Fine della Global Sumud Flotilla: dopo l'abbordaggio niente sangue, niente gloria, solo selfie nel naufragio del dissenso
Addio alla Global Sumud Flotilla: un’epopea tra social, fregate e Greta. E noi a pagare lo spettacolo
Eccoci, naufraghi di senso, aggrappati a una nuova speranza di caos: la Global Sumud Flotilla. Sembrava l’inizio di un romanzo di Conrad scritto sotto acidi, con Greta Thunberg al timone e l’IDF come boss finale. E invece è finita come una scorreggia in un campo di margherite: silenziosa, triste e quasi poetica, se non fosse per il retrogusto di niente.
Ore 19:30 circa, orario italiano — i nostri gloriosi naviganti postavano selfie e addii su Instagram, mentre la Marina israeliana li prendeva in consegna con la delicatezza di chi sa che ogni tocco è una potenziale breaking news. Nessun drone kamikaze, nessun elicottero impazzito, nessun ferito. Neanche un graffio alla santa Greta.
Roba da mordersi le mani. Un po’ di sangue sul ponte, una telecamera traballante, uno sguardo tragico in diretta streaming… e invece nulla. Solo l’ennesimo carosello postmoderno in cui l’indignazione è in HD ma la realtà è una sitcom. Il tutto, ovviamente, a nostre spese.
Parliamone: 250.000 euro al giorno per la fregata “Alpino”. Mica pizza e fichi. Più i viaggi di rientro, più gli extra, più Vespa che si è fatto una settimana di orgasmi giornalistici in prima serata. Se almeno uno fosse annegato, avremmo avuto lo special di Capodanno su Rai 1. Invece ci tocca fare i conti con l’amara verità: questa Flotilla ha fatto più rumore su TikTok che in mare aperto.
Ma attenzione, la tempesta perfetta non è finita. Ora tocca alle piazze. Manifestazioni, bandiere, cori, scontri forse. Tutti belli sudati e pieni di significato, con la polizia a sborsare manganelli e overtime. Il vero prezzo lo pagheremo lì, tra i sanpietrini e le urla.
Eppure, che spettacolo. In un’Italia satura di tutto e interessata a niente, la Flotilla ci ha regalato un piccolo ritorno al dibattito. Quello vero. Quello tossico. Quello da bar e talk show. Come ai tempi d’oro dei guelfi e dei ghibellini, degli etero contro i gay, degli “utero mio, regole mie” contro i rosari nei cessi.
Grazie, Flotilla. Ci avete riportato un briciolo di schizofrenia politica, ci avete fatto ricordare che l’Italia, in fondo, sa ancora discutere di tutto — anche se non capisce niente.
Di Aldo Luigi Mancusi