Difesa e spazio, l’Europa al bivio del riarmo: tra sovranità industriale, finanza strategica e sfida dell’autonomia tecnologica
Difesa e spazio non sono più settori riservati agli addetti ai lavori, ma il cuore pulsante di una nuova architettura geopolitica ed economica. La partita si gioca oggi, e non concede rinvii. Senza una visione comune, strumenti di investimento adeguati e una cabina di regia europea forte, l’Europa rischia di restare spettatrice nel grande gioco delle potenze globali
Nel primo semestre del 2025, il settore aerospaziale e della difesa europeo ha registrato un record storico: 1,5 miliardi di euro investiti in startup e scaleup da fondi di venture capital. Un dato che supera già il totale dell’intero 2024 e segna un punto di svolta nel panorama geopolitico, industriale e finanziario del Vecchio Continente. Ma non si tratta solo di cifre: è il segnale di una trasformazione strutturale in atto. La tecnologia, da sempre motore di sviluppo, sta assumendo oggi un ruolo più complesso e strategico. Non è più solo una leva industriale o competitiva, ma un asse portante della nuova autonomia europea. La sicurezza non è più un costo da giustificare nei bilanci, ma una componente di crescita e resilienza sistemica. Difesa e spazio sono diventati i laboratori della futura Europa: luoghi in cui si incrociano sovranità, innovazione, sostenibilità e finanza.
Il programma "ReArm" e la nuova corsa europea
Il cambio di passo è evidente. Con il piano "ReArm Europe", annunciato dalla Commissione europea nel marzo scorso, Bruxelles punta a mobilitare fino a 800 miliardi di euro entro il 2030 per costruire una difesa comune meno dipendente dagli Stati Uniti. La Germania guida questa corsa, con un +23% della spesa militare nel 2024, seguita da Polonia e Francia. Questa riorganizzazione non avviene nel vuoto. Il contesto internazionale, dalle incertezze Nato al conflitto russo-ucraino, sta forzando l’Europa a prendersi maggiori responsabilità in materia di sicurezza. Il vecchio modello, incentrato sull’ombrello americano, mostra la corda. Il nuovo obiettivo – definito nel vertice Nato dell’Aja a giugno – è chiaro: il 5% del PIL europeo per la difesa, di cui il 3,5% in spesa diretta e l’1,5% in infrastrutture critiche e innovazione.
Il ruolo chiave del capitale privato
In questo scenario, il ruolo del capitale privato diventa centrale. Il boom del venture capital nel settore A&D è solo la punta dell’iceberg: il private equity sta crescendo, i fondi infrastrutturali guardano con interesse al comparto e i capitali istituzionali iniziano a inserirlo nei loro portafogli ESG, purché le operazioni rispondano a criteri di sostenibilità e trasparenza. Startup come Helsing e Quantum Systems stanno ricevendo finanziamenti record, spinti dalla domanda crescente di tecnologie dual-use: droni, intelligenza artificiale, sistemi autonomi, software per la cybersecurity. La Germania, e più in generale l’area DACH, si conferma locomotiva continentale. Ma segnali importanti arrivano anche dall’Est Europa, sempre più centrale nello scacchiere industriale e strategico.
Un cantiere tecnologico, non solo militare
L’evoluzione in atto non si limita all’ambito militare. Parliamo di un gigantesco cantiere tecnologico che tocca settori civili vitali: comunicazioni satellitari, osservazione terrestre, intelligenza artificiale, manifattura avanzata. Il concetto di “tecnologia duale” assume qui una concretezza mai vista prima. Queste infrastrutture non servono solo alla difesa. Servono alla logistica, all’agricoltura di precisione, alla gestione del traffico aereo, alla risposta ai disastri naturali. Sono piattaforme abilitanti per una nuova economia. Ignorarlo significherebbe limitarsi a rincorrere le emergenze, anziché costruire un modello di crescita sostenibile.
Coordinamento e regia: la sfida politica
Eppure, tutto questo potenziale rischia di restare inespresso se non si affronta il nodo centrale: la mancanza di una regia. Gli strumenti finanziari, da soli, non bastano. Servono strategie coordinate, ecosistemi regolatori efficienti, visioni condivise tra Stati membri. La frammentazione attuale della spesa e dei progetti, con appena il 18% delle acquisizioni militari effettuate in modo congiunto, è una zavorra insostenibile. L’obiettivo del 35% entro il 2030 è ambizioso, ma necessario. Per raggiungerlo bisogna superare la logica dei campanili nazionali e puntare a una vera Unione della Difesa. Questo richiede competenze interdisciplinari – giuristi, ingegneri, analisti, esperti di finanza e regolazione – ma soprattutto governance.
L’Italia: frammentazione o opportunità?
Il nostro Paese non parte da zero. Il tessuto industriale italiano nel settore A&D è altamente specializzato, con molte PMI innovative. Ma la frammentazione è evidente: su 96 aziende analizzate da Bain & Company, solo 22 superano i 20 milioni di euro di EBITDA. Questo può essere un limite, ma anche un’opportunità. Con adeguati strumenti di finanziamento – ELTIF, fondi misti pubblico-privati, bond comuni – e una strategia industriale chiara, l’Italia potrebbe giocare un ruolo da protagonista nel rafforzamento della base industriale europea. Occorre però un cambio di passo, anche politico, per colmare il gap di spesa rispetto ad altri Paesi.
Una nuova architettura strategica
Ciò che emerge è un’Europa chiamata a reinventarsi. Difesa e spazio non sono più settori riservati agli addetti ai lavori, ma il cuore pulsante di una nuova architettura geopolitica ed economica. La partita si gioca oggi, e non concede rinvii. Senza una visione comune, strumenti di investimento adeguati e una cabina di regia europea forte, l’Europa rischia di restare spettatrice nel grande gioco delle potenze globali. Con visione e volontà, invece, può trasformare la necessità di sicurezza in leva di crescita sostenibile. È il momento di decidere: restare nell’ombra delle strategie altrui o costruire una sovranità industriale ed economica capace di garantire sicurezza, innovazione e prosperità per il futuro. Difesa e spazio non sono più solo una questione di sicurezza. Sono la sfida dell’autonomia europea. Ora o mai più.
Di Riccardo Renzi