Gotland, la portaerei del Baltico: ecco come l’isola svedese è diventata il fulcro operativo della NATO nel Nord Europa
Chi oggi osa testare la prontezza dell’alleanza nel Baltico, trova a Gotland la risposta più chiara: il tempo della neutralità è finito. Ora, il mare ha occhi, orecchie e missili. E non è più un vuoto
L’isola svedese di Gotland si trasforma da simbolo della neutralità post-Guerra Fredda a cuore pulsante della strategia NATO nel Baltico. Con l’operazione “Gotland Sentry” e l’integrazione della Svezia nell’Alleanza Atlantica, il presidio sull’isola non è più una scelta nazionale ma un meccanismo multinazionale per dissuadere la Russia e proteggere i corridoi vitali verso gli Stati baltici. Un cambio di paradigma che ridefinisce la deterrenza nella regione.
Gotland: da “vuoto operativo” a cerniera strategica dell’Alleanza Atlantica
Nel cuore del Mar Baltico, Gotland non è semplicemente un’isola. È una chiave geostrategica. Situata là dove il Baltico si restringe, incanalando rotte marittime e aeree obbligate, questa lingua di terra lunga 170 chilometri è oggi il punto di snodo attorno al quale ruota la nuova postura militare della NATO nel Nord Europa. Se un tempo Gotland rappresentava l’estensione silenziosa della neutralità svedese, oggi è la sentinella avanzata dell’Alleanza Atlantica in un’area sempre più instabile. L’esercitazione “Gotland Sentry”, condotta in questi giorni congiuntamente da Svezia e Polonia, non è un’esibizione di muscoli, ma una prova di realtà: quanto velocemente si possa rendere operativa l’isola in caso di emergenza. L’operazione prevede il dispiegamento in tempi strettissimi di forze paracadutiste, unità missilistiche costiere e batterie antiaeree, trasformando Gotland in una piattaforma armata capace di monitorare, controllare e — se necessario — negare l’accesso a forze ostili in tutta l’area baltica. «È come una gigantesca portaerei nel mezzo del Baltico», ha spiegato il Quartiermastro Oscar Hannus della Marina svedese. Ed è proprio questa “portaerei stazionaria” a ribaltare il paradigma: Gotland non è più solo da difendere, ma da usare come proiezione di forza, come nodo di deterrenza proattiva, come meccanismo per “accorciare i tempi” tra minaccia e risposta.
Una neutralità archiviata: la svolta post-Crimea
La svolta decisiva arriva nel 2014. L’annessione russa della Crimea segna, anche per Stoccolma, la fine del “dividendo della pace”. La Svezia, che aveva smantellato buona parte della sua presenza militare sull’isola durante gli anni ’90, si rende conto che Gotland non può restare un vuoto strategico. Nel 2018 viene riattivato formalmente il Reggimento di Gotland (P18), e con esso una nuova filosofia: difesa distribuita, mobilità, sensori, logistica preposizionata. La logica è chiara: un’isola senza presidi è un invito alla destabilizzazione. Un’isola armata in modo flessibile, con comando rapido e capacità di risposta immediata, diventa deterrente. Da quel momento, il processo di rimilitarizzazione è stato progressivo, ma deciso: radar, batterie antinave mobili RBS-15, difesa aerea stratificata, protocolli civili-militari per la protezione delle infrastrutture critiche (porti, ferry, cavi sottomarini). L’obiettivo? Rendere Gotland non solo difendibile, ma in grado di proteggere i ponti aerei e marittimi che collegano la Scandinavia agli Stati baltici — Lituania, Lettonia, Estonia.
L’ingresso nella NATO: da difesa svedese a responsabilità alleata
L’adesione della Svezia alla NATO nel marzo 2024 ha trasformato Gotland da “problema svedese” a “compito condiviso”. Questo cambio di scala, apparentemente tecnico, ha un impatto pratico enorme: la pianificazione integrata tra Svezia e Polonia ha dato vita a un dispositivo “plug-and-play”, capace di attivarsi in ore, non in settimane. Il ridispiegamento rapido testato durante “Gotland Sentry” è la prova tangibile di una nuova dottrina. Ogni elemento viene stressato: autorizzazioni, trasporti, catene logistiche, sincronizzazione tra sensori e fuochi, protezione elettronica. Ogni errore scoperto in tempo di pace vale un giorno guadagnato in caso di crisi. Varsavia, da parte sua, non è un alleato secondario. La Polonia — tradizionalmente concentrata sulla “Suwalki Gap” come punto debole del fronte est — oggi proietta forze nel dominio marittimo del Baltico. È un segnale chiaro: la difesa degli Stati baltici non dipende più solo dal varco terrestre tra Polonia e Lituania, ma anche dalla capacità di flessibilità operativa offerta da Gotland. «Quando si posiziona un’unità missilistica su Gotland... si può controllare praticamente tutto il Mar Baltico», ha affermato il Vice Ammiraglio Krzysztof Jaworski della Marina polacca.
La deterrenza oggi: risposta immediata, anche sotto soglia
Il conflitto in Ucraina ha ridefinito il modo di pensare la guerra e la deterrenza. Non si tratta più solo di prevenire un’invasione su vasta scala, ma di scoraggiare incursioni ibride, sabotaggi sottomarini, interferenze nei sistemi GPS o attacchi informatici. In questo contesto, la prontezza è la vera deterrenza. Gotland — se adeguatamente armata, cablata e sorvegliata — può rendere l’intera area troppo “costosa” da aggredire. E proprio per questo l’operazione Gotland Sentry non si limita a testare la prontezza militare, ma anche quella civile: traghetti Ro-Ro disponibili? Slot aeroportuali pronti? Stazioni radar civili integrate? Procedure per proteggere ferry e petroliere? Il confine tra sicurezza economica e sicurezza militare, nel Baltico, si fa sempre più sottile.
Gotland come hub operativo: il futuro della sicurezza nel Nord Europa
L’isola non è più una roccaforte passiva, ma un sistema vivo. Un hub da cui partire per garantire la libertà di navigazione, la sicurezza dei rifornimenti, la resilienza del fronte nord-orientale della NATO. In un’epoca in cui i tempi di reazione sono tutto, la possibilità di “accendere” Gotland come un interruttore, con forze già integrate e protocolli collaudati, diventa un vantaggio asimmetrico. Se prima si temeva che la Russia potesse chiudere il Baltico da Kaliningrad, oggi Gotland — con la sua rete di sensori, missili, radar e interoperabilità — risponde con una contro-architettura: non simmetrica, ma elastica, proattiva, multilivello. E mentre i missili RBS-15 puntano verso est, Gotland non guarda solo al presente. È una piattaforma per il futuro: esercitazioni, interoperabilità, raccolta dati, ottimizzazione logistica. Ogni ciclo operativo migliora il successivo, e ogni iterazione rende più concreta la deterrenza. La trasformazione è avvenuta. Silenziosa, graduale, ma irreversibile. Gotland non è più solo una parte della Svezia: è un nodo dell’architettura strategica euro-atlantica. Un acceleratore operativo, un moltiplicatore di potenza, una piattaforma per la sicurezza collettiva. Chi oggi osa testare la prontezza dell’alleanza nel Baltico, trova a Gotland la risposta più chiara: il tempo della neutralità è finito. Ora, il mare ha occhi, orecchie e missili. E non è più un vuoto.
Di Riccardo Renzi