Guerra in Ucraina, ma dove sono le prove che Mosca minacci l'Ue e la Nato? Putin non è il lupo cattivo come lo si dipinge
Si grida come sempre al lupo cattivo, Putin, senza uno straccio di prova. Eppure basterebbe mettere in moto il cervello per comprendere che non è nell’interesse di Mosca, che vince sul campo di battaglia, minacciare apertamente i Paesi Nato
“Il fatto che un’opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda…”. Bertrand Russell è colpevole di avermi dato sin da quando lo leggevo da ragazza una sfiducia sconfinata nelle credenze della maggioranza e una fiducia, forse mal riposta, nelle proprietà salvifiche della razionalità.
Per questo mi ostino a varcare la soglia dei mondi paralleli, a rivolgermi ai cantori del pensiero unico, ponendo loro domande a cui non riesco a trovare una risposta razionale. Recentemente ci sono continui grida di allarme per le minacce russe. A Bruxelles hanno chiuso l’aeroporto, annullato diversi voli. Si grida come sempre al lupo cattivo, Putin, senza uno straccio di prova.
Eppure basterebbe mettere in moto il cervello per comprendere che non è nell’interesse di Mosca, che vince sul campo di battaglia, minacciare apertamente i Paesi Nato. È invece essenziale per l’Ucraina e per gli europei agitare il casus belli per costringere Washington a impegnarsi massicciamente nella guerra.
Naturalmente nessuno risponde alla domanda seguente: se anche gli Usa avessero la forza di capovolgere le sorti sul campo di battaglia, quale conseguenza vi potrebbe essere dato che combattiamo una potenza nucleare, la Russia, per la quale la vittoria contro un disegno di dominio imperialista in grado di utilizzare l’Ucraina come piattaforma di attacco costituisce una questione esistenziale per la sicurezza dello Stato? Il rischio di un conflitto nucleare viene tenuto in conto? Tattiche senza strategia e visione caratterizzano la politica europea.
Un altro esempio recente è costituito dalle dichiarazioni della portavoce Maria Zakharova, che scegliendo un momento inopportuno quale il crollo della Torre de’ Conti, con ancora vite umane in pericolo, ha affermato che i fondi dati all’Ucraina, 2,5 miliardi, sono sottratti a investimenti nei beni comuni e nella manutenzione del Patrimonio culturale e architettonico. Come potremmo mai essere oltraggiati da una dichiarazione, in fondo logica, che non ha paragoni con i veri e propri insulti quotidianamente lanciati contro Mosca nel nostro Paese? “Come il Terzo Reich”, “Russi maledetti”, “Putin zar, dittatore, killer, macellaio”. Come si può pretendere rispetto da un Paese che continuiamo a demonizzare?
Quel che sconforta maggiormente è la mancanza di analisi razionale delle relazioni internazionali, che a volte è tipica di alcuni analisti stimati e amici, i quali continuano a dipingere la Russia come uno Stato imperialista e alla ricerca di nuovi territori in Ucraina, se non addirittura in Europa, senza fornire un solo fattore serio per l’analisi geopolitica che possa avvalorare questa tesi, smentita da tasso demografico, estensione dei territori, materie prime e Pil del Paese.
E cosa dire di coloro che credono sia conciliabile il disarmo di Hamas con un progetto neocoloniale e tecnocratico a Gaza senza alcuna prospettiva politica per lo Stato palestinese? Il principio di non contraddizione è messo in un angolo e si ritorna allo script demenziale di un film hollywoodiano.
Rispetto all’Unione europea il ragionamento ha uguali pecche. Gli europeisti alla Draghi pensano che il voto a maggioranza, accentrando i poteri nell’élite burocratica di Bruxelles senza legittimità democratica e senza una zona economica omogenea, senza un vero compromesso tra creditori e debitori, potrebbe arrecare benefici.
I detrattori storici dell’Ue come Lucio Caracciolo (di cui sono fan da tempi insospettabili, da quando andavo ad ascoltarlo da consigliere di legazione, mentre era osteggiato dalla Farnesina a tal punto che trovai in ambasciata a Lisbona una pila di riviste Limes, sotto sigillo e mai aperte) non spiegano mai perché l’Ue sia fallita, la considerano tale e basta, una realtà ontologicamente negativa.
Di fatto l’Ue è tale perché si è seguito l’approccio di Monet, partendo dai settori specialistici e non dall’unione politica, perché i creditori sono stati premiati da una Unione monetaria senza solidarietà e compensazioni, perché ai debitori è stato imposto il neoliberismo tedesco, perché si è scelto l’allargamento senza approfondimento, creando un ibrido e si è costruita un’architettura istituzionale priva di democrazia e separazione dei poteri.
Credo ci sia bisogno di conoscere le cause di una sconfitta per poter modificare la direzione. Allo stesso modo coloro che auspicano l’uscita dalla Nato dovrebbero riflettere su come l’Italia, seminata di basi, potrebbe raggiungere questo obiettivo senza l’incubo berlingueriano di fare la fine del Cile di Allende. Sarei felice se uscissimo dal film di Barbie e riprendessimo a discutere senza paraocchi e accanite difese di false identità, ad analizzare razionalmente le opzioni in campo.
Per questo ho scritto Approdo per noi naufraghi: perché, per tornare a Russell, solo sulla base di un’inflessibile disperazione si può costruire l’edificio dell’anima.
Di Elena Basile