"Se il mondo diventa una giungla": i conflitti a Gaza e in Ucraina calpestano il diritto internazionale e il più forte decide quando e dove vale
Rimane il dato di fatto attuale, che vede il più forte arrogarsi il potere di definire, di volta in volta, dove e quando vale o decade il Diritto Internazionale. Proprio come accade nella giungla
Se si parla di “legge della giungla”, un po' tutti l'associano ad una concezione della vita e dei sistemi in cui prevale chi detiene la forza maggiore che, talvolta anche in forma violenta e con spietatezza, esprime per vincere la lotta per il predominio, spesso ignorando o addirittura sopraffacendo sia il diritto delle regole che i principi etici e morali.
Un quadro desolante, che se connesso alla storia umana, nell'immaginario collettivo porta indietro nel tempo, ai periodi in cui i vari imperi dell'antichità dominavano il mondo imponendosi con la brutalità della violenza, ma anche all'infinita serie di guerre nel secondo millennio, che hanno sistematicamente costellato la vita dell'uomo, che ha sempre dato la sensazione di non riuscire ad affrancarsi dallo scontro. Il fondo sembrava toccato con le due Guerre Mondiali che, nell'arco di 30 anni, hanno causato rispettivamente 16 milioni di morti e più di 50 milioni la Seconda, che è assurta al triste primato di conflitto più letale della storia dell'umanità.
Un'assurdità incredibile che però sembrò riuscire ad impattare il gene violento della natura umana che, per la prima volta, apparve uscire profondamente esausta e provata da una mattanza che aveva versato sangue in ogni luogo conosciuto del mondo.
E così la civiltà umana sembrò essersi convinta a cercare una via che potesse almeno porre un freno, perlomeno al confronto tra le maggiori e più potenti Nazioni della Terra e pensò di averla trovata sottoscrivendo, nel 1948 a San Francisco, la Carta delle Nazioni Unite, il cui preambolo recita solennemente “Noi Popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra (..) a riaffermare la fede nei Diritti fondamentali dell'uomo (..) nella eguaglianza degli uomini e delle donne e delle Nazioni grandi e piccole”. In pratica, l'Umanità decise di provare a difendere se stessa proteggendosi da se stessa. Un impegno assunto attraverso un'Organizzazione a cui ormai aderiscono 193 Paesi membri (sui 195 riconosciuti) e 2 Osservatori, lo Stato del Vaticano e, ironia della sorte, la Palestina.
Indubbiamente, nonostante questi altissimi propositi, era facilmente prevedibile che un Organismo così grande e complesso, con le sue sorti saldamente nelle mani di un Consiglio di Sicurezza blindato dalle 5 Nazioni vincitrici delle 2^ Guerra Mondiale (Membri permanenti con diritto di veto), avrebbe incontrato quelle notevoli difficoltà che effettivamente sta vivendo, a perseguire i fini che si pone. Tuttavia, nonostante queste sue vulnerabilità, che spesso la rendono un motore in folle, l'ONU rimane comunque l'Organizzazione più importante al mondo, perché sopperisce alla sua oggettiva carenza di potere, rispetto ad altri organi internazionali, con la sua universalità, perché è l'unico contesto in cui tutto il mondo è rappresentato, si incontra e comunque affronta qualsiasi tipologia di problema.
Se in termini operativi, nella soluzione delle crisi, le Nazioni Unite non sempre hanno conseguito risultati tangibili e risolutivi, tuttavia bisogna riconoscere che hanno svolto egregiamente il ruolo di consesso globale in cui proporre, discutere ed approvare gran parte delle norme che regolamentano la convivenza mondiale, nei più disparati settori. E dove non lo hanno fatto direttamente, lo hanno sempre patrocinato, In pratica, l'ONU è da considerarsi come la fucina del Diritto Internazionale, in quanto è attore principale nella sua codificazione, nel suo sviluppo e aggiornamento, avvalendosi dei suoi organi più importanti, quali la Commissione del Diritto Internazionale, l'Assemblea Generale e la Corte Internazionale di Giustizia. Presso le Nazioni Unite sono depositati oltre 550 Trattati Internazionali, il 78% degli accordi di natura universale degli ultimi 60 anni.
