La Siria al centro del nuovo (fragile) equilibrio mediorientale: Israele nelle Alture del Golan, Turchia al confine, i curdi e l'Isis
La vera domanda è per quanto tempo questo equilibrio fragile potrà reggere prima che una delle tante bombe a orologeria — i campi, l'ISIS, le tensioni etniche, le ambizioni turche, l'espansionismo israeliano — esploda di nuovo, riportando la regione nel caos
Solo dieci anni fa, nella piazza Al-Naim di Raqqa, teste mozzate venivano esposte su pali aguzzi come macabro monito del terribile potere dell'ISIS. Oggi quella stessa piazza — ribattezzata dai residenti a quel tempo come "la rotonda dell'inferno" — ospita fontane, archi decorativi, famiglie con bambini e persino innamorati che si danno appuntamento. È un'immagine potente della trasformazione siriana, ma anche della fragilità di questo cambiamento.
Il Presidente in giacca e cravatta: chi è davvero al-Sharaa?
La Siria di Ahmed al-Sharaa, ex comandante jihadista noto come Abu Mohammad al-Jolani, che ha abbandonato mimetica e kefiah per giacca e cravatta occidentali, rappresenta oggi il punto più delicato e instabile dell'intero scacchiere mediorientale. Un equilibrio che potrebbe decidere il futuro non solo della regione, ma anche della minaccia terroristica globale.
Ahmed al-Sharaa, proclamato Presidente della Siria nel gennaio 2025, è un ex membro di al-Qaeda che ha guidato Hayat Tahrir al-Sham (HTS) nel rovesciamento del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024. La sua trasformazione da leader jihadista a statista che incontra capi di Stato è stata fulminea quanto controversa.
A maggio 2025, Sharaa ha stretto la mano al Presidente Trump, con Washington che, con una incredibile quanto disinvolta capriola, ha rovesciato il tavolo revocando le sanzioni alla Siria e rimuovendo allo stesso tempo la taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa. Sharaa ha viaggiato da Putin, ha incontrato l'emiro del Qatar e il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, segnando la ripresa dei rapporti internazionali della Siria.
Ma questa metamorfosi convince davvero? Il noto giornalista Nicolas Pelham (analista britannico esperto di Medio Oriente) che lo ha intervistato, lo descrive come "timido, introverso, leggermente imbarazzato, con maniere incredibilmente simili a quelle del precedente inquilino del palazzo presidenziale, Bashar al-Assad". Durante l'intervista, non sembrava essere lui a condurre lo spettacolo, ma il suo consigliere Shaibani (Ministro degli Esteri)che ha bruscamente interrotto l'incontro quando si è toccato il tema scottante e delicato di Israele.
I curdi e la polveriera del nord-est
Se al-Sharaa incarna il presente instabile della Siria, le Forze Democratiche Siriane (SDF) guidate dai curdi rappresentano forse il futuro più incerto. Le SDF, coalizione di milizie etniche a guida curda sostenuta dagli Stati Uniti, hanno combattuto l'ISIS ma sono considerate organizzazioni terroristiche dalla Turchia, che le vede come estensione del PKK.
A marzo 2025, SDF e governo siriano hanno raggiunto un accordo di principio per l'integrazione delle forze curde nell'esercito nazionale, con Mazloum Abdi, comandante delle SDF, che ha annunciato che decine di migliaia di soldati si sarebbero uniti all'esercito siriano come "grandi formazioni militari". Ma la realtà sul terreno è ben diversa. Il Presidente turco Erdogan ha dichiarato a ottobre 2025 che "le Forze Democratiche Siriane devono mantenere la parola e completare la loro integrazione con la Siria", avvertendo che "l'integrità territoriale della Siria non è negoziabile". La Turchia ha iniziato ad addestrare l'esercito siriano, firmando accordi di difesa nell'agosto 2025, mentre il Partito del Movimento Nazionalista turco ha minacciato azioni militari contro le SDF. I curdi siriani sono comprensibilmente preoccupati dal pensiero del loro futuro incerto, soprattutto perché il loro principale protettore, gli Stati Uniti, sta riducendo la presenza militare nella regione. Le preoccupazioni sono aumentate dopo gli scontri di marzo 2025 nella provincia di Latakia, dove milizie fedeli a Sharaa hanno ucciso oltre 800 persone, per lo più alauiti.
