Gaza, "liberate Marwan Barghouti", l'unico leader che può fermare il genocidio, ma Israele lo teme proprio per questo
Il "Nelson Mandela palestinese" detenuto da 23 anni potrebbe essere la chiave per una pace vera
Mentre il fragile cessate il fuoco a Gaza rischia di crollare da un momento all'altro e il genocidio del popolo palestinese continua sotto altre forme, ampliandosi nei territori occupati (definizione ONU) di Cisgiordania e Gerusalemme Est, una campagna internazionale si sta mobilitando attorno a un nome: Marwan Barghouti.
Chi è Marwan Barghouti
Il leader palestinese più popolare e carismatico, incarcerato da 23 anni nelle prigioni israeliane, è oggi al centro di un appello che coinvolge 52 personalità francesi, comitati nazionali in Italia e nel mondo, premi Nobel per la pace, ex capi di Stato e perfino Ronald Lauder, Presidente del Congresso Ebraico Mondiale.
In occasione della Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese del 29 novembre, è partita una Campagna Internazionale per la Liberazione di Marwan Barghouti che si ispira esplicitamente alla mobilitazione mondiale che portò alla liberazione di Nelson Mandela in Sudafrica.Nato il 6 giugno 1959 a Kobar, vicino a Ramallah, Barghouti è entrato in al-Fatah (gruppo di resistenza palestinese) all'età di 15 anni. Di famiglia comunista, arrestato a 18 anni durante una sommossa, in carcere ha imparato l'ebraico che parla correttamente, poi si è laureato all'Università di Bir Zeit in storia e scienze politiche, conseguendo un Master in relazioni internazionali. Eletto nel Consiglio legislativo palestinese nel 1996, ha difeso il processo di pace israelo-palestinese come una "necessità", affermandosi come oratore talentuoso ed esperto all'interno di al-Fatah.
Ma dopo il fallimento degli accordi di Oslo e l'inizio della seconda Intifada del 2000, Barghouti ha guidato la resistenza armata come capo del Tanzim, il braccio armato di al-Fatah. Il 15 aprile 2002, Israele lo ha catturato e imputato di omicidio con finalità terroristiche. Durante il processo Barghouti ha rifiutato di riconoscere la legittimità del tribunale israeliano e di difendersi. Il 20 maggio 2004 è stato condannato a cinque ergastoli, accuse che ha sempre respinto dichiarando la propria innocenza.
Il ridicolo tentativo di Ben-Gvir di piegare l'immagine di Barghouti
Nell'agosto 2025, il Ministro della Sicurezza israeliano Itamar Ben-Gvir (ex colono fanatico messianico di estrema destra, già processato dallo stesso Stato di Israele per ben 50 volte per razzismo e terrorismo e condannato ben 8 volte) si è recato nella cella di Barghouti con l'evidente intento di umiliarlo pubblicamente davanti alle telecamere, affermando: "Non ci sconfiggerete, chiunque attacchi Israele lo cancelliamo". Il gesto, tuttavia, si è rivelato controproducente: il portamento, il carisma e la dignità di Barghouti hanno reso vano il tentativo propagandistico, trasformando la visita in una involontaria testimonianza della sua incrollabile statura morale. Arab Barghouti, figlio di Marwan, si è detto "scioccato" dal video, notando che il padre è apparso "invecchiato e molto dimagrito". La moglie Fadwa ha scritto: "Marwan non ho riconosciuto i tuoi lineamenti".
Barghouti è tenuto in isolamento dal 7 ottobre 2023. Il 14 settembre 2025, durante un trasferimento punitivo tra le prigioni di Ramon e Megiddo, otto guardie lo hanno picchiato ferocemente mentre era ammanettato. Gli hanno rotto quattro costole, causato gravi lesioni alla testa e gli hanno fatto perdere conoscenza (InfoPal). Il 12 novembre 2025 il parlamento israeliano ha approvato in prima lettura un emendamento del codice penale che introduce la pena di morte per i cosiddetti "terroristi" (ovvero palestinesi che da decenni tentano disperatamente di difendere la propria terra e la propria vita dall’invasore sionista), con effetto retroattivo, una misura chiaramente diretta anche contro Barghouti.
