L"asse "Melania-Putin" e il trionfo mediatico di Trump a Gerusalemme e a Sharm: quando il Potere agisce con le immagini
Ormai le tecniche di confezione iconica della propaganda di potere sono raffinate ed efficaci operazioni di magia collettiva
Un film intelligente degli anni sessanta viene rifatto e attualizzato nel 2004: "The Manciurian Candidate", con un cast stellare. Un film che ci mostra come sia possibile manipolare mentalmente i ricordi e la percezione e addirittura costruire come "in laboratorio" dei personaggi politici convincenti che nel reale sono molto differenti da come sembrano. Non è certo questo il caso di Melania, Putin e Trump che sono leader veri, sebbene siano espressione di lobbies e classi dirigenti molto più ampie della loro singola persona, ma questo film che ho rivisto ieri in televisione mi ha fatto riflettere sulla potenza magica della comunicazione politica di massa, mondiale. Vedere che Melania e Putin si parlano e "si scrivono" e questa linea diretta porta al ritorno a casa di bambini ucraini è qualcosa che non lascia indifferenti e funziona molto bene dal punto di vista psico-simbolico e affettivo. La bella favola della bella Melania che scrive allo Zar e lo trova sensibile sul tema dei bambini ucraini non importa se sia una favola o sia la realtà edulcorata per avere un ritorno d'immagine e anche politico (ormai l'immagine e la maschera non sono quasi più distinguibili dal reale) oggi importa solo "se funzioni" (e funziona), come diceva anche il titolo di un film di Woody Allen. La bellezza eleganza di Melania messa vicino allo stile essenziale del Presidente russo si rivela efficace a livello iconico e svolge un ruolo di distensione delle relazioni internazionali e di rasserenamento della percezione del dramma della guerra ucraina. Simile efficacia, aumentata al cubo, la ritroviamo nel trionfo mediatico di Trump a Gerusalemme, nel suo discorso al Parlamento e nell'iconica presenza della sua bella figlia e di suo marito, che ha svolto un ruolo diplomatico importante nel convincere il Governo israeliano a fermarsi e nell'attuare il "piano trump" per una normalizzazione forzata e condivisa della Striscia. Il secondo colpo da maestro di Trump è stato il vertice lampo a Sharm dove era presente anche l'Italia insieme a molte nazioni islamiche come il Pakistan e l'Indonesia ed era stato invitato persino l'Iran, che ha declinato la partecipazione (pur apprezzando di essere stato invitato, ovviamente). Quì siamo in presenza di un capolavoro di comunicazione tanto che possiamo parlare veramente, senza esagerare, di "magia mediatica" nel senso che l'abilità di comunicazione diventa sostanza, struttura, cambio radicale di percezione. Se guardiamo la forza comunicativa di Trump al parlamento israeliano e poi osserviamo il Presidente israeliano ecco apparire quest'ultimo improvvisamente invecchiato, dimagrito, superato, obsoleto. In poche ore Trump ha completamente ribaltato la percezione della situazione imponendo simbolicamente quanto operativamente un'inversione totale: ritiro delle forze armate occupanti, ritorno dei palestinesi sfollati a Gaza, intervento militare diretto americano, ampio coinvolgimento internazionale per gestire la Striscia. Tutto il resto è passato, è ieri, è invecchiato. L'"oggi" lo ha deciso Trump, coinvolgendo tutti come di fronte al fatto compiuto. Semplice ma abile la tecnica retorica: fingere che il problema fosse il ritorno degli ultimi venti ostaggi e non l'assetto di forze in medio-oriente. Tornati gli ultimi ostaggi l'esercito israeliano deve ritirarsi. Come Trump ha salvato la faccia ad Israele con i finti bombardamenti preannunciati reciproci con l'Iran (geniale) così ora ha salvato e ricompattato Israele dal rischio di una divisione polarizzante interna devastante scalzando il peso politico di Hamas (che era cresciuto) e riportando gli Usa al centro del medio-oriente da cui la loro influenza stava declinando. Nel caso della chiusura della crisi con l'Iran l'abilità mediatica decisionistica trumpiana ha fatto dimenticare il fatto essenziale che emerse (l'iron dome è vincibile, Israele non è più al sicuro) quanto oggi l'interventismo cooperativo di Donald ci regala un'America nuova che non bombarda ma fa firmare accordi di pace (sviluppando gli "Accordi di Abramo" del primo Trump) e riesce (l'unica) a fermare l'esercito israeliano, per la prima volta nella storia. Quì l'elemento dimenticato, e rimosso, sono le responsabilità del Governo israeliano stesso e la sorte dei Palestinesi come popolo; l'unico popolo che ha uno Stato (riconosciuto internazionalmente) ma non ha un territorio. Ma il territorio è uno dei componenti giuridici e istituzionali essenziali perchè si possa parlare dell'esistenza di uno "Stato". Hamas da eroi (dal punto di vista delle masse arabe) sono a loro volta ribaltati dalla magia mediatica di Trump nell'ostacolo principale affinchè i Palestinesi siano un Stato: la loro forte divisione interna. La guerra di invasione israeliana ha portato alla radicalizzazione di Hamas e al suo rafforzamento politico: cioè sembra essere stata fatta apposta per creare ostacoli che rendano impossibile costituire uno "Stato Palestinese". Missione compiuta...Due operazioni psico-mediatiche quindi che realizzano un effetto importante: s-drammatizzare le guerre in corso, creare distanza tra esse e i loro principali attori, normalizzare la percezione, allentare le tensioni polarizzanti all'interno dell'Occidente, distrarre i competitors.