I campi della vergogna: Al-Hol e Al-Roj
Ma è nel nord-est della Siria che si nasconde forse la bomba a orologeria più pericolosa per la sicurezza globale. I campi di Al-Hol e Al-Roj, amministrati dalle autorità autonome curde, ospitano circa 42.500 persone, principalmente mogli, parenti adulte di sesso femminile e figli di sospetti militanti ISIS: siriani, iracheni ed anche cittadini di Paesi terzi ed europei, con circa 24.400 residenti sotto i 18 anni.
Questi campi sono "bombe a orologeria", con oltre 10.000 combattenti ISIS detenuti in una rete di 28 strutture gestite dalle SDF, insieme a quasi 60.000 loro familiari. Le condizioni sono disumane. La Croce Rossa ha descritto le condizioni ad Al-Hol come "esistenziali", con fogne a cielo aperto, alloggi inadeguati, accesso limitato ai beni di prima necessità, violenza di routine e abusi sessuali. Il blocco degli aiuti statunitensi nel gennaio 2025 ha creato il caos: Blumont, l'organizzazione responsabile della gestione dei campi, ha ricevuto un ordine di sospensione delle attività e ha ritirato tutto il personale, compresi i guardiani responsabili della sicurezza. Progetti di assistenza per le persone che lasciano Al-Hol sono stati interrotti, e alcuni intervistati da Amnesty International hanno espresso preoccupazione significativa che l'ISIS possa reclutare all'interno dei campi.
Il costo per l'Unione Europea è astronomico: circa 2 milioni di dollari al mese solo per Al-Hol, un campo che si estende su 3 milioni di metri quadrati. E mentre il mondo dibatte su cosa fare di quelle decine di migliaia di persone, l'Iraq ha dimostrato che la soluzione è possibile: nel 2025 ha rimpatriato l'80% della popolazione irachena totale all'interno di Al-Hol e Al-Roj. Ma la maggior parte dei Paesi occidentali esita.
Il ritorno dell'ISIS: minaccia reale o propaganda?
In questo vuoto di potere e di risorse, l'ISIS si sta riorganizzando? Dal rovesciamento di Assad, l'ISIS ha condotto una campagna terroristica in tutta la Siria, prendendo di mira il nuovo governo siriano, così come le minoranze cristiane, sciite e curde. L'anno scorso, l'ISIS si è assunto la responsabilità di 294 attacchi in Siria, rispetto ai 121 del 2023. Tuttavia, la caduta di Assad ha paradossalmente indebolito l'ISIS: nel 2024, il gruppo conduceva una media di 59 attacchi al mese in Siria, ma dalla partenza di Assad l'8 dicembre 2024, il ritmo operativo è crollato dell'80%, a soli 12 attacchi al mese in media. Ancora più significativamente, la letalità degli attacchi dell'ISIS è crollata del 97%. L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha registrato 192 attacchi di cellule dormienti ISIS nelle aree controllate dall'amministrazione autonoma del nord e dell'est della Siria dall'inizio del 2025, causando 91 morti. Ma gli esperti concordano: senza una presenza americana continua in Siria oltre il 2026, la manodopera combinata dell'esercito siriano e delle SDF sarà probabilmente insufficiente a prevenire una rinascita dell'ISIS.
La Turchia e i tre milioni di rifugiati siriani
Mentre la Siria cerca una nuova stabilità, la Turchia si ritrova con il peso di una delle più grandi popolazioni di rifugiati al mondo. La Turchia ospita quasi 3 milioni di rifugiati siriani e circa 230.000 richiedenti asilo di diverse nazionalità, tutti che affrontano circostanze difficili e spesso precarie. Dopo la caduta del regime di Assad, centinaia di migliaia di rifugiati siriani han fatto rientro in patria. Ma dopo un primo momento di entusiasmo, il ritmo dei rimpatri ha rallentato la sua corsa. Il governo turco ha permesso a un adulto di ogni famiglia siriana di entrare e uscire dalla Turchia fino a tre volte entro un periodo di sei mesi per valutare le condizioni in patria.
Israele e le alture del Golan: l'occupazione si espande
Nel sud, un'altra crisi si aggiunge alla complessità siriana. Dopo la caduta del regime di Assad, lo Stato occupante di Israele ha ampliato la sua presenza militare inviando truppe a occupare ulteriori territori nel sud-ovest della Siria oltre alle Alture del Golan già occupate dal 1967, conducendo regolari campagne di bombardamento. A febbraio 2025, l'IDF ha confermato di aver costruito almeno nove postazioni militari in Siria, comprese due sul Monte Hermon e sette nella zona cuscinetto. A giugno 2025, Israele ha lanciato attacchi aerei in tutta la Siria meridionale dopo che due proiettili sono stati lanciati dal territorio siriano, con il ministro della Difesa israeliano Katz che ha dichiarato di considerare Sharaa "direttamente responsabile per ogni minaccia". A luglio, durante gli scontri settari nel sud della Siria tra la minoranza drusa e tribù beduine, Israele è intervenuto militarmente, lanciando attacchi aerei a Suwayda e Damasco.