Perché Israele lo teme
Nei sondaggi d'opinione Barghouti è sempre risultato il politico palestinese più popolare, e il tempo in prigione ha solo aumentato l'ammirazione che i palestinesi nutrono per lui. Sarebbe perfettamente in grado, per la sua storia coerente e il carisma conquistato, di poter sedere ad un tavolo negoziale e di risultare decisivo in un reale e duraturo processo di pace. Nel 2006, nonostante la detenzione in regime di isolamento, Barghouti è riuscito a far pubblicare il Documento di conciliazione nazionale dei detenuti, firmato da cinque rappresentanti delle più influenti realtà politiche palestinesi, inclusi al-Fatah e Hamas. Il documento chiedeva la fine dell'occupazione israeliana e la creazione di uno stato palestinese indipendente, dimostrando la sua capacità unica di unire le fazioni palestinesi frammentate. Ronald Lauder, Presidente del Congresso Ebraico Mondiale, ha dichiarato a Time: "Una soluzione a due Stati è possibile solo se hai un buon leader e Marwan Barghouti sarebbe il leader giusto". Alla domanda sul perché il governo israeliano continui a tenerlo imprigionato, Lauderha risposto seccamente: "Perché sanno che farebbe un buon Stato. Le persone che hanno liberato sono molto peggiori di lui".
L'appello di Trump (che non si è concretizzato)
Nell'ottobre 2025, Trump ha dichiarato in un'intervista a Time di stare riflettendo sulla liberazione di Barghouti: "Mi sono trovato letteralmente di fronte a questa domanda circa 15 minuti prima che mi chiamaste. Prenderò una decisione". Fadwa Barghouti ha immediatamente rivolto un appello al Presidente USA: "Signor Presidente, la attende un vero partner, qualcuno che può aiutarla a realizzare il sogno che condividiamo di una pace giusta e duratura nella regione. Per il bene della libertà del popolo palestinese e della pace, contribuisca a liberare Marwan Barghouti". Ma purtroppo nulla si è mosso. Barghouti è sempre in cima alle liste di prigionieri da liberare in cambio del rilascio degli ostaggi, richiesta alla quale lo Stato occupante di Israele non ha mai dato l'assenso. E nel recente scambio di prigionieri, il suo nome è stato escluso.
La campagna internazionale
The Elders, il gruppo indipendente fondato da Nelson Mandela nel 2007 e presieduto dall'ex Presidente colombiano Juan Manuel Santos, ha chiesto a Trump di sollecitare la liberazione diBarghouti. Il gruppo include personalità come Mary Robinson (ex presidente dell'Irlanda), Helen Clark (ex Primo Ministro della Nuova Zelanda) e Graça Machel, vedova di Mandela.
In Italia, la campagna si propone di chiedere:
- la liberazione dei prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane;
- la liberazione di Marwan Barghouti;
- la chiusura dei centri di tortura israeliani;
- la tutela dei diritti umani;
- il rispetto della Terza e Quarta Convenzione di Ginevra;
- l'accesso della Croce Rossa Internazionale alle carceri (Agenparl).
Il Comune di Palermo ha conferito a Barghouti la cittadinanza onoraria, come hanno fatto oltre 40 Comuni in Francia.
L'unica strada per la pace
Come scrivono i 52 firmatari francesi dell'appello: "Con il fragile cessate il fuoco concluso tra Hamas eIsraele, il ritorno degli ostaggi israeliani e la liberazione di una parte dei prigionieri politici palestinesi, è tempo di aprire un vero percorso di pace. Questo passa per la creazione di uno Stato palestinese e per la liberazione di Marwan Barghouti". Barghouti sostiene una soluzione politica fondata sulla fine dell'occupazione israeliana e sulla nascita di uno Stato palestinese indipendente e sovrano. Sua moglie Fadwa spiega: "Marwan crede nella democrazia con lo stato di diritto, la buona governance, la giustizia sociale, i diritti delle donne e la partecipazione dei giovani" (InfoPal).
Barghouti rivendica che l'unica via alla risoluzione dello stato di occupazione è la convivenza dei due popoli in due Stati con eguali diritti, continuità territoriale e libertà di movimento. Questo prevede la restituzione dei territori sottratti ai palestinesi e il ritiro della popolazione israeliana nei confini fissati prima del 1967.
Proprio questa visione democratica, laica e di compromesso politico lo rende inaccettabile per il governo Netanyahu e per l'ultradestra israeliana. La liberazione di Barghouti rappresenterebbe davvero, come fu per Mandela, l'inizio della fine di un regime di apartheid. Ed è esattamente questo che Tel Aviv teme.
Di Eugenio Cardi