimo, incuranti delle conseguenze legali e finanziarie per i cittadini europei.
L’illusione del rimborso
La narrazione ufficiale è tanto rassicurante quanto irrealistica: si tratta di un "prestito" che l'Ucrainaripagherà con i risarcimenti di guerra che la Russia dovrà versare. Una fantasia giuridica che presuppone non solo una vittoria militare totale di Kiev – scenario sempre più improbabile sul campo – ma anche la volontà e capacità della Russia di pagare centinaia di miliardi in riparazioni. La realtà è ben diversa. Senza il sostegno militare americano, drasticamente ridotto dall'amministrazione Trump a partire da marzo 2025, l'Ucraina ha perso il suo principale fornitore di armamenti avanzati. Gli aiuti europei, per quanto generosi economicamente, non possono compensare il gap tecnologico e quantitativo lasciato dal ritiro statunitense. Sul terreno, le forze russe hanno ripreso l'iniziativa e guadagnano territorio costantemente dal 2024.
In questo contesto, parlare di "rimborso del prestito" è pura propaganda. Quei 90 miliardi, come i 156 già versati, sono denaro perduto. Bruciato in una guerra che si sta rivelando sempre più chiaramente irrecuperabile per Kiev.
Il buco nero della corruzione
A rendere ancora più inaccettabile questa emorragia finanziaria è l'esplosione di scandali di corruzione che ha investito il governo ucraino negli ultimi mesi. L'operazione "Mida" condotta dalle agenzie anticorruzione ucraine ha portato alla luce un sistema di tangenti per circa 100 milioni di dollari all'interno di Energoatom, l'azienda statale dell'energia nucleare. Otto persone sono state incriminate, tra cui collaboratori stretti del Presidente Zelensky, incluso il suo ex socio nell'industria dell'intrattenimento, Timur Mindich. Il New York Times ha pubblicato un'inchiesta devastante che documenta come lo stesso governo ucraino abbia deliberatamente indebolito i meccanismi anticorruzione, rendendo disfunzionali i consigli di amministrazione delle aziende pubbliche per permettere la proliferazione di pratiche illecite. Funzionari europei hanno ammesso al New York Times di essere consapevoli dei problemi di corruzione in Ucraina, ma di non poter fermare i finanziamenti "perché l'Ucraina sta difendendo l'Europa dagli attacchi russi". Una giustificazione che tradisce tutta la debolezza morale e politica di questa scelta: continuare a versare miliardi in un sistema corrotto perché non si ha il coraggio di affrontare la realtà.
Welfare, sanità e pensioni, i veri perdenti
Mentre versiamo 90 miliardi per il biennio 2026-2027 all'Ucraina, in Europa sanità pubblica, sistemi pensionistici e scuola arrancano sotto il peso di bilanci sempre più stretti. In Italia, la spesa sanitaria pubblica è ferma al 7% del PIL, ben sotto la media dei Paesi avanzati. Il sistema pensionistico assorbe il 16,4% del PIL ma è sotto costante pressione per tagli strutturali. La spesa per l'istruzione è scesa dal 10,9% della spesa totale nel 2007 al 10,2% nel 2017. Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente invitato i Paesi europei a "ridurre la quota di finanziamento pubblico destinata a sanità, istruzione, pensioni" per liberare risorse. Per cosa? Per la difesa, naturalmente. Il piano prevede di portare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2035 – in Italia significherebbe passare dagli attuali 45 miliardi a 146 miliardi annui, più dell'intera spesa per la sanità pubblica. La contraddizione è evidente: mentre si chiede ai cittadini europei di accettare tagli al welfare per finanziare il riarmo, si continuano a versare decine di miliardi in un conflitto senza prospettive di vittoria, in un paese strutturalmente corrotto, sulla base della promessa irrealistica di futuri rimborsi.
E’ tempo di fermare i guerrafondai
L'Europa deve avere il coraggio di guardare in faccia la realtà e di fermare questo quartetto di irresponsabili prima che ci trascinino in una catastrofe irreversibile. Merz, Von der Leyen, Kallas e Rutte stanno giocando con il fuoco, e sono i cittadini europei a rischiare di bruciarsi. Questa guerra è perduta. Continuare a finanziare un conflitto senza via d'uscita, sacrificando il welfare dei propri cittadini, alimentando un sistema corrotto, sulla base di promesse di rimborso fantasiose, violando il diritto internazionale, è irresponsabile e insostenibile. I 90 miliardi appena stanziati sono solo l'inizio. Dopo il 2027, se questa logica continuerà, ne arriveranno altri 90, poi altri ancora. Il buco nero ucraino continuerà a inghiottire risorse che servirebbero per ospedali, scuole, pensioni. Mentre i cittadini europei vedranno erodere ulteriormente i loro servizi pubblici per finanziare una causa persa e l'industria degli armamenti che su questa guerra sta costruendo profitti miliardari. È necessario un cambio di rotta radicale. Lavorare per una soluzione negoziale, per quanto dolorosa, è l'unica alternativa responsabile alla continuazione di questa follia. Prima chiuderemo questo rubinetto e prima manderemo a casa questi quattro guerrafondai, meglio sarà per tutti. Il tempo dell'ipocrisia deve finire. Il tempo della verità è adesso. Basta con la follia bellicista. Basta con la violazione del diritto internazionale. Basta con il sacrificio del welfare per comprare armi. È tempo di dire BASTA a Merz, Von der Leyen, Kallas e Rutte e alla loro marcia della follia che sta portando l'Europa verso l'abisso.
Di Eugenio Cardi