Taiwan, Trump minaccia: "50% produzione chip passi agli Usa, sennò stop protezione contro Cina", parlamentare Yu-chen: "È sabotaggio, non cooperazione"

L'amministrazione Usa ha chiesto a Taipei che il 50% della produzione dei semiconduttori passi in territorio statunitense, preoccupata della dipendenza dai chip taiwanesi. In cambio, la protezione contro la Cina

L'amministrazione del Presidente Usa Trump sta facendo pressione affinché Taiwan accetti la proposta di trasferire metà della sua capacità produttiva di chip in territorio statunitense. La proposta di delocalizzare il 50% della produzione taiwanese di chip è però profondamente osteggiata da Taipei che, se accettasse, non solo si troverebbe a "svendere la nazione" come ha comunicato Hsu Yu-chen, parlamentare di opposizione. Ma verrebbe deteriorandosi, secondo le prospettive del Paese asiatico, quello che è da molti considerato il deterrente ad un eventuale attacco cinese, ossia il cosiddetto "scudo di silicio".

Taiwan, Trump minaccia: "50% produzione chip passi agli Usa, sennò stop protezione contro Cina", parlamentare Yu-chen: "È sabotaggio, non cooperazione"

La proposta di Washington si inserisce all'interno del più ampio progetto trumpiano di autosufficienza statunitense in ambito economico, commerciale e manifatturiero. Cresce dunque la preoccupazione per la forte dipendenza che gli Usa hanno nei confronti di Taiwan, che si conferma essere il paese leader in produzione ed esportazione di chip. In particolare, il colosso TSMC è quello che rifornisce la grande maggioranza dei semiconduttori più avanzati a clienti importanti come Nvidia e l'americana Apple. Una produzione massiccia, che per Taiwan rappresenta un punto di forza: uno "scudo di silicio" che dovrebbe scoraggiare il più possibile la minaccia dell'invasione cinese e anzi alimentare il sostegno internazionale in fatto di sicurezza. Ma per gli Usa la strategia dei chip quale "moneta di scambio" non vale più: "Noi vi proteggiamo, e per proteggervi, dovete aiutarci a raggiungere una ragionevole sufficienza" hanno dichiarato il tycoon e il segretario al Commercio Howard Lutnick in un'intervista nello scorso fine settimana. Taipei tentenna: "Non accetteremo" di produrre il 50% dei semiconduttori negli Usa, è la ferma risposta del vice premier Cheng Li-chiun. "Il nostro team negoziale non si è mai impegnato a dividere i chip al 50% quindi il pubblico può stare tranquillo" ha rassicurato Li-chiun, dichiarando che l'idea statunitense di aumentare la quota di mercato dei chip made in Usa "al 40% e forse al 50%non era inclusa nell'ultimo round di colloqui bilaterali.

Sul caso è intervenuta anche l'opposizione: "Questa non è cooperazione, ma un vero e proprio saccheggio" ha affermato il parlamentare Hsu Yu-chen facendo pressing al governo affinché respinga la richiesta di Trump. "Taiwan ha bisogno di alleati, ma non di alleati che si preoccupano solo della propria sicurezza ignorando la sua sicurezza". Se da un lato dunque gli Usa rivendicano il diritto di una loro autosufficienza in cambio di protezione, dall'altro Taiwan vede nelle proposte del tycoon una strategia di pressione politica atta a privare l'isola del suo primato, nonché della competitività di base.