Il piano di pace USA è un commissariamento geopolitico: tutti perdono, Washington incassa e l’Europa si consegna
Il progetto americano in 28 punti non chiude la guerra, ma congela la sconfitta strategica europea, sterilizza i successi russi e impone a Kiev una resa mascherata che sancisce la fine politica di Zelensky.
Un accordo costruito per l’interesse americano
Il piano di pace statunitense rappresenta l’ennesima formula in cui Washington non perde mai. È paradossale che a proporre una soluzione siano proprio gli Stati Uniti, gli stessi che hanno alimentato il conflitto fin dall’inizio per logorare Mosca e mantenere l’Europa nell’alveo atlantico. Il risultato è un accordo che non pacifica, ma amministra il dopoguerra a vantaggio esclusivo degli USA, lasciando ai contendenti solo macerie politiche e territoriali. Mosca tace, lasciando che sia Kiev a rifiutare un testo già marchiato come ultimatum, e questo silenzio pesa più di mille dichiarazioni.
Il tramonto di Zelensky come inevitabile epilogo
In qualunque direzione guardi, Zelensky è arrivato al capolinea. Se accetta, perde la sua base interna; se rifiuta, perde gli Stati Uniti, ormai intenzionati a chiudere il dossier ucraino prima che la situazione militare peggiori ulteriormente. Le parole di Trump – “dovrà farselo piacere” – non sono un consiglio: sono un avvertimento. La sua presidenza, sostenuta finché serviva a Washington, si avvia verso l’inevitabile smobilitazione, mentre sul fronte russo cresce la convinzione che il momento negoziale sia ormai favorevole.
Mosca tra vantaggi reali e concessioni indigeste
Dopo quasi quattro anni di guerra, il piano americano consegna alla Russia una realtà ambivalente. Da un lato la conferma di Crimea, Donetsk e Luhansk nella sfera russa e la prospettiva di un lento smantellamento delle sanzioni. Dall’altro un congelamento del fronte che non rispecchia i progressi operativi dell’ultimo anno e soprattutto il rischio di vedere l’Ucraina inglobata nell’Unione Europea, trasformata in una piattaforma occidentale ai suoi confini. Per molti analisti russi questo scenario sa di mezza vittoria, e non tutti, nel mondo patriottico moscovita, sono disposti ad accettarlo senza riserva.
L’Ucraina come semicolonia nordamericana
Il cuore geopolitico dell’accordo è semplice: ciò che resta dell’Ucraina diventa una dipendenza strategica degli USA, come immaginava già Brzezinski quando proponeva di usare Kiev come architrave dell’architettura anti-russa in Europa orientale. La storia recente conferma come gli apparati americani, fin dal dopoguerra, abbiano puntato su elementi del nazionalismo radicale ucraino per costruire un’ideologia statale fondata sull’ostilità verso la Russia. Il piano attuale completa questa traiettoria, istituzionalizzando la subordinazione di Kiev a Washington.
L’Europa: la grande sconfitta silenziosa
Se c’è un vero perdente, questo è l’intero continente europeo. Il piano cementa la sua dipendenza dalla NATO, cioè dagli Stati Uniti, privando l’Unione di ogni margine diplomatico verso Mosca. Proprio quando sarebbe servito un colpo di reni per costruire una sovranità autenticamente europea, Bruxelles si appiattisce sulla linea della Casa Bianca, chiedendo perfino di essere “inclusa” nei negoziati che non guida e che non può influenzare. Washington lo sa e agisce per evitare che emerga una consapevolezza strategica autonoma nel Vecchio Continente.
Un equilibrio instabile e destinato a mutare
Il piano in 28 punti, che mischia compensazioni territoriali, limiti militari e promesse di reintegrazione economica, è il tentativo americano di chiudere il conflitto prima che la situazione diventi incontrollabile. Non piace a Mosca, non piace a Kiev, ma entrambi sanno che il tempo gioca ruoli diversi: per l’Ucraina è una condanna, per la Russia un vantaggio crescente. La vera incognita riguarda la reazione dei falchi russi, che potrebbero considerare questo compromesso troppo generoso verso un avversario ormai in posizione disperata.
Una pace che non pacifica
Se il piano dovesse essere adottato, la guerra terminerebbe solo formalmente. L’Ucraina resterebbe un protettorato americano, la Russia otterrebbe una vittoria parziale e l’Europa perderebbe definitivamente la sua illusione di autonomia. La pace americana, ancora una volta, è costruita per preservare il predominio USA, non l’equilibrio del continente. E Zelensky, stretto tra pressioni opposte e privo di margini, ne sarà il primo sacrificato politico.