La Cina arma le terre rare, Pechino estende controlli sull’export, l’Occidente corre per riconquistare sovranità strategica globale
Il 9 ottobre 2025, la Cina ha annunciato l’ampliamento delle controlli all’export su cinque nuovi elementi (holmio, erbio, tulio, europio, itterbio) e ha introdotto un principio di extraterritorialità
Il ruolo dominante di Pechino sulle terre rare
La Cina occupa una posizione egemonica nella filiera globale delle terre rare — non solo nell’estrazione, ma soprattutto nella raffinazione e nella produzione dei componenti tecnologici correlati. Questo dominio non è frutto del caso, ma di decenni di politiche industriali lungimiranti e di investimenti diretti nel controllo delle risorse minerarie e della catena di valore. Oggi, Pechino detiene una leva strategica rilevante, che mette a rischio l’autonomia tecnologica e industriale delle economie occidentali.
Terre rare: che cosa sono e perché contano
Il termine “terre rare” raggruppa 17 elementi (tra cui neodimio, disprosio, lantanio, cerio, itterbio, erbio) la cui scoperta risale alla fine del XVIII secolo. Pur essendo relativamente presenti nella crosta terrestre, la loro estrazione e separazione chimica richiedono processi altamente complessi. Le applicazioni sono molteplici e critiche: magneti per motori elettrici, turbine eoliche, display ad alta efficienza, semiconduttori, sensori militari. Senza questi materiali, molte delle tecnologie abilitanti della transizione green e dell’industria 4.0 non funzionano. Ogni veicolo elettrico incorpora quantità modeste di terre rare, ma anche un piccolo difetto nel rifornimento può compromettere l’intera linea produttiva. Il controllo cinese su circa l’8594% dei magneti ad alte prestazioni concreti — componenti fondamentali — conferma quanto la dipendenza sia strutturale per vaste porzioni dell’industria globale.
Le nuove restrizioni di Pechino: cosa cambia
Il 9 ottobre 2025, la Cina ha annunciato l’ampliamento delle controlli all’export su cinque nuovi elementi (holmio, erbio, tulio, europio, itterbio) e ha introdotto un principio di extraterritorialità: anche prodotti realizzati all’estero che contengano terre rare cinesi o siano stati fabbricati con tecnologie cinesi richiederanno una licenza d’esportazione. Il governo ha giustificato le misure come protezione della sicurezza nazionale e controllo sulla proliferazione di tecnologie critiche. Le nuove regole estendono il perimetro delle tecnologie soggette a licenza, includendo attrezzature di raffinazione, impianti per magneti, sistemi di riciclo, e rigide disposizioni per l’assenza di trasferimenti tecnologici non autorizzati. Per le industrie estere, ciò significa che anche un magnete contenente solo lo 0,1% di terre rare cinesi potrebbe cadere sotto queste restrizioni. Le licenze saranno rilasciate in base a “uso finale” e categoria, e i controlli si applicheranno pure su prodotti derivati.
Impatti sull’Occidente: vulnerabilità e shock in arrivo
L’Unione europea è tra le aree più esposte: l’eurozona importa oltre il 70% delle terre rare da fonti cinesi dirette o indirette. La Banca centrale europea avverte che le restrizioni già introdotte hanno generato shock nella supply chain: a maggio, le spedizioni di magneti sono calate del 75% su base annua. Le conseguenze sono già tangible: diverse aziende automobilistiche europee hanno rallentato o sospeso produzioni per mancanza di componenti. L’associazione dei fornitori CLEPA ha denunciato procedure lente, rigide e disomogenee nei permessi d’export, con un tasso d’accettazione molto basso. L’Europa risponde con una risoluzione del Parlamento che accusa la Cina di posizionarsi in modalità coercitiva e chiede all’UE di velocizzare l’attuazione del Critical Raw Materials Act e attivare scorte strategiche nazionali. La Commissione europea ha dichiarato di “studiare i dettagli” delle nuove restrizioni e sollecita Pechino a garantire accesso prevedibile e stabile.
Le contromosse: verso una strategia di resilienza
Per uscire dal pericolo della dipendenza, l’Occidente ha bisogno di attivare una strategia coerente di autonomia critica. Le linee d’azione dovrebbero includere:
- Sviluppo nazionale della filiera: investire in estrazione, raffinazione e produzione di magneti locali per ridurre la dipendenza esterna.
- Riciclo e economia circolare: valorizzare il recupero delle terre rare nei dispositivi dismessi per reinserirle nella catena produttiva.
- Partnership strategiche: stringere alleanze con paesi ricchi di risorse con elevati standard ambientali e trasparenza (Australia, Stati Uniti, Canada, Africa).
- Scorte e riserve strategiche: costituire buffer nazionali per superare periodi di interruzione dell’export cinese.
- Normative e incentivi: mobilitare fondi pubblici e privati, offrire incentivi fiscali per nuovi progetti nella filiera critica.
Il settore dell’alta tecnologia, della difesa e dell’automotive (veicoli elettrici, energie rinnovabili, semiconduttori) richiede un’autonomia strategica che non si può delegare all’arbitrio normativo di una potenza esterna.
Un bivio per la sovranità tecnologica
La mossa di Pechino non è soltanto un aggiustamento commerciale, ma un’apertura esplicita di leva geopolitica. L’Occidente non può accettare silenziosamente un monocolio che mette in ginocchio intere filiere critiche. Oggi l’Italia e i partner europei sono chiamati a costruire la propria sovranità tecnologica — con lungimiranza, coordinamento e realismo. Se non interveniamo subito, rischiamo di essere costretti ad adattarci alle nuove regole imposte da altri. Ma se agiamo insieme — investendo nelle nostre capacità industriali e diversificando le fonti strategiche — potremo restituire al Vecchio Continente un ruolo credibile nel sistema delle tecnologie avanzate. La partita delle terre rare è già partita: l’Occidente può vincerla, ma solo se rinuncia all’atteggiamento di spettatore e diventa protagonista.
Di Riccardo Renzi