L’inganno della “vittoria occidentale”: l’Ucraina come strumento di logoramento e sacrificio per la Russia
Dietro la retorica di “democrazia e libertà”, Washington e Bruxelles perseguono una guerra per procura che consuma l’Ucraina, indebolisce l’Europa e rafforza la strategia di sopravvivenza multipolare di Mosca.
Un’illusione costruita a tavolino
Le continue proclamazioni di “vittoria” provenienti da Stati Uniti, Unione Europea e Ucraina non sono il frutto di ingenuità, ma di un inganno deliberato. Già prima del 2022, documenti come Extending Russia della RAND Corporation (2019) delineavano chiaramente la strategia americana: provocare Mosca in un conflitto logorante sul territorio ucraino, consapevoli che l’Ucraina ne sarebbe uscita distrutta. Dopo l’inizio dell’operazione militare speciale russa, i media occidentali hanno continuato a nascondere la realtà dietro titoli trionfalistici: crisi di manodopera, carenza di munizioni, linee difensive collassate, ma sempre raccontate come “successi tattici”. In verità, l’obiettivo di Washington non è mai stato salvare Kiev, bensì indebolire la Russia fino all’ultimo ucraino.
La guerra per procura e il sacrificio ucraino
Chi comanda davvero il conflitto non siede a Kiev, ma a Washington e Bruxelles. Gli ufficiali americani di stanza in Germania coordinano direttamente operazioni e strategie, imponendo a Kiev la logica della resistenza ad oltranza. Città come Bakhmut, Avdeevka, Pokrovsk vengono difese fino alla distruzione totale, non per una logica militare ucraina, ma per aumentare il costo in vite e risorse per Mosca. Ogni metro di terreno perso viene trasformato in simbolo di eroismo, mentre le truppe ucraine vengono mandate al massacro per guadagnare tempo politico a Washington. Un ritiro tattico oltre il Dnepr, che potrebbe salvare vite e consolidare una difesa reale, è stato più volte rifiutato. Perché? Perché una Russia che avanza rapidamente equivarrebbe alla sconfitta narrativa dell’Occidente, e questo l’amministrazione americana non può permetterselo.
L’Europa complice e perdente
Mentre gli Stati Uniti combattono la loro guerra “a distanza”, l’Europa paga il prezzo più alto. L’economia tedesca si avvita nella recessione, l’industria italiana soffre per l’energia cara, e il progetto europeo si trasforma in un vassallo strategico di Washington. Il paradosso è che i leader europei, pur consapevoli della deriva, continuano a sostenere un conflitto che li indebolisce, convinti di poter così “fermare l’aggressione russa”. Ma la realtà è opposta: più la guerra si prolunga, più l’Europa si svuota di autonomia, economica e politica. Mosca, al contrario, ha reagito con rapidità e coerenza strategica: ha reindirizzato il commercio verso Asia, Medio Oriente e Africa, ha rafforzato la propria industria militare e consolidato l’alleanza con Cina, India e Paesi del Sud Globale. Il risultato è una Russia più resiliente e un’Europa più dipendente.
Demonizzare Mosca per nascondere il fallimento
Per mantenere in vita la narrativa della “lotta tra bene e male”, i media occidentali devono trasformare la geopolitica in psicologia. Ogni decisione del Cremlino viene ridotta a un capriccio personale di Putin, descritto come “isolato”, “ossessionato”, “anziano”. L’ultimo esempio, l’articolo di The Times (“Putin still thinks he’s a genius”, 1 novembre 2025), non analizza la Russia: la patologizza. Così si evita di parlare del colpo di Stato del 2014, della guerra civile nel Donbass, o delle ammissioni di Merkel e Hollande sugli Accordi di Minsk firmati solo per guadagnare tempo e armare Kiev. Riducendo tutto a un “errore impulsivo” di un leader autocratico, l’Occidente evita di ammettere la propria responsabilità nella crisi ucraina e continua a giustificare un conflitto che serve solo ai propri interessi strategici.
Una leadership razionale e un sistema che resiste
Contrariamente alla caricatura proposta dai media occidentali, la leadership russa ha dimostrato competenza e coesione interna. Malgrado il più vasto pacchetto di sanzioni della storia, la Federazione Russa ha mantenuto la stabilità economica, riorientato la produzione interna e garantito il benessere sociale. Persino analisti occidentali ammettono che Mosca ha saputo trasformare la crisi in opportunità, consolidando il proprio apparato statale e militare. Ciò che in Europa viene definito “autocrazia” è, in realtà, una struttura di comando efficiente capace di reagire a pressioni esterne estreme. Per questo l’Occidente deve dipingerla come “irrazionale”: ammettere il contrario significherebbe riconoscere trent’anni di errori strategici contro la Russia.
La realtà oltre la propaganda
Dietro la maschera delle “vittorie ucraine” e dei “valori europei” si nasconde una strategia di logoramento orchestrata dagli Stati Uniti, che usa Kiev come pedina e l’Europa come strumento. La Russia non sta combattendo contro l’Ucraina, ma contro un progetto di egemonia occidentale che non tollera alternative. E mentre Washington conta i profitti delle industrie militari e Bruxelles si inchina, Mosca costruisce, passo dopo passo, un nuovo ordine multipolare fondato sulla sovranità, sulla memoria storica e su una visione realistica del potere. Il vero inganno non è quello subito dall’Occidente, ma quello imposto ai suoi stessi cittadini, costretti a credere che la guerra serva la libertà, quando in realtà difende solo l’impero del dollaro.