Gli Stati Uniti d'America: ripresa, declino o crollo? Analisi di tre analisti: Roberto Mazzoni, Marco D'Eramo e Lucio Caracciolo

Come sia difficile interpretare nel profondo la geopolitica attuale, tanto brutale quanto complessa. Gli analisti aiutano ma vanno a loro volta analizzati!

Recenti affermazioni dell'analista Lucio Caracciolo parlano addirittura di "crollo" dell'Impero americano e di tentativo di Trump di salvare "l'America nazione" abbandonando la volontà di egemonia mondiale che li ha da un secolo connotati; e questo di fronte ad una realistica "resa" di fronte all'avanzamento militare russo e all'incontenibile potenza economica cinese. Al contrario Marco d'Eramo ricorda che gli Usa vinsero la seconda guerra mondiale mentre erano dentro la Grande Depressione post-1929. In altre parole l'esperto sottolinea la ciclica straordinaria capacità della classe dirigente statunitense di cambiare strategia, cambiare prospettiva, reinventarsi e inventare nuovi scenari di sviluppo per cui è ingenuo chi creda che gli Usa siano già spacciati e rassegnati al declino. Da parte sua Roberto Mazzoni da alcuni anni ci sta insegnando qualcosa di simile celebrando in particolare la triplice rivoluzione trumpiana: a) collaborazione con la Russia; b) creazione di una nuova moneta con le stable-coin (dollaro digitale prodotto al di fuori della FED; c) inversione del processo di delocalizzazione globalista con la ricostruzione di una sovranità interna e territoriale. Ogni analista (e questi tre sono proprio bravi, specie Mazzoni) ci dona delle prospettive, degli strumenti di interpretazione ma l'attuale complessità del reale sembra rendere ogni analisi non completa. Lucio Caracciolo a mio parere erra nel pensare che siamo di fronte ad un "crollo" degli Usa quale Impero. Forse non ricorda che nella storia nessun Impero ha mai accettato di finire o declinare. Gli Imperi vendono cara la loro pelle, fino alla fine. Prima sacrificano i nemici, poi gli alleati; prima di arrendersi! Secondo argomento critico: esistono altre forti innovazioni dell'America di Trump che ci mostrano degli Usa in pieno rilancio e reazione vitalistica, altrochè "crollo": il nuovo Caucaso, il progetto della via artica (Bering, Groenlandia) e la stretta cooperazione con il Golfo Persico (Qatar, Emirati, Arabia Saudita) per una nuova via del gas. Un'America quindi che si rilancia alla grande e proprio nel campo dei Brics: le grandi infrastrutture. Può crollare improvvisamente una potenza che ha 800 basi militari nel mondo e la cui moneta viene usata nel 70% dei traffici commerciali mondiali? Non è credibile. In pochi mesi siamo passati da una stima di crescita del PIL del 1,8% ad un'attuale stima di crescita degli Usa data al 3,8%; mentre l'Italia stagna pericolosamente su un misero 0,4%. D'altra parte è vero che gli Usa stanno attraversando una grave e lunga crisi, quasi strutturale e molto più rischiosa della crisi del 1929 che colpì solo le piccole banche e rase al suolo una parte della piccola borghesia che si era "drogata" con i guadagni azionari per poi perdere tutto. Oggi il pericolo, il nemico è lo stesso sistema bancario-monetario internazionale, saturo di debiti, titoli tossici/rischiosi, afflitto da una grossa crisi di credibilità e sempre più instabile. Rispetto a questo pericolo/nemico non c'è differenza di Stati o Governi ma solo di pensiero e di lobbies. Un Caracciolo troppo ingenuo e pessimista sui problemi americani e forse un Marco d'Eramo troppo ottimista di fronte ad una crisi, quella attuale, nuova, complessa, profonda e di difficile soluzione. L'analisi di Roberto Mazzoni mi sembra più pragmatica, equilibrata e specifica in quanto fatta "dall'interno" dei fondamenti profondi della "rivoluzione trumpiana-jeffersoniana" e in rapporto ad essa mi permetto solo di avanzare dei dubbi e delle perplessità riguardo all'efficacia delle stable-coin. Certamente sono un'innovazione geniale, innovativa e molto utile ma non penso siano una panacea che possa risolvere ogni problema del sistema monetario-bancario. Roberto Mazzoni ci ha spiegato la triplice rivoluzione della stable-coin: a) spalmare il debito pubblico americano, migliorandone il ri-finanziamento; b) allargare la base monetaria del dollaro, bilanciando la de-dollarizzazione dei Brics; c) rafforzare il livello politico contro il livello dell'alta Finanza, introducendo valori di maggiore libertà e pluralismo secondo una logica (antica ma ritornante) di "pluri-monetarismo" e di produzione più diffusa della moneta. Detto questo basteranno le stable-coin per riformare e rinnovare il sistema monetario-bancario evitando un nuovo 1929 (che oggi sarebbe molto peggio di allora)? Non penso lo creda neppure il Mazzoni, tanto che prevede, per l'Europa, un imminente decennio di depressione economica. Lo stesso Mazzoni sembra ben consapevole della difficoltà in cui si è messo Trump e la classe dirigente che lo appoggia perchè la rivoluzione patriottica-imperiale che sta portando avanti rappresenta una sfida molto difficile e faticosa: invertire un processo globalista che dura da trent'anni. Ritengo però che la visione recente di Caracciolo sia riduttiva e superficiale: non possiamo pensare che gli Usa si accontentino di tornare solo alla "dottrina Monroe". E' impossibile che il primo Impero del mondo passi improvvisamente all'isolazionismo. Quello che sta accadendo è la scelta di uno scenario radicale di ricostruzione della sovranità politica americana, interna, nazionale a cui certamente corrisponde l'esigenza di una rifondazione di una sfera d'influenza territoriale continentale ma che si aggiunge e non si sostituisce alla vocazione imperiale mondiale. Se fosse un ritorno ad un'America solo americana e non più mondialista allora non servirebbe la leva delle stable-coin e sarebbe bastato un ritorno al gold-standard! Sono in crisi gli Usa di Amazon, Microsoft, Tesla e Meta? Non mi sembra! Gli Usa non rinunceranno mai al controllo dell'Europa Occidentale (anche se con mezzi depressivi, magari e piuttosto!) come non rinunceranno mai all'asse con l'Arabia Saudita che hanno recuperato cooperativamente, evitando che si allontanasse troppo dal modello occidentale in direzione "Brics". Siamo di fronte a scenari in rapido mutamento ma se di declino dobbiamo parlare penso che sia un declino di un modello ormai mondiale, più che solo americano: il modello coloniale-oligopolista di pura competizione e privo di visioni a lungo termine. Socialmente mi sembra più in declino l'Italia rispetto agli Usa se consideriamo il fattore demografico che resta uno dei fattori più importanti, anche per la macro-economia e la geopolitica. Il reale è sempre più complesso degli aut aut che funzionano bene con il silicio ma non con il carbonio. Torniamo quindi ad ascoltare i grandi esperti; ma attenzione ai facili slogan e alle iper-semplificazioni! Non solo mai dei buoni consiglieri! La vera domanda da farsi è questa: gli Usa cercheranno di salvare solo se stessi scaricando il loro declino sull'Europa oppure fonderanno un nuovo equilibrio inclusivo e partecipativo?