Dalla guerra dei Sei Giorni nel 1967, Israele ha occupato la maggior parte della regione delle alture del Golan della Siria. Nel 1981, Israele ha annesso la regione, una mossa condannata dalle Nazioni Unite e non riconosciuta da nessun paese tranne gli Stati Uniti. Ora quella linea si sta spostando ancora più a nord, mentre alla fine di giugno 2025, Israele e Siria sono impegnati in "colloqui avanzati" mediati dagli Stati Uniti volti a cessare le ostilità e normalizzare le relazioni.
Raqqa: dalla capitale del terrore a simbolo di speranza?
È forse a Raqqa, l'ex capitale dello Stato Islamico, che si può misurare davvero quanto è cambiata la Siria, e quanto ancora dovrebbe cambiare. Pochi giorni dopo la caduta di Damasco nel dicembre 2024, in centinaia si sono radunati nella tristemente famosa piazza Al-Naim, per celebrare la fine del duro regime di Assad, cantando canzoni rivoluzionarie per la prima volta in oltre un decennio. Ma la manifestazione si è trasformata rapidamente in violenza, con scontri tra manifestanti e forze di sicurezza affiliate alle SDF. La piazza Al-Naim, la "rotonda del Paradiso", era tutt'altro che paradisiaca quando ISIS regnava su Raqqa tra il 2014 e il 2017. Gli estremisti vi effettuavano flagellazioni, crocifissioni e persino decapitazioni. Oggi, colonne ad arco sono state costruite attorno a una nuova fontana centrale, sostituendo la recinzione metallica sui cui spuntoni un boia dell'ISIS una volta impalava le teste appena mozzate.
Ma sotto la superficie di normalità, persistono enormi sfide. Molti residenti di Raqqa stanno cercando di vendere le loro proprietà per risparmiare per il viaggio in Turchia di sola andata. Mahmoud Dander, 75 anni, ha raccontato a giornalisti dell'Associated Press (AP) e di PBS News: "Abbiamo perso tutto, proprio come la nostra valuta". La povertà e l'insicurezza spingono ancora molti a lasciare quella che una volta era una vivace capitale regionale di oltre 300.000 abitanti.
La Siria è davvero il nuovo punto di equilibrio?
La Siria del 2025 è un paese frammentato tra potenze regionali e non solo: la Turchia che addestra il nuovo esercito, Israele che bombarda ed espande la sua presenza nelle alture del Golan, gli Stati Uniti che riducono le truppe ma mantengono una presenza minima, la Russia che conserva le sue basi militari, e un nuovo governo guidato da un ex jihadista che cerca disperatamente legittimità internazionale.
Nel mezzo, ci sono i curdi che temono per la loro autonomia, tre milioni di rifugiati in Turchia che esitano a tornare, decine di migliaia di persone nei campi di Al-Hol e Al-Roj che il mondo vorrebbe disperatamente dimenticare, e un'ISIS che, sebbene indebolito, attende pazientemente nelle ombre per sfruttare ogni vuoto di potere.
Da Piazza Al-Naim a Damasco, dalla zona cuscinetto del Golan ai campi del nord-est, la Siria rappresenta tutte le contraddizioni e i dilemmi del Medio Oriente contemporaneo. È un Paese che ha scambiato un dittatore per un ex terrorista in giacca e cravatta, dove le fosse comuni di ISIS vengono ancora scoperte mentre le famiglie picnic nelle stesse piazze dove una volta pendevano teste mozzate.
La domanda non è se la Siria sia il nuovo delicato punto di equilibrio del Medio Oriente, dato che lo è già. La vera domanda è per quanto tempo questo equilibrio fragile potrà reggere prima che una delle tante bombe a orologeria — i campi, l'ISIS, le tensioni etniche, le ambizioni turche, l'espansionismo israeliano — esploda di nuovo, riportando la regione nel caos.
Dieci anni dopo le teste mozzate di Raqqa, la Siria ha fatto molta strada. Ma il viaggio è tutt'altro che finito.
di Eugenio Cardi