Qualora funzionasse bene, a pieno regime e, soprattutto, con il rispetto di tutti i 193 Paesi Membri, l'ONU potrebbe veramente essere il nume tutelare universale della pace nel mondo, l'Organo sommo a cui rivolgersi per la risoluzione di ogni controversia e il custode supremo dei diritti di ogni uomo e di tutte le Nazioni. Purtroppo, questo quadro ideale di giustizia ed equità non appartiene alla nostra realtà internazionale, perché le Nazioni Unite palesemente annaspano in una situazione sempre più turbolenta ed iniqua, la cui responsabilità, soltanto apparentemente, può essere attribuita solo alle nefandezze dei soliti noti, definiti da Washington come Stati canaglia (in questo momento sono Iran, Corea del Nord, Cuba, Venezuela, Nicaragua e Afghanistan). Infatti, l'attuale situazione è indubbiamente imputabile anche ad un crescente menefreghismo verso il Diritto Internazionale, soprattutto da parte delle maggiori Nazioni del Mondo, comprese quelle che pretendono di ergersi quali esempi di civiltà, libertà e democrazia (USA in testa).
Questo teorema perverso lo dimostra efficacemente anche la stessa la lista di proscrizione dei citati Stati canaglia, che è un “affaire” tutto americano, perché definita non nell'alveo del Diritto Internazionale, ma sulla base di criteri sanciti unilateralmente a Washington, che possono anche essere concettualmente condivisibili, ma che non sono passati al vaglio di un trattato o magari dei 193 Membri dell'ONU.
E in nome di questa lista, il Governo USA, spesso spalleggiato dai suoi accoliti del momento, giustifica le proprie iniziative di politica estera e, ancor di più, quelle militari, basandosi spesso solo su supposizioni o valutazioni strategiche di comodo, non sufficientemente supportate da prove o da mandati dell'ONU.
I 78 giorni di bombardamento di Belgrado e della Serbia del 1999 da parte della NATO, ufficialmente si appoggiarono alla Risoluzione ONU per il cessate il fuoco in Kosovo. Peccato però che il Consiglio di Sicurezza non aveva autorizzato l'uso della forza, per cui le 2300 missioni aeree, che causarono più di 2.500 morti (soprattutto civili) furono condotte per decisione unilaterale dell'Alleanza Atlantica (che è commissariata dagli USA).
Analoga storia nel 2003, allorché a fronte di una generica Risoluzione ONU per la stabilizzazione dell'Iraq, con il pretesto di neutralizzare le armi di distruzione di massa, che Americani ed Inglesi spergiuravano essere in mano a Saddam, una Coalizione Internazionale a guida USA invase lo Stato iracheno, provocando un milione di morti tra la popolazione, ma senza trovare neanche l'ombra delle terribili armi.
Nel 2011, nell'ambito della Guerra civile libica, per proteggere la popolazione civile l'ONU emise una Risoluzione per istituire una zona di divieto di sorvolo sulla Libia. Un atto che, al massimo, avrebbe potuto comportare l'abbattimento dei caccia di Gheddafi. Invece, alcune Nazioni occidentali, tra cui USA, Francia, Gran Bretagna e Italia, decisero che l'ora del leader libico era scoccata, per cui attaccarono le sue Forze. L'intervento portò alla morte di Gheddafi e ad una situazione di caos in Libia, che tuttora persiste.
E veniamo ai nostri giorni, con la Russia che ha aggredito l'Ucraina ed Israele che sta distruggendo Gaza. Due conflitti che, oltre a provocare decine di migliaia di morti civili, calpestano ogni forma di quel Diritto Internazionale che, peraltro, non viene tutelato nemmeno dalla stessa Comunità internazionale, perché tutti i suoi attori principali, dotati di potere e forza per imporre soluzioni giuste ed eque, in realtà perseguono con ogni mezzo interessi di parte, per cui diventano, indirettamente ma fattivamente, complici del fallimento del Diritto.
E a quel Ministro degli Esteri, di una delle Nazioni più in vista al mondo, che dichiara “il Diritto Internazionale vale, ma fino a un certo punto”, deve essere chiesto chi, con quale autorità e sulla base di cosa decide quale sia questo punto. Ma siccome non sarà in grado di rispondere in maniera legittima, rimane il dato di fatto attuale, che vede il più forte arrogarsi il potere di definire, di volta in volta, dove e quando vale o decade il Diritto Internazionale. Proprio come accade nella giungla.
Generale di Corpo d'Armata degli Alpini
Marcello Bellacicco